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Tra Modi e Re Carlo

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L’Europa e il mondo tra guerra d’Ucraìna e multiallineamento

Gli analisti di tutto il mondo continuano a riflettere sugli effetti della guerra in Ucraìna.
Concordano nel valutare che, oltre al popolo invaso, chi è pesantemente danneggiato dall’assurda scelta di Putin sono la Russia e l’Europa. In modo diverso ci hanno guadagnato Stati Uniti e Cina.
Abbiamo elencato più volte i vantaggi economici americani e le perdite europee e non ci torneremo adesso. In quanto alla frenata imposta all’autonomia strategica europea, al rafforzamento della Nato e alla divisione tra europei, è il caso di tornarci su, alla luce delle considerazioni degli analisti atlantisti come di quelli cinesi e anche di alcuni segnali recenti.

Partiamo dagli esiti previsti sugli scenari mondiali
Più o meno tutti danno per scontata la spartizione dell’Ucraìna, non si sa se al di qua del Donbass o praticamente a ridosso dei confini di una Russia in rotta. Se questo cambia moltissimo per la popolazione locale, dal punto di vista degli equilibri politici muta di poco, in quanto l’intesa tra russi ed europei è diventata letteralmente impossibile e la ferita non potrà essere cicatrizzata prima di una generazione almeno.
Se agli americani andrà bene, la tensione creata dai russi permetterà loro la realizzazione di un bipolarismo Est-Ovest, in una sorta di Jalta con i cinesi, osteggiando il più possibile le relazioni europee, e dei popoli asiatici integrati in alleanze con gli Usa, con Pechino.
Se questo sta parzialmente riuscendo loro con gli europei, difficilmente potrà essere imposto a indiani, giapponesi, coreani. E gli stessi cinesi puntano ad una variante di gestione multipolare, a un G3 in cui includere la Ue, fatto che ridurrebbe la portata trionfale americana oltre a frustrare definitivamente il titanismo ebete del Cremlino.
Se l’assetto verticale del caos organizzato mondiale oscilla tra questi due poli c’è però una nuova tendenza sempre più diffusa da parte di tanti players medi e medio-alti: quella del multiallineamento, ovvero della libertà di allinerasi al contempo con questo e con quello.
Una dottrina codificata da Modi per l’India ma di fatto operata sia pure con diversi gradi di libertà da Turchia, Israele, Giappone, Germania, Arabia Saudita e, nel nostro piccolo e pur con i vincoli del trattato di resa, anche da noi.

Solve et coagula, inspira e respira, a ogni azione una reazione
Questo multiallineamento è stato favorito dalla stessa guerra in Ucraìna alla faccia di russi ed americani, anche quando ci hanno parzialmente guadagnato.
Le sanzioni, per esempio, stanno facendo molto male alla Russia ma hanno anche creato impacci notevoli a cui “il mercato” è corso ai ripari.
Così, per esempio, il petrolio russo trova vie di sbocco in India e Turchia e ha individuato un hub a Ceuta (Marocco spagnolo).  Nel sistema di aggiramento delle sanzioni ci sono banche olandesi e giapponesi, assicuratori britannici, vettori greci. Tutti paesi che sostengono militarmente l’Ucraìna.
Non va bene invece al gas russo perché mancano le infrastrutture per spostarlo ad est e costruirle è particolarmente oneroso in tempo, denaro ed energie.
Lo stesso allineamento antirusso ha manifestato interessanti varianti in Europa.
Ne riepilogo tre.
In primis la decisione di acquisto comune di proiettili da parte della Ue scavalca le relazioni dirette tra Usa e i singoli paesi, ed è un primo investimento in direzione di un’emancipazione, cosa che è stata notata con un certo disappunto dagli americani.
In secundis Macron è tornato ad offrire il nucleare francese alla difesa integrata europea fino a proporre l’avvio di un nucleare tedesco.
Infine, sempre Macron, ha consigliato di resistere al varo dello scudo aereo difensivo proposto dagli americani, denominato ESSI, per contrapporvi uno esclusivamente europeo.

Multiallineati
Il multiallineamento è anche commerciale, finanziario, nel mercato di armamenti, eccetera.
La Cina ha portato a casa parecchi successi diplomatici che alcuni spacciano a torto come antioccidentali, non accorgendosi dei saldi legami che ognuno dei soggetti (Brasile, India, Arabia Saudita, Sud Africa e perfino la stessa Russia) ha con gli americani, gli inglesi e gli europei.
Anche sulla “dedollarizzazione” si prendono fischi per fiaschi, non solo perché il rapporto di questo fenomeno con la guerra in Ucraìna è relativo e marginale ma perché l’aggiramento di pagamenti in dollari nelle transazioni dirette non è un attacco reale alla valuta americana, dato che i suoi primi creditori sono proprio i cinesi che non hanno alcuna intenzione di tracollare, ma rappresenta una fase della trasformazione al digitale che rischia di finire coll’avvantaggiare contemporaneamente cinesi ed americani.
Più che rappresentarci questa dinamica come un braccio di ferro antagonista, come una guerra mondiale, dovremmo leggerla nel suo movimento di mutazioni nella direzione del multiallineamento.

Torniamo all’Europa
Favoriti dai russi, gli americani ci stanno aggredendo su tre piani. Su quello economico-energetico, su quello della dipendenza strategica e infine su quello della compattezza.
È palese che abbiano attaccato il polo franco-tedesco, che puntino su di un asse Varsavia-Kiev attorno a cui coagulare tutto l’est europeo, giustamente inorridito, schifato e preoccupato dai russi.
A prescindere dalle ragioni etiche, politiche ed economiche che c’imponevano comunque di difendere gli ucraìni, non farlo avrebbe significato spaccare in due l’Europa e uscire definitivamente dalla storia. Non abbiamo avuto i mezzi e la forza per fare la sola cosa che avremmo dovuto, ovvero inviare subito truppe a difesa di Kiev e costringere i russi a trattare evitando o limitando le sanzioni.
Ora rincorriamo, con tentativi tedeschi e francesi di ricostruzione diplomatico-strategica.
E qui è intervenuta a sorpresa la visita di Re Carlo in Germania.
In pochissimo tempo ha inviato una serie di messaggi di rilievo.
Ha parlato della potenzialità enorme di un’intesa anglo-tedesca (l’ultima volta risale a 87 anni fa); poi ha portato fiori alle vittime del bombardamento anglo-americano di Amburgo. Infine ha affermato che ora l’Inghilterra è più vicina alla Ue. Questa critica reale alla Brexit e questo atteggiamento che ci lascia pensare al suo prozio Edoardo VIII vanno oltre il gesto perché significano una rottura con la linea americana di isolamento della Germania ad est.
L’Italia, che è legata ad Inghilterra e Stati Uniti, ha da poco una relazione speciale con Parigi, fin dal Trattato del Quirinale ma poi nell’intesa Meloni-Macron sull’immigrazione; per posizionamento politico del partito di maggioranza, ha relazioni favorevoli con Varsavia e perfino con l’Ungheria bivalente in merito, e sta sviluppando relazioni in Africa e verso Oriente. Questo vuo, dire che può a sua volta svolgere un ruolo decisivo nella ricomposizione europea nel nuovo gioco del multiallienamento, volto a far saltare il bipolarismo e a delinare nuovi equilibri nei quali assumere un ruolo significativo.

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