Dragos Kalajic, il celebre studioso di geopolitica serbo, già oppositore irriducibile dell’attacco mondialista alla sua patria, ha anche – in pochi lo sanno – un animo da artista. In questi giorni espone in Italia le sue opere, testimonianza di un’arte archeofuturista che tra lo stile eroico e gli antichi culti solari ricerca l’essenza eterna dell’Europa.
Dragos Kalajic è oggi un signore serbo sessantenne dagli occhi
azzurri col fisico asciutto e un marcato accento che lo fa
assomigliare a un allenatore di calcio d’origine slava, tipo
Zeman o Boskov. Invece è un eccentrico intellettuale di destra,
autore di romanzi e saggi di geopolitica che esaltano i serbi
come «ultimi europei» e che soprattutto dipinge quadri a sfondo
esoterico fin da quando, appena ventenne, giunse a Roma per
diplomarsi all’Accademia di belle arti.
Il grande pubblico televisivo lo ha notato quando, con voce
stentorea, difendeva le ragioni del suo paese mentre infuriava la
guerra del Kosovo e così molti lo presero per un «uomo di
Milosevic», punto e basta, senza misurare meglio le motivazioni
di quell’ostinato e visionario ultranazionalismo. L’esperto di
geopolitica che bucò il video davanti a un indispettito Gad Lerner
era ed è qualcosa di più di un emissario politico.
Da anni lo scrittore e il pittore-ideologo Dragos Kalajic osserva
le cose del mondo con l’occhio inusitato della cosiddetta
«destra inattuale», cibandosi delle profezie superomiste di
Friedrich Nietzsche e del tradizionalismo iniziatico di René
Guenon e Julius Evola (da lui tradotti in lingua serba) col
miraggio di aggiornare in politica l’antica idea ortodossa della