E’ quello che serve per garantire un futuro al popolo Karen.
Le “energiche” pressioni degli organismi internazionali sul regime birmano affinché
sospenda l’opera di repressione contro il popolo Karen hanno prodotto i risultati previsti.
Con la consueta, totale indifferenza nei confronti di appelli e raccomandazioni provenienti
dalle assemblee del Palazzo di Vetro e di Strasburgo, i generali birmani hanno
intensificato le operazioni militari nello Stato Karen, travolgendo la 7° Brigata dell’Esercito
di Liberazione e provocando la distruzione di villaggi, ospedali, scuole.
6.000 civili hanno precipitosamente lasciato l’area dei combattimenti, concentrati nel
distretto di Pa-an, hanno attraversato il fiume Moei raggiungendo la riva tailandese, e
vivono ora senza alcun sostegno in rifugi di fortuna. Le autorità tailandesi hanno già
intimato ai profughi di rientrare immediatamente in Birmania: se questo rientro avvenisse, i
civili sarebbero esposti alle violenze dell’esercito di occupazione e dei suoi cani da
guardia, le milizie di narcotrafficanti Karen che hanno stretto patti con la giunta militare.
Questi partigiani, servi degli occupanti, aguzzini del loro stesso popolo, catturano i civili
per costringerli a trasportare armi e munizioni per conto dell’esercito birmano, e sempre
più numerose sono le segnalazioni dell’utilizzo dei profughi come “sminatori” forzati,
costretti a camminare davanti alle colonne di soldati per far brillare i numerosi ordigni
nascosti nel terreno.
Qualche giorno fa, due giovani donne Karen erano state violentate ed uccise nel villaggio di Kwee Law Plo
dai soldati di Rangoon nel pieno dell’offensiva contro Pa-an. Naw Pay, 18 anni, era all’ottavo mese di
gravidanza. Naw Wah Lah, 17 anni, era madre di un bambino di sei mesi. I soldati responsabili dei delitti
fanno parte del 205° Battaglione di Fanteria Leggera, guidato dal Tenente Colonnello Than Hteh e dal
Capitano Kyi Myo Thant.
Paradossi apparenti di prove di democrazia: nel 2010 il regime birmano ha promesso
elezioni politiche. Sebbene vincolata da decine di condizioni che non permetteranno in
alcun modo di estromettere i militari dalla vita politica del paese, la “competizione
elettorale” sembra aver messo il prurito ai democratici del globo. Si guarda con ottimismo
alla possibile evoluzione del paese delle mille pagode. Così, diventa imperativo per la
gerontocrazia corrotta di Rangoon, amica di Cinesi, Israeliani, Indiani e di manager
incravattati di centinaia di aziende occidentali, disfarsi delle ultime sacche di resistenza,
che potrebbero un domani guastare l’immagine di un paese avviato verso l’apertura ad un
sistema multipartitico.
Ancora una volta lanciamo un appello ai nostri sostenitori perché ci facciano arrivare il loro concreto aiuto economico: ogni donazione sarà utilizzata interamente per acquistare generi di prima necessità per i profughi che hanno dovuto abbandonare i villaggi. Questo genere di aiuto incide direttamente sulle capacità di lotta dei patrioti Karen: non dovendosi preoccupare dell’emergenza profughi, l’organizzazione della resistenza potrà utilizzare le risorse così risparmiate per procurare ai suoi volontari rifornimenti per continuare a contrastare l’offensiva in corso. L’ipocrisia non ferma i fucili degli occupanti, nell’infamia dei partigiani. Chi crede al diritto di difendere il proprio paese, i propri figli e le proprie donne non ha che una scelta.