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Un mondo di uguali

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Perché l’assassino africano è un folle, mentre il folle italiano è un assassino?

 

Il sangue è rosso per tutti, ma ultimamente scorre solo per alcuni.

Succede che a Milano si muore per la sola colpa d’essere usciti di casa; non si veste un’uniforme, non si rimane invischiati in una rapina in banca, non si frequenta la sezione d’un partito, non si è insidiata la donna di un mafioso.
Si è semplicemente usciti di casa, e si muore trucidati a picconate 2013 anni dopo Cristo, senza che alcuno possa far nulla, senza che nessuno si scandalizzi più di tanto.

Eppure questo signorino aveva precedenti seri, era irregolare, non si sarebbe dovuto trovare sulla strada di chi ha ferito, massacrato ed ucciso.
Ebbene la stampa lo definisce “il gesto d’un folle”, così da tarpare le ali a qualsiasi approfondimento d’analisi: come il fatto ch’abbia potuto agire per odio contro il diverso, per rabbia verso una condizione in cui certo non lo avevano posto le sue vittime, semplicemente per bassa considerazione del valore della vita umana, del tutto spiegabile considerando l‘alveo culturale in cui sarà cresciuto (che è poi l’alibi con cui gli immigrazionisti giustificano i migranti: fuggire da inciviltà e violenza, appunto!).

Continuiamo a farci del male, continuiamo a pensare che basti toccare il nostro suolo per riceverne il taumaturgico effluvio spirituale di Seneca, Montesquieu, Beccaria, e poter così diventare loro “concittadino” senza “se” e senza “ma“. Salvo poi tirare giù dal cielo massimi sistemi e dietrologe degne di sceneggiature cinematografiche da sorbirci per mesi diluite in puntate quotidiane di trasmissioni varie, solo quando a compiere un omicidio (o magari solo a tentarlo) è un italiano.

Ma insomma, siamo o no tutti uguali?

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