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Un nuovo eroe

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Erode il Grande, da sempre odiato dal popolo ebraico per le sue origini , viene riscoperto per giustificare l’occupazione della Cisgiordania

Tutto è politico a Gerusalemme, il quartiere dove vivere, la scelta del ristorante in cui cenare, un museo da visitare. Non fa eccezione l’evento artistico del 2013, quella che dagli organizzatori dell’Israel Museum viene definita la prima esposizione mondiale dedicata a Erode il Grande, il feroce tiranno biblico regnato due millenni fa in Terra Santa e rimasto in sella per 37 anni. 

La mostra, comprendente la ricostruzione della tomba di Erode (scoperta sei anni fa dopo quasi mezzo secolo di ricerche insieme a 30 tonnellate di artefatti), diversi sarcofaghi e un totale di circa 250 reperti archeologici, ha però sollevato le proteste dei palestinesi che rivendicano la provenienza “palestinese” delle opere esposte (gli ultimi proficui scavi sono stati fatti a Herodium, in Cisgiordania, area C, quella sotto il controllo israeliano). L’Israel Museum replica che furono gli accordi di Oslo ad assegnare a Israele il controllo temporaneo dei siti archelogici in Cisgiordania giura che il materiale tornerà a casa tra nove mesi, a esposizione conclusa. Ma il tempo, tra le colline che ambiscono all’eternità, è relativo.
La mostra, argomenta al Guardian il responsabile delle antichità dell’autorità nazionale palestinese Hamdan Taha, “è un tentativo israeliano di usare l’archeologia per giustificare le proprie pretese territoriali”. Taha sostiene di non essere stato consultato nè all’epoca degli scavi di Herodium nè oggi mentre, insiste, quella zona, così come Gerico, “è parte integrale del patrimonio culturale palestinese”.
Così, mentre gli studiosi accorrono a vedere l’eredità architettonica e culturale del sanguinario sovrano morto a 70 anni dopo una vita costellata da atrocità leggendarie tra cui l’assassinio di almeno una delle sue mogli, tre dei suoi figli, di innumerevoli rabbini e di oppositori politici (incerta è invece la sua responsabilità sulla strage degli innocenti che molti storici attribuiscono al figlio), sui padiglioni illuminati ad arte si allunga l’ombra dell’infinito conflitto israelo-palestinese.
Il direttore dell’Israel Museum James Snyder afferma di non aver ricevuto alcuna protesta formale da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese ma precisa che Israele ha una specie custodia su quei reperti: “Abbiamo questo materiale in prestito e lo restituiremo alla fine dell’esposizione. Ogni nostra mossa è stata autorizzata: se avessimo lasciato quanto trovato scavando nello stato in cui era, non ci sarebbe stato modo d’interpretarlo. Non c’interessa la politica, stiamo cercando di fare del nostro meglio per preservare un patrimonio culturale”. La mostra è aperta e chiuderà a novembre 2013, le polemiche no.  

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