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Una sentenza storica

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Il redditometro? Iniquo e anticostituzionale

 

Il redditometro non può sacrificare la sfera privata del singolo cittadino: lo sostiene una sentenza della sezione di Pozzuoli del tribunale di Napoli che ha accolto il ricorso di un pensionato residente nella cittadina flegrea, assistito dall’avvocato Roberto Buonanno. Il pensionato ha lamentato che, attraverso il monitoraggio delle spese, si possono conoscere anche gli aspetti più privati della vita del singolo cittadino, includendo anche le spese per cure mediche. E il redditometro finirebbe per passare al setaccio anche le spese per soggetti diversi dal contribuente. Ragioni che il giudice Antonio Lepre ha ritenute fondate costituendo così un precedente giurisprudenziale destinata a far discutere. Il giudice – ha confermato stamani l’avv. Buonanno – ha anche ordinato la cancellazione dei dati acquisiti. Lo stesso Buonanno ha evidenziato come «l’azione della pubblica amministrazione debba essere proporzionata ai fini dell’interesse pubblico che essa persegue».
Il dispositivo della sentenza. Il redditometro, scrive il giudice Lepre nel dispositivo «non fa alcuna differenziazione tra “cluster” di “contribuenti” bensì «del tutto autonomamente opera una differenziazione di tipologie familiari suddivise per cinque aree geografiche». Il cittadino verrebbe privato «del diritto ad avere una vita privata» e di essere «quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all’invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell’utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata». Per il giudice Lepre il redditometro finisce anche per accomunare «situazione territoriali differenti in quanto altro è la grande metropoli altro è il piccolo centro e altro ancora è vivere in questo o quel quartiere». Lepre osserva che all’interno «della medesima Regione e, anzi, della medesima Provincia vi sono fortissime oscillazioni del costo concreto della vita, così come altrettanto forti oscillazioni vi possono essere all’interno di un’area metropolitana». Così i «contribuenti delle zone più disagiate perderanno anche, per così dire, il vantaggio di poter usufruire di un costo della vita inferiore in quanto gli sarà imputato in ogni caso il valore medio Istat delle spese». Soddisfatto l’avvocato Buonanno, difensore del pensionato: «La visibilità totale delle attività e dei comportamenti di tutti i cittadini – osserva il legale – non è il simbolo di una società aperta e liberale».
L’Agenzia delle Entrate farà appello contro la decisione del giudice. «Faremo appello – spiegano fonti delle Entrate – anche perché molte delle spese che lederebbero la riservatezza sono quelle che lo stesso contribuente mette in dichiarazione per ottenere detrazioni».

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