Come il Gran Muftì di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, mobilitò le forze del mondo islamico a fianco dell’Europa.
All’albergo Palace di Gedda, dove nel 1964 alloggiò per qualche giorno prima di compiere il Pellegrinaggio alla Mecca, Malcolm X fu testimone degli affettuosi omaggi di cui era destinatario un altro pellegrino, suo vicino di stanza. “Una folla gli si raccolse intorno per baciargli la mano -scrive il capo dei Black Muslims nella sua Autobiografia- (…) Più tardi, nell’albergo, avrei avuto occasione di parlare con lui per una mezz’ora. Era un uomo di grande dignità, dai modi molto cordiali, al corrente su tutte le questioni internazionali, compresi gli ultimi sviluppi della situazione americana”1. Quell’uomo era al-Hâj Muhammad Amîn al-Husaynî, Gran Muftì di Gerusalemme. Ventitré anni prima di Malcolm X, era stato Adolf Hitler a parlarne in maniera ammirata, sottolineando la nobiltà della sua figura e la “superiorità della sua intelligenza”2 e concedendogli un privilegio mai concesso a nessuno: lo ospitò nel Palazzo Imperiale di Berlino e diede disposizioni affinché sull’edificio la bandiera della Palestina sventolasse più in alto di quella del Reich. Muhammad Amîn al-Husaynî era nato nel 1897 a Gerusalemme. La famiglia di discendenti del Profeta di cui era originario annoverava tra i propri membri tutti quegli esperti di diritto sacro che negli ultimi due secoli avevano ricoperto la carica di muftì nella città santa. Compiuti i primi studi in Palestina, all’età di sedici anni Muhammad Amîn frequentò l’università islamica dell’Azhar, al Cairo, dove fu tra gli animatori e gli or