Forse l’unico grande movimento religioso islamico che non è guidato da Washington o da Tel Aviv
Dopo quasi cinque mesi di complesse trattative, il premier incaricato libanese Najib Miqati ha sciolto la riserva e ha diffuso la lista dei componenti del suo governo, già definito a “trazione Hezbollah”: su 30 ministri, 19 sono esponenti del ‘Partito di Dio’ sciita o suoi alleati. Gli altri 11 sono sostenitori o alleati del presidente Michel Suleiman o dello stesso Miqati. La coalizione guidata dal premier uscente Saad Hariri, vincitrice alle elezioni del 2009, si è rifiutata di far parte del nuovo esecutivo e ora passerà all’opposizione.
Ma Miqati, un miliardario sunnita, tycoon delle comunicazioni, dopo aver presentato la lista dei suoi ministri al presidente Suleiman ha affermato che il suo sarà “un governo di tutti i libanesi”. La candidatura di Miqati alla premiership era stata avanzata dalla coalizione guidata da Hezbollah, che a gennaio aveva ritirato i suoi ministri dal governo “di unità nazionale” presieduto da Saad Hariri, provocandone il collasso. In particolare, Hezbollah era entrato in rotta di collisione con il premier per divergenze sul Tribunale internazionale (Tsl) che nei prossimi mesi dovrà avviare un processo contro i presunti responsabili dell’attentato in cui nel febbraio 2005 venne assassinato l’ex premier Rafik Hariri, di cui Saad è figlio ed erede politico.
Il ‘Partito di Dio’, che si attende di essere chiamato in causa, chiedeva, invano, che Beirut prendesse le distanze dal Tsl, che è presieduto dal giudice italiano Antonio Cassese e ha sede in Olanda.
La spartizione dei portafogli vede nella parte del leone Hezbollah e alleati, tra cui uno del leader cristiani, Michel Aoun. Si sono aggiudicati tra l’altro la Difesa (Fayez Ghosn), la Giustizia (Chakib Qortbaui), gli Affari esteri (Adnan Mansur), la Sanità (Ali Hassan Khalil). Agli esponenti indicati dal presidente Suleiman, da Miqati e dal leader druso Walid Jumblat sono andati in particolare Affari interni (Marwan Charbel), Economia (Nicolas Nahas) e Finanze (Mohamad Safadi). “Abbiamo superato gli ostacoli. Ci metteremo subito al lavoro”, ha annunciato Miqati. Ma in realtà gli ostacoli sono ancora molti. A cominciare dall’economia, che nei primi mesi di quest’anno ha subito un significativa battuta d’arresto.
A causa dell’incertezza politica, ma anche a causa della cosiddetta ‘Primavera Araba’, in particolare in Siria. “Gli affari sono diminuiti del 40 per cento nei primi sei mesi dell’anno”, ha lamentato Pierre Achkar, presidente dell’ associazione degli albergatori libanesi, che già vedono crollare le aspettative per un nuovo boom turistico, come quello della scorsa estate.
Anche il mercato immobiliare ha segnato una contrazione del 21 per cento nei primi quattro mesi dell’anno, mentre tra gennaio e maggio il valore delle società quotate alla borsa di Beirut si è ridotto dell’8,9 per cento. Dopo una crescita record del 7,5 per cento nel 2010, il Fondo monetario internazionale prevede per quest’anno un ‘risicato’ 2,5 per cento.
Il presidente siriano Bashar al Assad è stato tra i primi ad augurare buon lavoro a Miqati, suo amico personale, che ha a sua volta mostrato una certa apprensione già per i primi passi del suo esecutivo: “Ci auspichiamo che il governo ottenga la vostra fiducia e quella di dei vostri rappresentanti”, ovvero della maggioranza dei 128 membri del Parlamento, ha detto nel suo primo discorso a tutti i libanesi.