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Vox clamans in medio deserto

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Un magnifico autore in cerca di sei fascisti

 

Al fine di partire col piede giusto

                                RAPPORTO A VOLO D’UCCELLO

 

        Ho sempre considerato il più prezioso dei precetti metodologici lasciati a noi dal Duce, che un’azione politica (nel nostro significato della parola) debba partire dalla situazione in atto e procedere verso l’elevazione della nazione in tutti i campi, e non muovere da un ipotetico e auspicato futuro virtuale e muovere a ritroso verso il presente. Ciò implica, ovviamente, un’attenta considerazione per la “mutevole e complessa realtà”.

       Ora che la crisi generale di tutto il “sistema” che ci è stato prepotentemente imposto apre una nuova fase della nostra battaglia, penso quindi di far cosa utile esaminando in modo realistico l’odierna situazione di partenza nelle sue linee essenziali, senza perdersi in diatribe sterili su quelli che sono soltanto effetti, e non possono quindi essere affrontati separatamente dalle cause.

       1 – COSTATAZIONE PRELIMINARE.

        Da questa non si può prescindere, o si parte già condannati a non trarre un ragno dal buco:

         Esiste una Costituzione della Repubblica Italiana, democratica e fondata sul lavoro ( non chiedetemi che significa), nella quale sono minuziosamente elencati i principi, i metodi e gli istituti che la caratterizzano. Tale documento fu redatto e approvato da un’assemblea incontrastatamente dominata dagli Italiani usciti vittoriosamente dalla guerra che l’Italia aveva perduta, e traduceva fedelmente la volontà del nemico vincitore, consistente nella castrazione del popolo italiano. Comunque, era pur sempre la chiara espressione dei criteri con cui la cosa pubblica sarebbe stata gestita da allora innanzi, tanto per regolarsi. Sennonchè, la menzionata Cosa Pubblica (Italiani inclusi) non è affatto gestita secondo le regole costituzionali, nè dai poteri in essa previsti, bensì secondo una logica ben diversa, e da poteri reali che con la “sovranità popolare”, col lavoro e con gli interessi nazionali nulla hanno a che fare. E i c.d.”partiti”- chi non lo sa?- non sono affatto libere associazioni di cittadini desiderosi di concorrere a determinare la politica nazionale, bensì associazioni di stampo mafioso, ormai prive anche di qualifica “ideologica”, desiderose, ciascuna, di ritagliarsi e sfruttare una porzione più generosa possibile di potere, di aumentarsi prebende e privilegi e di rendere impossibile la nascita di formazioni nuove. Ai capi-partito (e non agli elettori), le attuali regole assicurano addirittura (con l’abolizione delle preferenze) la facoltà  di “nominare” i nuovi rappresentanti del popolo in cambio di fedeltà personale, di sostegno economico o di prestazioni sessuali. 

    2 – I  RIMEDI  GIURISDIZIONALI.

    La sez. 2^ del Titolo 5° e l’intero Titolo 6° Co. dovrebbero fornire al cittadino i rimedi e le difese contro gli abusi di cui al paragrafo precedente, ma chi pensasse di ricorrere contro di essi ai Giudici non può che sortire esperienze defatiganti e deludenti, legate alla natura stessa del “sistema”, e quindi non ovviabili.

    La costituzione (e tutte le consimili), essendo, non una legge, ma una superlegge, non è tenuta a curarsi dell’attuabilità pratica delle norme proclamate, che può brillantemente scaricare sul legislatore ordinario. L’esistenza, tra i suoi dettami, di poche norme “immediatamente precettive”, non è che un penoso sofisma demagogico che non fa davvero onore ai magistrati o ai giuristi che le hanno “scoperte” tra le riserve mentali inespresse dei costituenti. Il testo della Co, di immediata precettività non fa menzione. Il cittadino può ricorrere solo al Giudice ordinario, e dev’essere quello a decidere se la pretesa di infedeltà costituzionale della norma investita presenti possibile fondatezza. A tale condizione, comunque, la legge ordinaria giunge al severo controllo della Co.Co.. Bello, eh ? Il guaio è che i Giudici costituzionali sono nominati per 1/3 dal Parlamento (e cioè dai capi-partito, come detto), per 1/3 dal Presidente della repubblica (nominato a sua volta dai capi-partito), e per 1/3 da quell’aeropago di casta che è il CSR. Ne risulta, ahimè, avendo presenti la genericità e opinabilità dei “principi” costituzionalì, che basta alla Co Co mettere in fila quattro sofismi da liceali perchè i ricorsi vengano decisi secondo la volontà e gli interessi dei capi-partito. Bella garanzia !

     Non che non esistano, intendiamoci, singoli  Giudici ligi alla giustizia sostanziale e al loro dovere. Ma, anche quando non vengono ammazzati, la loro voce si perde nel grande pantano. La c.d. giustizia non è quindi che uno strumento del sistema, un suo prodotto e una sua difesa. Pensare di ricorrere ad essa, dai giudici di pace alla Consulta, per abbattere il sistema medesimo, è quindi un’imperdonabile ingenuità.

   3 – I  RIMEDI  DEMO-PARLAMENTARI.

    Gran tempo, risorse ed energie, in questo interminabile dopoguerra, sono state impiegate da gente nostra, anche rispettabile, per scendere nel c.d. “agone elettorale”. E’ un punto su cui dobbiamo essere particolarmente chiari. Bisogna andarci piano con le questioni di principio, perchè non divengano alibistiche. Tesi come dobbiamo essere al raggiungimento dello scopo, non si deve escludere neppure di ricorrere a mezzi a noi non congeniali, purchè non ci se ne lasci fuorviare. Così, le iniziative elettorali possono essere utili per violare la “congiura del silenzio” che viene ampiamente adibita contro di noi dai “mass media” asserviti al nemico, ma occorre  la massima cura nell’osservare un diverso “stile”, affinchè nessuno pensi che siamo anche noi come gli altri, verso cui il popolo prova una crescente nausea. Purtroppo, il metodo ha, di per sè, effetti corruttivi (privilegio dell’apparenza sulla sostanza). Basti ricordare come il tempo del massimo successo parlamentare di una formazione nostra o quasi ( M.S.I. – 1972) coincise col massimo adeguamento di essa al “contesto”, e come la pronta e violenta reazione teppistica e giudiziaria abbia indotto il capo di allora (on. Almirante) a tirar dentro testa e zampe come una testuggine e a non disturbare i manovratori, quasi chiedendo scusa del parziale successo conseguito, che infatti andò rapidamente svanendo, per finire a Fini.

    Ma altra rilevante considerazione è , a fortiori, analoga a quella già fatta sopra per la giustizia.

    Il sistema politico, e cioè per l’accesso al potere, partendo dalle generiche ed enfatiche proclamazioni costituzionali, è stato via via precisato e regolamentato dalle due Camere, e cioè dai partiti in esse numericamente prevalenti. E loro unica preoccupazione non è stata certo la più autentica espressione della inesistente volontà popolare, bensì quella di elevare i vantaggi, lucri e privilegi dei vari On. e Sen. e di barricare la porta della stanza dei bottoni (e dei pubblici capezzoli) a nuovi, sgraditi concorrenti. Non si allude alla concorrenza, assai funzionale, della opposizione in attesa di alternanza, che non è opposta, ma complice (centrodestra-centrosinistra), ma di quella vera e totale. Di quest’ultima, non c’è altro che la nostra, e quindi tutti i trucchi e marchingegni studiati in sessant’anni dai ronzanti cervelli dei nababbi parlamentari non hanno avuto altro oggetto che quello di rendere impossibile a formazioni nuove e serie (e quindi, all’inizio, necessariamente piccole) di penetrare nelle segrete stanze.

    Illudersi quindi di usare proprio di quei surrettizi regolamenti per il fine opposto, è proprio come chi, per galleggiare, indossasse scarpe con la suola di piombo.

    Stando le cose come stanno, se qualche passo nel percorso elettorale può conseguire qualche effetto utile, è quindi un’ingenuità ancor più marchiana della precedente progettare che su quel percorso possa essere combattuta la battaglia decisiva.

    4 – LE CONVERGENZE.

      La prova disastrosa che il regime post-bellico, disonesto e servile, imposto dagli invasori, ha esibita al popolo , con la sola eccezione dei parassiti “politici” e lo squallido livello dei medesimi, hanno portato a degradare l’Italia da paese esemplare, cui in tutto il mondo si guardava con speranza e persino invidia, a fanalino di coda impotente e arrancante nella scia delle “nazioni che contano”. Non c’è settore produttivo o culturale che funzioni in modo decente e che non continui a peggiorare; abbiamo avuto per quasi un ventennio un “premier” che non primeggiava che come personaggio di sprezzanti barzellette grand-guignolesche; e chi non è pronto in qualche modo a prostituirsi (o il modo non lo trova) ha vita assai grama, aggravata da una sottilissima vernice di “benessere” fasullo, che è peggio del malessere. Ognuno ha quindi uno o più motivi di scagliarsi sdegnosamente ( a parole, o talora a bottiglie Molotov) contro qualche aspetto della generale disfunzione e chi ne appare responsabile.

     Noi, avversari globali e inesorabili di TUTTO il sistema, presunti pregi inclusi, è quindi inevitabile che, in manifestazioni specificamente indirizzate, (chessò: contro l’immigrazione selvaggia, o contro l’irresponsabile ricorso al nucleare, o contro la criminalità organizzata, o contro i latrocinii dei “politici”), ci troviamo affiancati a gente che non ha il minimo rapporto con le nostre concezioni spirituali, e percepisce solo il disagio di quella disfunzione.

     Guardiamoci dall’errore di attribuire a tali ipotesi il valore di autentiche convergenze. Senza affermare che il generico malcontento, soprattutto se diventa rabbia, sia privo di utilità per la vera rivoluzione, rinunzieremmo a quella utilità se non lo guardassimo con realismo.

     Cominciamo col registrare che gli stessi organizzatori, palesi od occulti, di quelle manifestazioni, inorridiscono al sol pensiero di una sinergia coi “nazifascisti”, rifiutano sdegnosamente il nostro apporto (anche se determinante del successo) e danno fiato a tutte le loro massmediatiche trombe con le solite  litanie resistenziali da cerebrolesi. Non vorremo mica fare gli innamorati respinti di tutto il pattume nazionale !

      Ma, soprattutto, se i NO son tutti uguali, ben diverse, e addirittura opposte, possono essere le cause di quei NO e le conclusioni che ne vanno tratte sul piano operativo. Teniamo conto che, anche se numerosa, una manifestazione di piazza viene sempre vista da un’esigua minoranza, che, per giunta, le programmate teppistiche violenze  provvedono a tenere lontana. Gli altri, il “paese”, ne hanno notizie, anche visive, dalla televisione. Ma chi controlla le grandi emittenti? Mancano forse a lorsignori le tecniche, la ricchezza di mezzi e l’assoluta amoralità necessarie per propinare al popolo fischi per fiaschi ? Per mostrare, non la verità, ma la versione di essa voluta dalla casta imperante  e intoccabile? Ricordiamoci che l’attuale tecnica dell’immagine è in gradi di mostrarci dinosauri giurassici a passeggio per il Corso pestando gli autobus !

     Attenti  con l’esultare per le “vaste convergenze”, allora. C’è rischio che tutto, anche i nostri encomiabili sforzi organizzativi, sia volto – oplà – proprio a favore di ciò che intendiamo distruggere.

     Chiediamoci, piuttosto: che accorgimenti dovremo adottare da oggi perchè una simile truffa non abbia a ripetersi ? Ma chiediamocelo senza dimenticare che non è con gentiluomini, che abbiamo a che fare, ma con la più spregevole feccia venduta ai nemici della nostra Patria e dell’Europa. Se c’è un modo di perdere tempo, è polemizzare con loro !

Se un modo efficace si trova, si adotti con estremo impegno. Altrimenti, anche le pacifiche dimostrazioni di piazza, lasciamole perdere, e troviamo un metodo di lotta compatibile col secolo XXI.

    5 – LE  AGGREGAZIONI SPURIE.

      Sono quelle che i Francesi chiamano liaisons dangereuses, e consistono nell’unione pattizia, in un’unica lista, coi candidati di una formazione politica estranea, ai fini di mettere insieme una maggioranza. Si tratta di un’espediente di “bassa politica”, che, come tale, non ci piace. Esaminandolo comunque freddamente, resta evidente che un momentaneo giovamento può trovarvi la più forte di quelle formazioni, mentre l’altra (o le altre) divengono solo puntelli e sostegni della prima e suoi umili strumenti. Basterebbe questo a sconsigliarne vivamente il ricorso a sodalizi della nostra parte, che, in termini democratici, sono veramente deboli. Abbiamo il recente esempio del defunto MSI,

“alleanzizzato” dall’improbo Fini, i cui vari Larussa, Gasparri e Alemanno hanno fatto addirittura il gran salto.

    E’ ben vero che a una liaison del genere ricorse, nel 1921, anche Mussolini, ma potè permetterselo sol perchè già disponeva, a livello umano e di piazza, di una forza tale da imprimere il proprio inequivocabile stampo anche sui comizi dei vecchi tromboni del Blocco Nazionale. Poi, l’Italia era una nazione indipendente e non una colonia israeliana, e l’antifascismo non era obbligatorio per legge ed era ancora in fasce. E siamo sempre li: a diversa realtà, diverso consiglio !

    Ma poi, non facciamo discorsi astratti. Per fare un patto, bisogna essere almeno in due. E chi lo farebbe, oggi, un patto col “male assoluto”, che siamo noi ? Non che i nostri votarelli non facciano gola a tutti ! E’ che, per accettarli, la condizione sarebbe (come si è visto) mettersi la Kippah ed esibire il nulla osta di Netanhyau, autenticato dalla Clinton. Chi avesse siffatte vocazioni naviga ormai, speriamo, ben lungi dalla nostra “area”, e, se si aggira ancora nei pressi, urge fargli ben intendere che, poveri come siamo, abbiamo interi magazzini di calci nel sedere, che teniamo in grande pregio.

    6 – LA  DISEDUCAZIONE.

    E infine, consideriamo la più grave delle notazioni negative della realtà in cui siamo chiamati ad operare: un aspetto a cui il nemico si è dedicato con diuturno impegno: la degradazione degli uomini, e soprattutto dei giovani. E’ stata un’infamia ancor più grave della strage degli innocenti operata coi bombardamenti terroristici. Quest’ultima, innanzi tutto, ha fatto un numero di vittime incomparabilmente minore. Poi, ha creato martiri che, non meno degli eroi, giovano a rinsaldare la fede dei superstiti, mentre la fabbrica degli imbecilli non genera che sconforto. E, infine, questa seconda si proietta verso il futuro, creando la maggior difficoltà per chi ambisca a reclutare le nuove legioni.

    Un singolare aspetto della questione, sul quale purtroppo non si riflette abbastanza, è che non è neppur pensabile compiere la necessaria opera di risanamento e redenzione con gli stessi metodi e strumenti usati per operare il disastro. Ma su questo torneremo nelle conclusioni.

    Quanto all’estrema gravità della situazione attuale, solo i pochissimi che hanno avuto il privilegio di essere giovani agli ordini del Duce sono in grado di apprezzarla “di getto”. Gli altri, praticamente tutti, hanno bisogno che il paragone venga loro fatto con parole (e qualche immagine), e non posso certo farlo in questo breve saggio. In compenso, basta loro guardarsi intorno per avere un’idea diretta dello sfacelo in atto. Una gioventù sempre a caccia di diritti e refrattaria ai doveri, ignara della preziosa regola del “modus in rebus”  che primeggiò tra i nostri padri. Una gioventù che, con le parole del Poeta, “libito fè licito in sua legge” e che, più che l’amoralità, pratica la bigottaggine dell’immoralità. Una gioventù, in una parola, che reagisce agli assurdi e alle infamie che la circondano, non combattendole, bensì stordendosi di fracasso o rifugiandosi negli psicofarmaci. Pervasa di un autentico complesso d’inferiorità nei confronti degli stranieri, ma non di quelli veri, ma di quelli “virtuali” propinatile a tutte l’ore dai mass-media. Essa preferisce essere furba che intelligente, ma intanto presta fede a qualsisi fregnaccia storica o scientifica che gente ignara sia di storia che di scienza voglia appiopparle. E, se possiede una carica combattiva, preferisce impiegarla nel modo stupidamente teppistico e distruttivo, anzichè contro i responsabili del proprio degrado.

   Il Fascismo intitolò il suo inno “Giovinezza !” Il regime attuale non potrebbe certo scimmiottarlo, senza farsi ridere dietro dall’intero orbe terracqueo.

     7 – LE  SCINTILLE.

   Nel fosco quadro che ci circonda, possiamo anche riscontrare alcuni aspetti positivi.

    Uno è dato dai coraggiosi statisti (come un Chavez, come un Ahmadinejad, come un Assad e come -in minor misura- altri) che apertamente sfidano e fronteggiano lo schieramento “atlantico” e la sua globalizzazione. Se li paragoniamo ai loro avversari, essi sono assai meno “potenti”, come armi e come complicità, ma – calcolando che la Clinton e Nethanjahu possono fare ben poco conto su giganti come la Cina,la Russia o il Brasile, sembrano essere ben in grado di tener testa.

    L’altro consiste nelle vivaci insofferenze e rivolte popolari (v. Arabi, v. Amerindi del Nord, v.Islandesi), che l’apparato mistificatorio e infiltratorio degli “occidentali” sembra sia impotente a snaturare del tutto.

    Ma ve n’è un’altra, di scintilla, che ci ha gradevolmente sorpresi. Ed è la notizia della Cassazione (o come la chiamano) libanese, che ha emesso una sentenza in cui dichiara che le somme recate dai premi di assicurazione restano di proprietà degli assicurati, e quindi le Compagnie assicuratrici (pubbliche o private) ne sono semplici depositarie. Ne consegue che, ove le investano (a proprio vantaggio), le eventuali perdite sono a loro totale carico, e non dell’assicurato. La notizia, non ostante la multimiliardaria portata, è stata  accuratamente silenziata, e certamente le compagnie correranno ai ripari con tutti i mezzi leciti e illeciti. Ma ha grande portata sintomatica, perchè denunzia che alcuni magistrati coraggiosi si avvicinano all’ordine di idee che fu di Pound e del nostro Auriti. Vi immaginate se una Corte Suprema qualunque dovesse adibirlo nel pronunziare sull’emissione monetaria ! Che farebbero, quelli del Britannia : una terza guerra mondiale ?

    Certo: per quei magistrati la vedo brutta. Ma, in fondo, il mondo musulmano è stato capace di fornire centinaia di kamikaze. Perchè non anche in tocco, toga ed ermellino ( o paramenti locali equivalenti)?

    Taccio quello che direttamente ci riguarda e ci conforta. Cioè che, con tutta la profusione di falsi, di trucchi, di menzogne, di violenze, il sistema usurario è completamente fallito nel suo intento di farci scomparire. Anzi, se da un lato ci ha fatto il favore di liberarci degli elementi deboli e corruttibili (glie li cediamo volentieri !), dobbiamo riconoscere che, non solo in Italia, l’afflusso giovanile e la generica simpatia per la nostra Causa, da vari anni abbia assunto un andamento ascendente, mentre l'”antifascismo” viscerale, sebbene annaffiato e concimato a tutto spiano, si è risecchito fino a ridursi ai sub-umani latrati ( a comando) degli stucchevoli “centri sociali”.

    Le “tendenze”, però, sono sintomi, ma sono del tutto inutili, a non saperle indirizzare e guidare con mano sicura.

    In tale ottica, mi permetto di concludere con qualche esortazione, legittimata da quasi ottant’anni di ininterrotta e fedele militanza.

                                         TIRANDO  LE  SOMME .

Parlare di Fascismo ? 

    Sia chiaro che, dal ’45 ad oggi, non abbiamo cambiato idea su nessun punto, in fatto di Fascismo e antifascismo, e quindi siamo orgogliosi di aver indossato la camicia nera e di aver obbedito al Duce. Ma, proprio per continuare a farlo in modo efficace, occorre che ci abituiamo a procedere, non allo scopo di toglierci soddisfazioni morali, ma a quello di estrarre la nazione italiana dalla mollaccia in cui sta imputridendo e di indicare ancora una volta la via al mondo intero. A tutte le domande operative  dobbiamo quindi rispondere conformemente a detta finalità. Quanto ai riferimenti al Fascismo, dobbiamo tener presente quanto segue:

    Scopo di ogni linguaggio è quello di farsi capire. Si dovrebbe quindi astenersi dall’usare termini che hanno significati diversi, o addirittura opposti, secondo le orecchie che li ascoltano. Quando proprio fosse impossibile, andrebbe chiarito con una circonlocuzione in quale senso li si adopera. E’ chiaro però che, nel caso di concetti molto complessi e dibattuti (come per il Fascismo), le chiose dovrebbero essere molto più lunghe del discorso. Tanto più quando il nostro dire debba persuadere non i già convinti, ma quelli che non lo sono, la cui ignoranza in fatto di Fascismo tocca vette sublimi, per la diseducazione cui s’è accennato. Vecchia prassi dei servi del Maligno è quella di fabbricarsi un antagonista stolto e brutale, appioppandogli moventi e idee che non si è mai sognato di avere, ma dando per scontato che ciò che intendono demonizzare non consista in altro,e poi ….combattere contro l’odioso fantasma.

    Mettere in guardia i camerati contro questa insidia sembrerebbe superfluo, ma evidentemente non lo è, se ci troviamo sovente alle prese con nostri ingenui simpatizzanti che indossano volentieri la maschera repellente confezionata per noi dai nemici, a costo di rendere loro un utile servizio.

    Tre regole, in proposito,dobbiamo contemporaneamente porci:

1- Usare la terminologia fascista solo “per uso interno”, e cioè con quelli che hanno idee chiare;

2- Curare assiduamente corsi di formazione e informazione per i nostri giovani;

3- Con gli altri, parlare di contenuti, di cui abbiamo dovizia, senza adibire un linguaggio “anni trenta”, che,essendosi formato in una diversa realtà di fatto, genererebbe oggi soltanto confusione.

 

Gli istituti fascisti-corporativi.

      Ci chiamano “nostalgici”. Ed è un bel pò ridicolo, dato che nostalgia si può provare per ciò che si è vissuto, e uno dei giovanissimi che hanno vissuto lo Stato fascista, come chi scrive, ha compiuto ieri novantun’anni ! Ma non hanno tutti i torti nei confronti dei tanti di noi che non sanno che rimasticare i progressi compiuti allora, dalla legge sindacale 3.4.1926 ai decreti socializzatori del 1944. La pigrizia mentale mal si addice ai rivoluzionari che si rispettino. E, proprio per il precetto del Duce che ho richiamato all’inizio, sarebbe stolto ignorare i gravi cambiamenti delle condizioni italiane e mondiali verificatisi da allora ad oggi.

      Quanto detto, tutt’altro che rendere meno importante lo studio e l’approfondimento di tutte le fasi della rivoluzione civile fascista, ne esige la comprensione più profonda. Scimmiottare è facile, ma impadronirsi dello spirito e dei significati non transeunti di una nuova civiltà, al punto da poterli applicare, dopo oltre mezzo secolo, a contesti e a problemi in gran parte inediti, non è possibile senza una grande apertura mentale e un livello di preparazione che meglio potrebbe definirsi iniziazione.

      Diffidiamo quindi dei tanti Cacasenno che, dall’alto della loro sapienza imparaticcia, gratificano il Duce e la sua élite di “rivoluzione mancata”, di “compromessi”, di “titubanza” e così via farneticando. Si vergognino, e considerino quello che Egli è stato capace di realizzare, tra lo sbalordimento del mondo intero, in vent’anni ! Pensino anche -se ce la fanno- che vent’anni addietro eravamo nel 1991. Che ha realizzato in questo ventennio la Repubblica Democratica ? La risposta al generale Cambronne ! E hanno la sfacciataggine di tacciare l’altro Ventennio di Male Assoluto !

      Urge quindi piantarla di “tifare” per questa o quell'”anima” del Fascismo( io ne conosco una sola) e  di cianciare di “ritorno alle origini”, magari addirittura socialiste (!?), mentre tutto ciò che nel Fascismo c’è di rosso è il sangue dei caduti, assassinati proprio dai “compagni”, per cui “uccidere un fascista non è reato”.

      Conoscenza del passato ed esatta valutazione del presente sono le uniche garanzie per l’avvenire.

 

Essere e sembrare.

      Prima regola per chi va all’attacco è non esporsi scioccamente alla reazione nemica. Se vi si andasse come nei monumenti e nelle agiografie, nessun assalto avrebbe mai successo. Molto meglio quindi è essere forti e sembrare deboli che essere deboli e sembrare forti. Pare invece che tra i piccoli capi che abbondano anche nel nostro versante prevalga l’opinione che ciò che importa sia fingere di esistere. Se poi si esista davvero sarebbe secondario. Le cosiddette “manifestazioni” sono tutte protese verso quell’obbiettivo: che trenta persone sembrino tremila E’ addirittura un’arte, no ? Nessuno stupore che i risultati siani deludenti e che i più deboli finiscano col propendere per la rinunzia.

      Dobbiamo farci un abito mentale della spietatezza, soprattutto verso noi stessi. Ridere delle nostre ridicolaggini prima che lo facciano gli altri. E, soprattutto, essere di esempio, di esempio, di esempio ! Val più un piccolo esempio che un oceano di chiacchiere, perchè un popolo è ogni giorno alle prese con disonesti proclamanti la propria onestà, ma ben di rado con esponenti che l’onestà preferiscono praticarla, e perchè solo l’esempio è una prova convincente che un diverso “modo di essere” può divenire realtà; non è destinato a rimanere utopia.

    

Cavalli di battaglia.

    Altra elementare regola a cui attenersi in un’offensiva è investire lo schieramento nemico nei punti in cui è più debole e meno fortificato. Ora, essendo quello un furbastro, ricco di espedienti ma povero di sostanza, tali “ventri molli” sovrabbondano, ma, quando cede un settore, anche quelli più muniti vengono travolti. Occorre quindi concentrare gli sforzi dove i “sofi” della sovversione barcollano come ubriachi, con argomenti risibili, al limite della paranoia, e sono tanto stolti e ignoranti da non accogersene nemmeno.

    Per fare qualche esempio: la dottrina dell’evoluzione naturale , a torto denominata Darvinismo, che nessuno scienziato “embedded” è più neppure in grado di enunciare, eppure continua a fare scempio di tutte le concezioni biologiche, sociologiche, politiche, economiche, psicologiche “moderne”. Un’altra è l’eco-criminalità, che sta ormai presentando all’Homo sapiens un conto ben più salato di quello che preoccupava i più pessimisti degli anni 60-70. Un’altra ancora è la nefasta equiparazione dei due sessi, con parallela distruzione delle famiglie e crisi demografica dell’Uomo Bianco. Altro conto salato che la gente comune è restia a pagare è quello della religioni, soprattutto cristiane. Tutte “battaglie” che possono essere combattute senza il rischio di tirarsi addosso repressioni politiche, anche se capaci di scardinare completamente gli “immortali principi”. Bandiere da consegnare ai nostri giovani, soprattutto studenti e studiosi, a cuor leggero, affinchè le impugnino con l’irruenza e l’irriverenza che è stata loro propria nei secoli, senza che una mrs.Clinton, un Netanjahu o magari una Fulvia Zevi possano farsi prendere dalle infantigliole.

 

Obbedire !

    Obbedire non limita la libertà, anzi la esalta, quando diventa disciplina, consapevole della propria necessità. Miserevole sarà la fine di ogni esercito che non sappia obbedire. Meglio, cento volte meglio, obbedire ad ordini imperfetti che cercarsela ognuno per conto proprio, la perfezione, o magari…assemblearmente. Come i soviet dei soldati, nel 17, che non potevano sortire che Brest-Litovsk. Anche a comandare, si impara obbedendo. 

Anzi, più alti sono i gradi gerarchichi, maggiore dev’essere in loro il rigore, la disciplina,la responsabilità, e anche la severità contro coloro che mancano al giuramento. Il comando deve significare per loro un dovere e una funzione: in nessun caso un privilegio. Ma esso è un requisito ontologico, non “ideologico” E’ un carattere essenziale dell'”essere come siamo.

     Cioè -lo sappiamo in ogni respiro – fascisti.

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