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Zibì heil

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Una serie di stoccate allo stucchevole buonismo doc dei leccaculo

“Non faremo come voi italiani, la nazionale polacca è solo per i Polacchi”. Zibi Boniek, ex stella di Juventus e Roma e presidente della federcalcio polacca dal 2012, è un fiume in piena.

Intervistato dal Corriere dello Sport demolisce con risposte semplici e dirette la patina politically correct del calcio europeo.

L’occasione è la partita di Europa Leaguein cui la Fiorentina si è giocata una buona parte di qualificazione ai sedicesimi di finale a Poznan. Ma la partita sembra più una scusa perché l’intervista verte tutta sulle presunte accuse di razzismo ai tifosi della squadra polacca, il cui stadio fu squalificato in seguito a cori ritenuti razzisti nella partita con il Basilea – e a cui fu data la possibilità di “rimediare” donando l’incasso della successiva partita ai profughi, solo che i tifosi declinarono l’invito disertando l’incontro – e sul problema razzismo che secondo l’intervistatore attanaglia l’intera Polonia.

Proprio il fatto che la squalifica sia stata tolta dall’Uefa sembra indispettire l’intervistatore Massimo Basile. “La verità è che chiudono gli stadi in modo facile, basta che uno dica qualcosa e tutto viene squalificato” la secca risposta di Boniek. Ma come, riaprire uno stadio pieno di razzisti che osarono, come fa notare l’intervistatore, esporre uno striscione dal testo “Per noi è chiaro e semplice, non vogliamo rifugiati in Polonia”? Anche qui Boniek è secco e diretto, per nulla influenzato dalla superstizione buonista. “Se i Polacchi la pensano così… io dico che dovremmo aiutarli nei loro paesi”.

Apriti cielo. Ma come, aiutarli lì dove hanno la guerra? “Sì, dicono che siano profughi di guerra” risponde scettico Boniek facendo intendere di conoscere benissimo la situazione, ovvero che solo una piccolissima percentuale di profughi proviene da zone colpita dalla guerra. “Vorrei aiutarli, ma la gioventù polacca è scettica. Se raccogli un milione di profughi vuol dire che ne accogli tre, non si risolve il problema. Si aiutano lì, a casa loro. Non facciamo dei tifosi polacchi dei razzisti”.

E poi la bordata finale: “È vero che noi stiamo percorrendo questa strada di far giocare in nazionale solo quelli nati in Polonia, non vogliamo scorciatoie come fate voi che avete tesserato Eder, avete giocatori con due-tre passaporti. Il calcio qui è popolare e deve rispettare l’opinione della gente”.

Una risposta che cortocircuita totalmente chi si pone come paladino della democrazia. Che infatti chiude l’intervista senza avere più frecce. 

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