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Gli Eurasiatisti sognano l'”Impero d’Oriente”

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Dughin e De Benoist ispiratori di una nuova corrente geopolitica


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Quotidiano ANNO VII NUMERO 97 MERCOLEDÌ 7 APRILE 2004


Neoconservatori contro Eurasiatisti. Fedeltà atlantica da un lato, mito dell’Europa unita dall’Atlantico a Vladivostock dall’altro. Sarà questa la futura contrapposizione tra scuole geopolitiche del ventunesimo secolo? Negli anni in cui l’America compie il massimo sforzo di esibizione della propria muscolatura, lentamente si fa strada l’idea che un ordine mondiale alternativo a quello di New York – Washington – Hollywood sia possibile. Per adesso sono idee… l’insubordinazione di Francia e Germania alla chiamata alle armi del marzo scorso non basta a costruire una nuova coalizione militare. Il rafforzamento interno operato da Putin non è sufficiente a rimediare ai danni del marxismo e a ristrutturare la Russia come superpotenza. Eppure il fatto che Parigi, Berlino, Mosca inviino segnali intermittenti di sovranità basta ad accendere nella mente di alcuni geopolitici la fantasia di un grande blocco eurasiatico, che copra la più vasta distesa di terra del pianeta (l'”Heartland”) e ponga un freno o almeno una misura ai sogni messianici di dominio degli Anglo-Americani.


Chi sono gli Eurasiatisti? Tutto cominciò durante la lunga malattia terminale del comunismo. L’Unione Sovietica si disfaceva giorno per giorno e un gruppo di intellettuali si poneva l’obiettivo di salvare la Santa Madre Russia dal naufragio del marxismo. Gli Eurasiatisti avversavano il regime, riscoprivano la religiosità, addirittura leggevano Evola e Guenon. Per loro l’egemonia sovietica sull’Est era l’inversione satanica di una prospettiva più sublime: la creazione di un impero che saldasse Russia ed Europa:Slavi, Latini, Germanici insieme. Un impero proiettato ad Oriente, dove sorge il Sole, e dove Spengler aveva profetizzato che sarebbe sorta una nuova civiltà dopo il tramonto dell’Occidente materialistico.


Su tali fantasie geopolitiche molto influiva il mito della “Terza Roma”, Mosca erede di Roma e Costantinopoli. Ricordo quando Alexander Dughin venne a Roma per partecipare al convegno nel ventennale della morte di Evola. Classico russo da cartolina, con capelli fluenti e grandi occhi acquosi, Dughin salì sul palco e dichiarò solenne: “In onore della grandezza e della eternità di Roma pronuncerò il mio discorso in lingua italiana”. Per un attimo temetti che avesse voluto parlare in Latino… così come la coerenza di fondo dell’introduzione richiedeva. È stato Dughin a introdurre Evola e Guenon in Russia, come pure a creare un ponte tra i nuovi panslavisti russi e la Nouvelle Droite francese. Ultimamente proprio il cenacolo della Nuova Destra francese (il


G.R.E.C.E.) ha dedicato il suo ultimo convegno internazionale alla prospettiva euro-asiatica.


Il 18 gennaio scorso, De Benoist e compagni hanno sondato la possibilità di un nuovo “asse” Parigi-Berlino-Mosca, di un coordinamento che vada al di là della intesa verificatasi agli inizi dell’aggressione all’Irak. L’eco del convegno è rimbalzata in Italia sulle pagine di “Orion” che ha dedicato il numero di febbraio all’argomento, con articoli che inneggiano apertamente a Vladimir Putin. È stata proprio la trionfale rielezione di Putin alla presidenza russa a dare nuova linfa agli entusiasmi degli Eurasiatisti. Putin che governa la Russia con pugno di ferro e combatte gli “oligarchi” (ovvero la piovra finanziaria che ha monopolizzato le ricchezze russe al crollo del comunismo), che rivolge parole cortesi ai partner europei e iscrive le figlie alla scuola tedesca sta diventando il mito di una larga schiera di pensatori “irregolari”. Essi non obbediscono a Rumsfield, non simpatizzano per Bin Laden, avversano le lobby finanziarie ma non si rassegnano al dissolvimento dell’Europa nel mare caldo dell’Islam e dell’Africa. Già, ma l’alternativa di un’Europa slavizzata, piccola appendice fisica dell’Asia accompagna come un ombra le tesi pur interessanti degli Eurasiatisti. Va bene la

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