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A proposito di came-ratti

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e di quegli insegnamenti dimenticati

Tra il reale, l’immaginario e il possibile esistono notevoli differenze ma anche inattesi vasi comunicanti.
Compito non tanto di chi voglia “fare politica” ma di chi abbia una concezione avventurosa, volontarista e protagonista della propria esistenza, è di agire tenendo conto di tutto ciò senza lasciarsi condizionare da schemi troppo rigidi né dall’impressione fallace che quello che c’è oggi sia qualcosa di definitivo che non può cambiare domani.
In cinquant’anni circa che mi interesso di politica ho visto cambiare radicalmente gli scenari tante e tante volte, fino a rivoluzionarli; nessuno però sembrava considerarlo possibile. E poi, una volta entrati in uno scenario nuovo, è come se per tutti questo esistesse da sempre e non potesse cambiare mai.
Nell’approccio con la vita solo chi ha visione prospettica si muove, gli altri galleggiano.
E qui casca l’asino, non soltanto nell’area politica, sempre più contrassegnata da soggetti virtuali che giganteggiano nei social network ma non si vedono mai nella realtà, bensì nella cultura esistenziale di tutti. Che oggi si fonda sul linguaggio binario, sull’estensione illimitata del presente, sul sensazionalismo, sulla fretta, sulla nevrosi, sul tifo insultante da stadio e sull’identificazione di se stessi nel televoto e nel consumismo comunicazionale.
Che sono esattamente i temi e i toni che hanno contrassegnato la polemica sull’Ucraìna.
La quale è risultata degenerativa e scadente non tanto per le riflessioni (le rare volte che qualcuno le ha fatte seriamente) o per le difese di partiti presi, quanto per la sua volgare e superficiale rispondenza ai riflessi condizionati degli schiavi moderni che si pretendono liberti.

Mosca e Washington
Inutile tornare sulla questione, visto che credo di avere sviscerato ampiamente il mio pensiero in merito; pensiero che è stato colto da chi ha avuto la pazienza e la cultura di leggerlo, completamente deformato invece da chi, per tifo pro o contro, lo ha sposato o lapidato per preconcetto.
Invero bisogna aggiungere che, tra coloro che hanno strillato come oche, molti sono giustificati dalla necessità psicanalitica di esorcizzare qualsiasi richiamo al reale. Un fatto comprensibilissimo per chi si è costruito un’identità passiva esclusivamente fondata sulla base del transfer su di un cavaliere esotico e che non può accettare che qualcuno gli dimostri che quest’ultimo va in un’altra direzione. Non ha senso richiamare alla ragione chi sia affetto da questo genere di patologia; è clinicamente impossibile.
Tutt’altra cosa per coloro che, in un modo o nell’altro, riponevano o ripongono aspettative in Putin o comunque nell’intesa eurorussa.
Certamente l’accordo Putin-Obama non giova alle nostre aspirazioni, tenute in vita col lumicino solo dalla diplomazia tedesca. Né lo fa la disfatta strategica russa di fronte all’avanzata strategica americana che da tredici anni in qua procede a rullo compressore.
Neppure aiutano gli accordi commerciali, diplomatici e militari tra Mosca e Washington, e men che meno la guerra civile ucraìna da entrambi sobillata e armata ma fino a un certo punto (il modulo classico della strategia della tensione).
Tutti gli schemi del trip delirante sono andati in frantumi.
La guerra civile ucraìna non è la condensazione di uno scontro di potenza o di civiltà.
Gli accordi e il magna magna tra Mosca e Washington prevalgono sui motivi di attrito.
Allora gli spiazzati dalla realtà si rifugiano in schemi del tutto falsati. Mosca, grande partigiana del Wto e del Fmi, nonché dell’internazionalizzazione delle compagnie energetiche, Mosca che coopera con la Nato “contro il terrorismo” non è antimondialista.
Si ricorre allora ad un antisemetismo d’accatto che dovrebbe rappresentare la chiave di tutto. Su questa base si ammicca e si lascia credere che Mosca sia la preda designata di un sionismo rapace. Poi si fischietta quando Putin accusa gli ucraìni di essere antisemiti e s’ignora che il Cremlino si faccia vanto del fatto che ben sedici oligarchi israeliti detengano colà ruoli strategici. Anche quest’antisemitismo da tastiera, qualunque cosa se ne pensi, fa acqua.
Insomma, quale che sia la ragione per la quale si definisce un dualismo bipolare, qualunque esso sia, la realtà lo nega puntualmente e clamorosamente.

I “came-ratti”
E’ tutto quindi un banalissimo accordo yaltiano? Non c’è niente da fare? Tutto va secondo la commedia?
Non proprio. Permane lo scontro reale tra Inghilterra e Russia, nonché l’alleanza tra Soros e gli inglesi e, soprattutto, la continuazione della guerra civile russa tra trozkisti (Soros) e stalinisti (Putin). E da che parte si debba stare, in questo conflitto che si trova all’interno delle lottizzazioni globali, non penso sussistano dubbi.
Inoltre esistono condizioni oggettive e potenzialità reali per un’intesa almeno parziale tra l’Europa (che non c’è ma se non ci sarà non parliamo di nulla perché non ci sarà neppure il mondo) e la Russia.
In questo senso si deve continuare a guardare con attenzione positiva ad est.
Il che non significa che si debbano negare agli ucraìni la dignità, la fierezza e lo spirito nazionale.
Né, soprattutto, ciò giustifica il fatto che per togliersi dall’imbarazzo che questi apportano alla loro identità virtuale, i rivoluzionari da trip debbano definire came-ratti i camerati, oltretutto di varie nazioni, russi compresi, che combattono per la rivoluzione nazionale nella terra di Kiev.
Né assume valore culturale, politico e men che meno onestà intellettuale, il cantare con il coro sulle atrocità della guerra civile, che non sono unilaterali e che non sono attribuibili ad una parte piuttosto che all’altra; atrocità di cui i responsabili maggiori sono Putin e Obama.
Non è con le scomuniche da tastiera né con lo sposalizio delle calunnie comuniste sui fascisti, sia di oggi che di ieri (ne ho sentite di fregnacce rimasticate sul presunto ruolo atlantista del neofascismo) che si esorcizza la realtà. E nella realtà, qualunque cosa si pensi in proposito, i camerati sono da una parte e dall’altra ci sono persino gli sharp (onore anche a loro).
La realtà non è fatta di ideologismi e di teoremi matematici, la realtà è quella che sconvolge i castelli prefabbricati. Non la si esorcizza, la si vive.

Evola e i tedeschi
Partiamo da un presupposto. Ovvero che non si sia affatto d’accordo con la scelta di Kiev. Io non la vedo così ma concedo – ovviamente solo a chi ha un ragionamento strutturato e una militanza vissuta almeno per qualche minuto – che si possa essere contrari.
Ricordo cosa accadeva un secolo fa.
Mussolini, Corridoni, D’Annunzio, Marinetti, volevano entrare in guerra, a fianco di Francia e Inghilterra contro Austria e Germania per la IV Guerra d’Indipendenza. Per liberare Trento e Trieste.
Julius Evola era contrario, lui voleva che sostenessimo gli Imperi Centrali.
Ebbene mentre i socialisti, legati al loro neutralismo onanista, si misero a insultare Mussolini e a chiamarlo venduto, agente straniero, traditore, infame (insomma siamo ai came-ratti), Evola andò a combattere pur essendo convinto che il fronte fosse sbagliato.
L’abisso tra Evola e i socialisti è un abisso di cultura umana, di razza direi.
Perché il denigrare e l’insultare gli altri, il calunniarli, lo sminuirli, il volerli delegittimare aizzando, eccitando e invitando a considerarli dannati, ignobili, fuori dal consesso umano, scomunicati, è una pratica che risponde a due soli indici si sporcizia interna: una forte patologia psicologica o l’appartenenza a una razza inferiore dello spirito. Che si manifesta nel livore contro tutto quanto non è in condizioni di assoggettare o di irregimentare. 
E’ un abisso, si diceva, di cultura e di razza.
E oggi particolarmente tra gli anti came-ratti l’abisso regna sovrano! Segno dei tempi, e della democrazia terminale che permette a qualsiasi signor nessuno di parlare in nome di non si sa chi e cosa.
Sono i pussisti di oggi, né più né meno; con una sola variante, almeno quelli lì avevano da conquistarsi gli spazi quotidiani e lo facevano, questi qui fuori dal facebook vammeli a trovare.
Per la cronaca, più tardi Evola diede addirittura delle conferenze di formazione alle SS, Mussolini stipulò l’alleanza con la Germania e Marinetti morì di polmonite contratta per essersi recato da volontario sessuagenario sul fronte, alleato dei tedeschi.
Che è come dire che se un accordo domani ci sarà con i russi nulla è più probabile che lo stipulino proprio gli ucraìni che oggi si battono contro le loro ingerenze.
Non è solo una questione di dignità, si può essere solidali con i propri immaginando evoluzioni diverse, se le si perseguono. La vita va così, non come sulle riviste dei sacerdoti dello scientismo rabberciato che sparano cartucce solo col nick name.
In conclusione: per tutti coloro che su Pravy Sektor e sui nazionalisti ucraìni sono perplessi o tendenzialmente ostili, esistono due possibilità nel muovere la loro critica: comportarsi o come i pussisti o come Evola.
Nulla di più facile: seguite la vostra natura, perché non è solo questione di cultura ma soprattutto di razza dello spirito.
E quella è quella che è: non si riesce a simularla né a dissimularla, emerge nella sue essenza.
E’ la Nemesi quotidiana che toglie la maschera in ogni democrazia.

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