Va alla grande la raccolta firme contro la privatizzazione. Ma risulterà inutile
“Acqua per lavarsi, acqua per bere o acqua per fare il bagno?” Acqua per vivere, bene comune, di tutti e per tutti. “Giusta, sacrosanta battaglia, in luglio poi con questo caldo…”. Ironia? Tutt’altro. Il sociologo e saggista Sabino Acquaviva sfata tutti i miti: un milione e 400mila firme per il referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua non segnano il risveglio dell’assopita coscienza degli italiani.
Ma un risultato di questo genere, professore, neanche ai tempi del referendum sul divorzio che pure incendiò gli animi. Sicuro che non sia un ritorno della passione politica?
“No, assolutamente. Vuol dire solo che c’è la passione per l’acqua. Poi un milione di firme con il caldo che fa è ovvio che arrivano. Non è un problema politico, il problema dell’acqua è un problema epidermico. Ed è più forte in questo periodo che l’acqua manca. Secondo me si è fatta adesso la raccolta delle firme perché la temperatura è elevata e quindi si sarebbero raccolte più firme a favore (ride). A parte l’ironia, io non sono né pro né contro, però sa è luglio…”.
Un miracolo però. In un periodo poi in cui le cabine elettorali rimangono vuote, non sarà che invece le persone hanno voglia di partecipare, di tornare ad essere cittadini attivi?
“No macchè, la gente vuole l’acqua. La gente se ne frega della vita politica. L’acqua è importante e nei mesi caldi, in cui ne ha più bisogno, è propensa a lottare per essa. Insomma, non ne farei un problema politico, ne farei un problema molto più banale: ci svegliamo la mattina e ci dobbiamo lavare, vogliamo che ci sia l’acqua, l’acqua fresca, l’acqua corrente, eccetera eccetera. Evviva l’acqua. E’ molto banale il bisogno di difendere l’acqua. Come la difesa della propria privacy, così la propria acqua”.
Insomma, nessun risveglio.
“La mia può sembrare una presa di posizione assurda, ma in realtà è pratica. Io penso a cosa pensa la gente comune, vuole essere sicura di averla e vuole pagarla poco e, soprattutto, ne vuole molta quando fa caldo. Senza filosofia, come diceva un mio vecchio professore: è bello ciò che piace il resto è idiozia”.
Non possiamo quindi leggere che la gente chiede responsabilità ad una classe politica che quando non delega ad altri (vedi il Vaticano) si dimostra incapace di prendere decisioni sul piano etico?
“Che la gente chieda alla classe politica risposte su questioni di carattere etico è indubbio, ma non in questo caso. Riportare questo problema così fisico, così presente, così immediato ad una questione etica mi sembra francamente un’esagerazione”.
Insisto: un milione e mezzo di firme sono tante davvero.
“Mah! Io dico che ci sono dei problemi che attirano l’attenzione della gente, per gli altri 98 la gente se ne frega. Allora, se ci fosse la fame sarebbe il pollastro o la frutta, se manca l’acqua è l’acqua eccetera. Noi tendiamo sempre a dare un significato alto. In realtà la gente è molto più semplice, forse è più semplice di noi, dei giornalisti o di quelli che fanno politica, fantapolitica, para-politica o filosofia politica. In realtà la vita è un’altra cosa, è una strada molto più semplice. Avere l’acqua e averla in questo luglio con 40 gradi, mi sembra un bene giusto e sacrosanto che va difeso. Poi tra l’incoscenza etica e la presa di coscienza etica, ripeto: mah, può darsi”.
Può darsi? Ma allora che ne è dello spirito di reazione del popolo italiano che pure è emerso in vari momenti storici?
“Scusi, di quale popolo sta parlando? L’Italia non è mai stata uno Stato unitario. Dal Medioevo all’età moderna ci sono stati tanti singoli Stati italiani che portavano una cultura propria, la Toscana, il Veneto e così via. Singole regioni che troviamo protagoniste nella storia del Rinascimento o in qualche altra epoca. Ma per il resto sono state in silenzio tombale per secoli. Io lo dico sempre: quale Italia? Da qui si evince tutto”.
Oggi professore, come si esce dal pantano dell’inconscienza?
“Lei vuole la rivoluzione? Questa arriva solo in termini scientifici. In venti, trent’anni di discorsi inutili in realtà la medicina ha aumentato la vita media da sessanta a ottanta e novant’anni. E quanto prima arriveremo ai cento. Questa è la vera rivoluzione, il resto sono chiacchiere. Io ho un’opinione molto personale come lei capisce”.
Ci lascia senza speranza: non sarà che, come è scritto nel suo ultimo libro – Morire. Una rivolta ideale (Gabrielli Editori) – l’unica svolta viene dal paradosso?
“Quello è tutto un altro discorso, il punto è che la nostra società è così malfatta, così ingiusta, piena di corruzione che la morte in un certo senso è una rivolta ideale. Ma non arriverei a tanto”.
di Antonella Loi