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Banda di stronzetti

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Non è più quella scuola lì

 

Moralisti e squallidi fin dai banchi di scuola…. 

«Se vuoi, puoi». «No, non si può, ma se sei furbo lo fai». La Maturità scatena inevitabili istinti di sopravvivenza. O forse sublima quella tendenza a non rispettare le regole propria di un Paese che dimostra un acutissimo bisogno di rispetto della legalità. All’esame di Stato, come e più che nei compiti in classe, se si può si copia. Sbagliato, ma scontato.

Così si copia

Ed ecco che alla vigilia si rinnovano i consigli dei più «sgamati»: bigini e cartuccere da lasciare in bagno; bigliettini e annotazioni nel vocabolario; fogliettini con le date nella penna vuota, formule e mini appunti sulle unghie, sul cerchietto per capelli, nel palmo della mano. È forse tramontata la tecnologia che aveva meravigliato un paio di edizioni fa: l’incredibile orologio-bigliettino, un lettore MP3 provvisto di 2GB di memoria, capace di contenere tantissime informazioni. Porta via troppo tempo e distrae. Meglio il cellulare, opportunamente nascosto, con gli auricolari che spuntano da una manica incredibilmente lunga per temperature che, in quel giorno, è facile prevedere elevate.

 

Ma i «secchioni» non ci stanno

È vero però che anche i prof quel giorno saranno attrezzati e vigili. Meglio quindi non esibire arsenali troppo forniti e, piuttosto, affidarsi all’aiuto del compagno di banco o del secchione di classe. La pensa così un maturando su quattro, secondo un sondaggio di Skuola.net. Rischiando, però, sonore delusioni. Il medesimo sondaggio, dopo aver interpellato 2300 studenti prossimi all’esame di Stato, rivela che tre «secchioni» su 5 non passeranno il compito; mentre 1 su 3 sceglierà chi aiutare a seconda della simpatia. Troppo alta la posta in gioco. Troppo forte il desiderio di primeggiare, di fare bella figura. Il 60% dei candidati – dice la community studentesca – ha paura di essere scoperto. Il 32% afferma che solo al momento dell’esame deciderà se e a chi passare il compito. Un boom inaspettato di secchioni dell’ultima ora, visto che la percentuale di coloro che non passano i compiti durante l’anno non arriva al 7%. Brutta sorpresa per molti, dunque.

 

Come evadere le tasse

E se c’è chi vede quella di copiare come «un’arte» che non si può improvvisare, o una sorta di lavoro collaborativo, da promuovere, c’è anche chi da anni si sforza, con analisi e riflessioni accademiche, di dimostrare che copiare è in niente diverso dall’evasione fiscale. Furto del sacrificio altrui. E che – non sorprende – di solito è chi più copia ad assolvere il copiare.

 

«Troppa benevolenza»

«L’arte di copiare non è estemporanea nè casuale – sostiene infatti Marcello Dei, professore di Sociologia dell’educazione a Urbino – ma è frutto di un processo di apprendimento e di socializzazione che inizia nella scuola primaria, si evolve negli anni della crescita e raggiunge il suo massimo negli ultimi anni della secondaria superiore». Arrivando a cristallizzarsi in quel «vuoto di socializzazione civica» che in età adulta è difficile colmare. «Si copia ovunque – ammette il professore, che alla discutibile “arte” ha dedicato convegni e scritti («Ragazzi si copia. A lezione di imbrogli nella scuola italiana», Il Mulino 2011) – ma nel nostro Paese ciò che rende eccezionale questo fenomeno è la singolare benevolenza con cui viene tollerato».

 

Sarà tolleranza zero?

Ma forse stiamo entrando in zona «tolleranza zero», se il sondaggio della community di studenti si rivelerà attendibile. E chissà che non si possa iniziare a riflettere, a partire dalla scuola, su quei trucchi che – dice Dei – «falsificando la verifica degli apprendimenti, azzerano il merito». 

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