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Bologna: j’accuse

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Ora gli imputati siete voi!

Sintesi degli interventi al convegno della giornata del 27 ottobre 2019 all’hotel Occidental Aran Park di Roma dal titolo

ORCHESTRA ROSSA
Terrorismo e stragi: colpevoli e depistatori. Quali verità?

Strage di Bologna.
Il giornalista Gabriele Marconi ha ripercorso la storia dell’indagine alternativa di cui la rivista Area fu l’araldo agli inizi del Duemila. Nel ripercorrere la pista Saleh, cui egli crede e che ha caldeggiato insieme al giornalista Pellizzaro, ha però sottolineato che l’Fplp era una componente marxista palestinese. 
L’avvocato Valerio Cutonilli, dopo aver ribadito il ruolo importante del giudice Priore nella ricostruzione storica alternativa, chiarite le novità sulla perizia Fresu e richiamati gli altri elementi che si continua a fingere d’ignorare, si è detto indignato dal fatto che si persista a distinguere tra verità storica e verità giudiziaria come se questa non dovesse tener conto di quella, al punto che, pur di mantenere in piedi la tesi che ci si è prefissata, si giunga addirittura a trascurare o calpestare gli elementi di prova e le perizie. D’altronde, egli sostiene, gli apparati hanno inquinato fin da subito dimostrando una collusione imbarazzante con gli attentatori.
L’onorevole Paola Frassinetti, della Commissione stragi, di Fratelli d’Italia, si è lamentata dell’atteggiamento di chiusura ideologica tenuta dai colleghi della sinistra che preferiscono boicottare invece di approfondire. Con il cambio di governo, ha aggiunto, la strada per la verità si è fatta ancor più in salita. Si è detta convinta della necessità di dare megafono all’iniziativa e di farla conoscere in tutta Italia.
Roberto Fiore, già fondatore e capo di Terza Posizione e oggetto acclarato di false incriminazioni da parte dei servizi segreti, ha ripercorso i depistaggi ad opera degli apparati e dell’intero Deep State, ancor oggi attivo e prepotente, che tiene in ostaggio la giustizia e la politica italiana. Un Deep State  emerso dalla guerra e dall’identificazione tra Mafia e Stato risalente a quel periodo.
Nessuna sorpresa per lui che questo Stato profondo abbia depistato e depisti ancora. Gli stessi uomini delle istituzioni coinvolti nel rapimento e nell’uccisione di Moro, e più tardi nei depistaggi della strage di Bologna, si ritrovano anche in omicidi di Mafia. Fiore ha ricordato la testimonianza della segretaria di Piersanti Mattarella che riportava la convinzione e il timore del politico siciliano di venire assassinato dopo un colloquio a Roma con il ministro dell’interno Virginio Rognoni.
Ha infine accusato gli apparati italiani del 1980 di essere stati collusi con gli stragisti da almeno un mese prima dell’attentato alla stazione di Bologna.
Il senatore William Devecchis, della Lega, ha sottolineato che viviamo in una situazione di depistaggio continuo, non solo riguardo la strage di Bologna, ma su ogni piano: culturale, legale, sociale, etnico e morale. Ha infine ribadito il suo impegno per una controffensiva istituzionale.
Gabriele Adinolfi, già fondatore e capo di Terza Posizione e oggetto acclarato di false incriminazioni da parte dei servizi segreti, ha riepilogato indizi e prove dell’intera stagione dello stragismo a carico dell’Orchestra Rossa, costituita sulla dorsale appenninica fin dal tempo della guerra quando servizi militari americani e guerriglieri comunisti andavano a braccetto. La sua lista è stata lunga (Piazza Fontana, Ambasciata Usa di Atene, Segrate, Questura di Milano, Sequestro Minguzzi, Rapimento Sossi,  Piazzale della Loggia, Italicus, Caso Moro, Rapido 904) e ha tracciato la mappatura delle complicità che, a suo avviso, nascono da esperienze antiche (Guerra di Spagna, Reti partigiane) e da un humus ideologico e spirituale comune in certe minoranze internazionaliste con suggestioni messianiche.  Un humus in cui emergono i ruoli del Mossad e dell’Hva-Stasi ma anche della relazione tra Azionisti di Giustizia e Libertà e Internazionale Trozkista.
Più che le etichette (per Adinolfi quella palestinese è quanto meno impropria) contano dunque la sostanza e l’essenza della rete del terrore. Chi non conosce il nemico e chi non conosce se stesso è sempre perduto.
Mikhail Kuznetsov, giurista internazionale russo, disposto a coordinare i lavori della controffensiva giuridica, ha messo l’accento sulla relazione tra Ustica e Bologna. Ha poi sottolineato il ruolo  nel terrorismo della DDR (ovvero la comunista Germania dell’est), in particolare ad opera delle sue dirigenze trozkiste che avevano una sorprendente disinvoltura nei rapporti internazionali. Ha quindi affermato che la destra radicale non può essere coinvolta nella strage perché non ne aveva alcun movente.
Kutznetsov ha ribadito la disponibilità sua e di altri colleghi per l’istituzione di un Tribunale Civile Internazionale al fine di riparare al vulnus della giustizia italiana. L’idea è di mettere assieme giuristi autorevoli di diverse nazioni al fine di spostare dall’Italia il giudizio per evidenti motivi di legittima suspicione.
Lo si deve soprattutto a quelli che hanno subito condanne e detenzioni ingiuste. Di un giudizio internazionale serio lo Stato italiano dovrà prendere atto.
Il giornalista Massimiliano Mazzanti, che segue per Il Secolo il processo istruito a Bologna contro Gilberto Cavallini, ha ricordato il ruolo della rete del Kgb nel terrorismo e la straordinaria assenza nei racconti storico-giuridici di questo convitato di pietra. Ciò premesso, ha insistito sul fatto che non ci si debba far prendere dalla frenesia di spiegare cosa sia accaduto a Bologna ma prendere atto che ormai, dopo la perizia Fresu, si sono capovolti i ruoli e che quello della parte perseguitata ormai non è più di difendersi ma di attaccare, d’inquisire, di assumere il ruolo di pubblico ministero.
La scoperta tangibile di un’ottantaseiesima vittima e il fatto che si sia tentato e si tenti disperatamente di nasconderne l’esistenza dettano più di una domanda probabilmente retorica.
Il problema risiede nel Tribunale stesso di Bologna. Emblematicamente ha rammentato la distruzione dei sacchetti che contenevano il terriccio del terreno ove si è verificata l’esplosione, ordinata in contemporanea con l’apertura del processo Cavallini: una decisione eclatante nel dimostrare come ci si allontani costantemente dalla verità oggettiva. I depistaggi della strage di Bologna, insiste Mazzanti, li ha compiuti soprattutto il Tribunale di Bologna. Ma esso gode di coperture importanti. Troppe delle persone che hanno depistato sono ancora attive nelle strutture politiche, giudiziarie e istituzionali, ma non dobbiamo dar loro tregua!

In conclusione, quali che siano le diverse posizioni interpretative sulle dinamiche della strage di Bologna e sull’ordine gerarchico delle relative complicità, l’impegno preso dagli organizzatori è quello di proseguire:
a) nell’istruttoria del processo internazionale;
b) nella campagna capillare di controinformazione da pianificare in tutta Italia;
c) nell’assumere infine il ruolo, non più di difesa, ma del J’accuse.

Dopo la conferenza del 29 gennaio scorso al Flyon Hotel di Bologna, il convegno di Roma è solo la seconda tappa pubblica di una controffensiva.

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