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Brescia: una sentenza da venticinque luglio

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La verità? Cosa conta la verità?

 

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Le condanne di Maggi, in fin di vita, e di Tramonte per la strage di Brescia erano nell’aria. Si doveva consegnare alla storia giudiziaria un colpevole nero. Sono state infinite le false piste, le accuse senza senso susseguitesi per quel delitto, ma ogni volta si è tornati al capolinea perché non avevano alcun costrutto. Spesso, anzi, le manovre d’incastro erano così grossolane che fu impossibile celarle.

Eppure gli inquirenti sanno quello che sappiamo noi, perché l’abbiamo letto negli atti in loro possesso; sono perfettamente al corrente di come andarono quelle stragi ed è assurdo che insistano a cercare altrove. Per piazza Fontana ci sono forti indizi, per la Questura di Milano c’è il colpevole preso in flagrante, per Brescia, per l’Italicus e per Bologna ci sono le prove, solo che non si è mai voluto procedere, anzi si è costantemente depistato, perché la verità non collimava con l’impianto su cui si fonda l’intero sistema.
A piazza della Loggia, a Brescia, abbiamo un cadavere con il braccio troncato dalla bomba che stavo collocando e che avrebbe dovuto esplodere a comizio finito ma gli scoppiò tra le mani. Abbiamo ancora due brigatisti del Superclan, il gruppo del terrore bombarolo che poi fonderà Hypérion, Lintrami e Morlacchi, presenti in piazza. Si daranno alla macchia. Morlacchi, che fa parte dell’Esecutivo BR, verrà rimandato indietro dalla frontiera della Germania Orientale perché “non si può concedere asilo a una persona che ha partecipato a un attentato con esplosivo che ha causato la morte di civili”. Parola di Stato comunista…
In quel maggio 1974 la Questura imboccò immediatamente la pista giusta ma l’allora Capitano dei Carabinieri Delfino, futuro Generale che finirà poi degradato a milite semplice per traffici loschi di ogni genere, venne incaricato dal ministro dell’interno, il capo partigiano Taviani, quadro dirigente della Gladio, di depistare per evitare che il Partito comunista incontrasse difficoltà nella sua entrata in area di governo, caldeggiata allora dal Segretario di Stato americano Kissinger.
Poi abbiamo la telefonata registrata tra la moglie dell’ambasciatore cubano e la direttrice dell’associazione Italia-Cuba che le dice letteralmente di essere a conoscenza fin dalla vigilia dell’attentato in preparazione. Le carte con la registrazione della telefonata sarebbero finite “per errore” in un cassetto sbagliato e, quando infine sarebebro venute alla luce, i giudici avrebbero ritenuto irrilevante interrogare Margherita Ragnoli, la segretaria che aveva fatto quell’ammissione. Irrilevante!…

Insomma è il segreto di pulcinella. Tutte le stragi in Italia non sono né fasciste, né di Stato (i servizi hanno depistato, non messo le bombe). Alcune furono commesse per conto di servizi stranieri, altre, come quella di Bologna, videro i portatori di esplosivo sacrificati a loro insaputa sempre da servizi stranieri, altre, come quella di Brescia, avvennero involontariamente, per imperizia, quando si voleva comunque commettere un attentato a piazza vuota. Gli autori furono sempre rossi ma sarebbe improprio definirle stragi rosse.

Di rosso c’è la vergogna di un Paese che continua a cercare altrove per non fare mai i conti con la storia del suo dopoguerra, fatta di violenze e d’ipocrisie.
Che questa sentenza giunga alla vigilia di un venticinque luglio dovrebbe far pensare.
Lo stragismo in fondo è figlio patrilineare della filosofia politica del Cln e del clima di odio civile che si sarebbe protratto per buoni quarant’anni. Oggi si potrebbe tranquillamente dire la verità, ma non lo si farà perché sono in troppi, in ognuna delle diverse istituzioni italiane, ad avere debiti diretti con qualcuno che fu colluso, corresponsabile o omertosamente complice di qualcosa che si continua a negare e la cui copla si scaricherà, more solito, su chi ha già altri ergastoli, è morto o è in fin di vita.

Anche questo esprime perfettamente l’etica del mondo che ci hanno regalato quelli che pretenderebbero d’insegnarci a vivere. Buon venticinque luglio italiani, in fondo è una festa che vi si addice! 

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