Altro che scontro di civiltà: il clero wahabita saudita – punto di riferimento di tutti i fondamentalisti islamici del pianeta – non solo non sostiene, ma addirittura condanna la resistenza irakena contro gli occupanti statunitensi.
16 novembre 2004 – Il “fondamentalismo islamico” associato con il clero wahabita dell’Arabia Saudita viene presentato con disinvoltura alla pubblica opinione degli USA come una minaccia per la sicurezza dell’America.
Viene detto che gli insorti in Iraq sono sostenti da ricchi donatori sauditi ed associazioni di beneficenza islamiche. Secondo i media occidentali, le stesse organizzazioni e fondazioni religiose dell’Arabia Saudita e degli stati del golfo che hanno sostenuto i talebani ed al Qaeda, compreso il “nemico numero uno” Osama bin Laden, adesso sostengono i “terroristi” in Iraq.
Questi resoconti distorcono la natura del movimento di resistenza iracheno. La campagna di propaganda dell’amministrazione consiste nel ritrarre quelli che combattono contro l’occupazione USA come dei “terroristi islamici”.
Il fatto che conta è che il “fondamentalismo islamico”, compresa la sua serie di fondazioni e associazioni di beneficenza fuori dell’Arabia Saudita, non sostengono il movimento di resistenza in Iraq. Infatti, è proprio il contrario.
Il capo della commissione suprema degli ulema e muftì dell’Arabia Saudita, Shaykh Abd-al-Aziz Bin-Abdallah Al al-Shaykh, recentemente ha emesso una fatwa (decreto religioso islamico) che proibisce ai giovani sauditi di unirsi al movimento di resistenza iracheno:
In precedenza, l’ambasciatore saudita a Londra, principe Turki al-Faysal, ha fatto delle dichiarazioni rigettanti la dichiarazione emessa da ulema sauditi che esprimeva simpatia verso i difensori di Al-Fallujah. Egli ha veementemente criticato questi ulema.
E qui entra in gioco Shaykh Abd-al-Aziz Bin-Abdallah Al al-Shaykh, capo della commissione suprema degli ulema e muftì dell’Arabia Saudita, emettendo una fatwa (decreto religioso islamico) con il quale proibisce la lotta in Iraq contro gli occupanti ed avverte i giovani sauditi dall’unirsi ai loro fratelli che resistono con il pretesto che andare in Iraq non serve a niente ed è denso di rischi. (Editoriale di Al-Quds al-Arabi, Londra 14 novembre 2004).
Questa decisione del muftì saudita e della commissione degli ulema non dovrebbe essere una sorpresa. Il “fondamentalismo islamico” è stato coerentemente utilizzato per sostenere gli interessi della politica estera degli USA.
L’intervento militare USA in Afghanistan negli anni ’80 è stato sostenuto dai missionari wahabiti provenienti dall’Arabia Saudita, che addestrarono i talebani (“diplomati”) nelle madrassas sponsorizzate dagli USA in Pakistan ed Afghanistan. La dottrina wahabita non si sarebbe diffusa nel modo nel quale lo è stata senza l’appoggio dei servizi segreti USA.
Dagli anni ’80 la CIA ha fornito addestramento alla guerriglia in Pakistan, che veniva integrato con gli insegnamenti dell’Islam.
Al Qaeda era una creatura dei servizi segreti USA che è stata messa assieme con il sostegno dei servizi segreti pakistani e sauditi:
“E’ stato il governo degli Stati Uniti a sostenere il dittatore pakistano Generale Zia-ul Haq nel creare migliaia di scuole religiose dalle quali sono emersi i germi dei talebani”. ((Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA), Dichiarazione della RAWA sugli attacchi terroristici negli USA, Centre for Research on Globalisation (CRG), http://globalresearch.ca/articles/RAW109A.html , 16 settembre 2001)
La “jihad”, in questo caso, è stata montata per conto di Washington per destabilizzare il governo secolare afgano che al tempo era appoggiato dall’Unione Sovietica. L’Arabia Saudita operò intimamente con Washington nel reclutamento dei mujahideen (guerrieri santi) per combattere contro l’Unione Sovi