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In Egitto il team di archeologi guidato da Bérangère Redon ha appena effettuato un’importante scoperta all’interno della miniera di Ghozza, dove si estraeva l’oro durante il regno tolemaico.
La scoperta riguarda il ritrovamento di due catene di ferro, che venivano probabilmente usate per tenere imprigionati i minatori all’interno della cava, così che scavassero più a lungo.
Le catene erano molto pesanti e spesse e sono state conservate per oltre 2.500 anni all’interno di un vecchio magazzino, dove i proprietari della cava conservavano diversi strumenti. Il loro ritrovamento ha ottenuto l’interesse della comunità archeologica mondiale, visto che permette di comprendere meglio quali erano gli usi e i costumi dell’Egitto tolemaico, culturalmente molto differente rispetto a quell’epoca classica di Ramses II o di Amenofi I.
È infatti molto probabile che durante il regno dei faraoni tolemaici all’interno delle cave coabitassero sia liberi professionisti (minatori di professione), che schiavi, obbligati dalla società a lavorare in condizioni disumane.
Il ritrovamento delle catene all’interno della miniera di Ghozza è stato l’argomento proncipale di un articolo che è stato pubblicato all’interno della rivista (dal nome molto lungo) “The Archaeology of the Egyptian Eastern Desert: Recent Discoveries and Research”.
L’oro ottenuto a Ghozza consentì ai faraoni macedoni di finanziare grandi opere pubbliche, come il faro o la biblioteca di Alessandria, oltre che nuove campagne militari.
Altre informazioni relative alle condizioni di vita degli schiavi nelle miniere egizie vengono oggi inoltre ricavate dagli scritti di Diodoro Siculo, che descrisse questi luoghi come “prigioni infernali”.