La politica che non c’entra prova a incassare la rendita di quel poco che in Italia non è in fallimento
La New Space Economy sembra finalmente avere imboccato la strada giusta per questo comparto economico, finanziario industriale che, a livello globale, attualmente si stima sui 300 miliardi anno. Per molti analisti e banche di investimento, Morgan Stanley in testa, la cifra potrebbe però moltiplicarsi molte volte entro il 2040.
Molti di noi, in questo cinquantesimo della conquista della Luna, si sono forse accorti che siamo passati in questi decenni dalla “conquista” dello Spazio, una specie di nuova epopea fra sovietici e americani per dimostrare la propria supremazia, all’utilizzo e sfruttamento dello spazio stesso per il nostro benessere anche quotidiano. Sono tanti infatti i satelliti che noi utilizziamo continuamente senza saperlo, da quelli di posizionamento, veri factotum del settore che ormai si adattano anche ad indicarci la via per trovare un ristorante adeguato, alla sorveglianza del suolo, risorse, traffico aereo, marittimo e su ruota. Praticamente si pensa che in media non riusciamo a stare più di 15 minuti senza utilizzare, indirettamente, un servizio fornito da uno degli oltre 1500 satelliti di utilità in orbita.
La catena di valore economica, finanziaria, industriale e scientifica insomma è completamente cambiata e se fanno colpo, giustamente, i progetti dei grandi Stati per l’esplorazione di Luna e Marte, consideriamo anche che oggi sono molte le nazioni, anche in Africa, che hanno un loro proprio satellite per l’osservazione del proprio suolo o coste.
La vera esplosione del settore è dovuta a due fattori essenziali, l’apertura ai privati dell’utilizzo dello Spazio e la incredibile rivoluzione tecnologica. Il primo punto, iniziato negli Usa 5 anni fa circa, ha visto Nasa cedere tecnologie e know how al settore privato, per disposizione del Presidente Usa, e il primo che ne ha beneficiato è stato Elon Musk con la sua SpaceX, che oramai fa servizio continuo con la Iss con contratti miliardari.
Lo sviluppo tecnologico ha visto poi la comparsa di satelliti micro e nano, di volume multiplo di un litro. Certo le prestazioni sono inferiori a quelle possibili, per esempio, ai grandi satelliti europei Copernicus, per il monitoraggio della Terra, ma restano molto buone per un fine specifico e i costi di costruzione, lancio e gestione, crollano anche a poche centinaia di migliaia di dollari.
In questo scenario si colloca lo sforzo di Governo, Agenzia spaziale italiana e settore industriale e scientifico, che ha permesso al nostro Paese di uscire nel migliore dei modi, dalla recente riunione in cui, a Siviglia, i ministri di 19 nazioni europee hanno deciso come ripartire nei prossimi anni i 14 miliardi che erano sul tappeto.
È andato tutto bene per noi, l’Italia ha aumentato di un miliardo il proprio contributo, compreso quello all’Agenzia Spaziale Europea, Esa, in cui siamo a un’incollatura dal contributo di Francia e un po’ più distante da quello della Germania, rimanendo i terzi contribuenti in Europa. L’Italia ha d’altronde la filiera completa dello Spazio, ad iniziare dai lanciatori, campo in cui Avio ha la gestione completa del razzo vettore Vega, formalmente europeo, ottimo per economicità e sicurezza, che ora vedrà lo sviluppo di Vega C e Vega E, nuovi modelli per carichi più pesanti di quelli possibili oggi e, rispettivamente, anche più leggeri.
Con Thales Alenia Space sappiamo costruire satelliti impegnativi per le telecomunicazioni, il telerilevamento, l’osservazione della Terra e lo studio del sistema solare con missioni eccezionali come Exomars2020, che porterà un sofisticato rover europeo sul Pianeta rosso. A giorni poi, 17 prossimo, partirà dalla Guyana Francese il primo satellite, basato su tecnologia radar, della seconda costellazione CosmoSkyMed, satelliti che si sono dimostrati un asso nella manica per l’Italia.
Una volta che i dati vengono trasmessi a Terra vengono catturati da Telespazio, al Fucino o Matera e poi anche gestiti a livello di applicazione e-Geos, che si occupa proprio della gestione dati per tante applicazioni fin poco tempo fa impensabili. Ma questo non è tutto perché dobbiamo metterci vicino le oltre 250 pmi che sono sorte nel settore e che si occupano dei campi più disparati, dall’eliminazione dei detriti spaziali alle tante applicazioni per l’utilizzo dei dati spaziali dall’agricoltura in avanti. Su tutte queste tematiche si apre oggi, alla Fiera di Roma, un convegno di 3 giorni che affronterà, con relatori ospiti dai 5 continenti, sia della New Space Economy come della Old Economy le nuove potenzialità dell’ecosistema spaziale.
Il Convegno si annuncia molto denso: «Investire nello spazio – commenta Roberto Battiston, Chair del Comitato scientifico – significa puntare al futuro, anche in termini di miglioramenti concreti della vita sulla terra, dal settore della medicina a quello dell’agricoltura, passando per la mobilità e la sicurezza»