“(…) Parlare di fede e di Cristo come ha fatto Dostojevskij per me è insoddisfacente, disonesto. (…) Dostojevskij (…) professa una fede confusa e razzista. Non lo voglio per compagno di strada nel mio cammino notturno, non lo voglio (…) Mi scelgo un altro compagno di strada. Uno scrittore che non ha mai parlato di Dio, non Lo ha mai nominato e che, in qualche modo, in tutti i suoi scritti non ha fatto altro che dialogare con Lui: scelgo l’ebreo di Praga Franz Kafka. (…) Una volta mi capitò di dovermi prendere cura di un vecchio omosessuale ottantenne, completamente solo in Italia, che aveva passato la vita da parassita, divertendo magnati, industriali, re della moda: procurava loro donne (ballerine, giacché si occupava di operette), ragazzi (giacché si occupava di ragazzi) e in cambio ogni giorno aveva qualche invito a cena in case lussuose, e a natale e a pasqua (minuscole nell’originale, n.d.t.) riceveva doni in denaro. (…) Questo vecchio, alla morte di mio padre mi aveva portato in una sinagoga, per la prima volta dopo trent’anni. Lo vidi pregare, sapeva a memoria le preghiere, e quando non le sapeva mormorava sillabe senza senso, imitando l’ebraico. (…) Quando si ammalò (…)visse i suoi ultimi mesi di vita (nella casa di riposo “Gentiluomo”, n.d.r.).Il suo letto, gli abiti, portavano tracce di sterco: il suo ano era allargato a dismisura per le tante penetrazioni subite. Dopo un anno di questa vita improvvisamente il mio protetto peggiorò e in pochi mesi morì”.
Giorgio Pressburger, Della fede. Incontro con Dostojevskij, “Nuova Corvina” (Budapest), 11, 2002, pp. 118 e 152.
L’Autore, miracolosamente scampato all’Olocausto (quando era bimbo, un soldato tedesco gli offrì una caramella all’arsenico), è stato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest. Il Presidente della Repubblica, S. M.Ciampi, lo ha insignito della Commenda. Collabora al “Corriere della Sera”.