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Corsi e ricorsi

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Quando Kiev rimanda a Berlino

Il cinquantasettesimo battaglione della Charlemagne, composto di trecento uomini agli ordini dell’ Haupsturmführer Fénet, conosceva le sue Termopili a Berlino dal 26 aprile al 2 maggio 1945.
Per loro merito la Cancelleria, dopo il suicidio del Cancelliere, avvenuto il 30 aprile alle 15,30, restò inviolata per tutto il 1 maggio e capitolò solo il 2 inoltrato.
Da allora il 2 maggio ha segnato, nel profondo e nel subliminale, il simbolo di quel polo carolingio della Nuova Europa che si farà, malgrado i parassiti di Bruxelles e i coglioni euroscettici.
L’esercito sovietico (o russo se preferite) che aveva chiuso Berlino a tenaglia era composto di un milione di soldati. Appoggiati da una fortissima artiglieria, dall’aviazione e da una miriade di carri armati.
In una settimana i difensori di Berlino ne distrussero più di ottocento. La sola Charlemagne ebbe nel palmarès ben settatntaquattro carri distrutti: un autentico primato visto l’esiguo numero di combattenti francesi.
I sovietici catturati durante la battaglia spiegarono che i carristi erano obbligati a prendere posto con la pistola puntata alla nuca dai commissari politici, talmente temevano i panzerfaust dei difensori e particolarmente quelli dei francesi.
A sessantanove anni di distanza, in Ucraina, dove aveva avuto luogo uno dei più importanti combattimenti della Charlemagne, proprio il due maggio si è tenuta una battaglia tra nazionalisti ucraìni e imperialisti russi. I quali hanno subito perdite notevolissime.
Non c’è identità in questo parallelo storico.
Eppure….
Eppure da parte ucraìna ci sono camerati che si rifanno alle Waffen SS e che inalberano le Rune, e sono camerati di varie nazioni.
Dalla parte imperialista russa ci sono sharp, anche sharp italiani (e comunque onore anche a loro).
Non è poco. 

Anche se per il resto gli uni e gli altri sono contrapposti nella logica della Yalta ricostruita e manovrati dal Cremlino e dalla Casa Bianca che, contro il parere tedesco, puntano entrambi a spingere Kiev nella Ue e nella Nato e a non far tagliare le spese militari dei rispettivi governi.
Niente di male: russi e americani si fanno gli affari loro, come sempre hanno fatto.

A sessantanove anni di distanza non è la battaglia ucraìna la prosecuzione di quella berlinese ma i campi, all’interno di quell’inevitabile strategia della tensione, sono chiari. Chiari per tutti quelli che le armi le imbracciano. Un po’ meno per quelli che si masturbano nei forum e nei social-network mandano in onda il fantasy, facendosi come sempre un altro film.
Gente che combatte solo deformando la realtà, insultando i combattenti e lo fa taggando e commentando sui profili facebook. Particolarmente sul mio.
Per loro ovviamente il  camerata era Zukov e la Charlemagne sbagliò geopolitica.

Sapete, quella “scienza esatta” per la quale Russia e Usa devono combattersi per forza. Peccato che russi e americani non la conoscano visto che dal 1867, ovvero da quando Washington guardò per la prima volta oltre le proprie frontiere, ad oggi, non si sono scambiati mai neppure un colpo di fucile.
Ma vedrete che prima o poi succederà e il melting pot neosovietico gestito da oligarchi plurimiliardari ci salverà da quei neonazisti che credono ancora nell’indipendenza e nella fierezza dei popoli. Che vergogna!

 

P.S. Il 24 aprile ho partecipato a Torino ad un brunch con dieci deputati russi legati a Gazprom.
Sul pullman si sono messi a cantare “Bella ciao”.
Ci sta tutto. Non mi scandalizza che lo cantino loro, basta saperlo.
Così come non mi scandalizza affatto fare accordi privilegiati con Mosca. Da Europeo non da suddito. 

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