martedì 8 Ottobre 2024

Così leggono il grande caldo

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Tesi e costi della sostituzione di temperature

Il maltempo dei giorni scorsi nel nord Italia, specialmente a Milano, stanno rivelando gli effetti del cambiamento climatico. I danni sono ancora da stimare. Banca d’Italia intanto in uno studio ha stimato gli effetti sulla nostra economia.

I settori colpiti dal cambiamento climatico in Italia
Un progetto di ricerca della Banca d’Italia” misura l’impatto delle variazioni climatiche sull’attività economica, in particolare di quella dei settori più esposti (ad esempio, quello agricolo oppure turistico) e analizza alcune delle politiche per l’adattamento e la mitigazione.
Gli esperti di via Nazionale sottolineano in primis come un incremento di 1,5 gradi “potrebbe condurre ad avere nel 2100 un livello di Pil pro capite tra il 2,8 e il 9,5% inferiore rispetto allo scenario base con temperature stabili. L’agricoltura è il settore più esposto al rischio fisico generato dai cambiamenti climatici perché la temperatura e le precipitazioni sono fattori di produzione delle colture”.

L’agricoltura è inoltre, dice Bankitalia, esposta a eventi estremi come le grandinate, ma sono pochi gli agricoltori italiani assicurati contro questo tipo di rischio, nonostante la presenza di sussidi statali. Un’analisi econometrica su mais, grano duro e uva da vino rivela che nel caso italiano gli effetti negativi sulla resa di queste colture si manifestano quando la temperatura sale oltre i 29°C circa per i cereali e oltre i 32°C nel caso dei vitigni. Oltre all’agricoltura, colpito, in particolare, anche il turismo legato allo sci a causa della scarsità di neve naturale dovuta all’aumento delle temperature. Banca d’Italia scrive:

“I nostri risultati indicano che, in media, nel periodo considerato un metro in meno di neve nel corso della stagione è associato a una diminuzione dell’1,3% di passaggi negli impianti, a parità di altre condizioni. Le proiezioni al 2100 prevedono che il calo della neve caduta in inverno sia tra il 30 e il 45%, a causa di minori frequenza e intensità delle nevicate. Secondo le nostre stime, una riduzione del 40% nella quantità di neve in una stagione implicherebbe in media una diminuzione del 7% di passaggi negli impianti, che potrebbe essere ben più severa nelle località che si trovano più a bassa quota. L’innevamento artificiale non appare in grado di per sé di sostenere la domanda turistica legata agli sport invernali”.

Gli analisti di via Nazionale sottolineano come un incremento di 1,5°C “potrebbe condurre ad avere nel 2.100 un livello di Pil pro capite tra il 2,8% e il 9,5% inferiore rispetto allo scenario con temperature stabili”.
Per l’Italia, i vari modelli climatici concordano nel prevedere un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto al periodo 1981-2010). Negli scenari più sfavorevoli, l’aumento della temperatura è molto più elevato. È attesa una diminuzione delle precipitazioni estive, principalmente nelle regioni centrali e meridionali, che però si accompagna a un aumento della loro intensità. È previsto un generalizzato aumento degli eventi climatici estremi.
Il progetto di ricerca della Banca d’Italia sottolinea anche che in Italia l’attività innovativa green è in calo dal 2008, in misura maggiore rispetto ad altri paesi europei, con un legame evidente fra finanziamenti e transizione ecologica, laddove una maggiore offerta di credito aumenta la propensione delle imprese ad investire in tecnologie verdi.
Nel settore automobilistico, dopo il 2015 le imprese italiane hanno acquisito le competenze necessarie ad affrontare la transizione verso l’auto elettrica, ma scontano ancora un ritardo rispetto ai concorrenti francesi e tedeschi.

Le strisce climatiche realizzate dal progetto Highlander, finanziato dall’Unione europea, hanno tracciato il cambiamento delle temperature in Italia dal 1981 al 2020. Segnalano le maggiori anomalie di temperatura Venezia, Trento, Bologna e Milano. Meno pronunciate quelle di Catania, Napoli e Palermo. Firenze e Roma fanno quasi media nazionale. Al sud è più caldo l’entroterra, con città come Modena, Arezzo e Foggia. Paola Mercogliano, ricercatrice del Centro euromediterraneo per il cambiamento climatico (Cmcc), spiega:
“Una delle zone che si è riscaldata di più ad esempio è la Val Padana. Si tratta di fenomeni complessi. Per ogni area andrebbero prese contromisure specifiche”.
La media della temperatura sul periodo 1981-2020 è calcolata su base trentennale, nel nostro caso 1981-2010. Questo perché i climatologi usano spesso tre decadi per avere una media. Considerato che l’aumento delle temperature era già iniziato, l’andamento è ancora più allarmante.

2022 anno più caldo dal 1800
La pubblicazione inoltre rivela come il 2022 sia considerato l’anno più caldo mai registrato dal 1800. L’aumento delle temperature è stato di quasi un grado centigrado più alto (0.96 °C) rispetto alla media calcolata nel trentennio 1990-2020. L’incremento maggiore – come evidenziato da Bernardo Gozzini, direttore consorzio LaMMA in base ai dati Cnr-Isac – si è avuto nelle temperature massime che hanno segnato un incremento del 1.2 °C, mentre per quanto riguarda le minime i dati fino a settembre pongono il 2022 al terzo posto come anno più caldo. Il primo posto va, infatti, al 2018 con uno scarto di 0.67°C.
In Europa, invece, a tutto settembre, il 2022 è al terzo posto come anno più caldo dal 1800 mentre a livello mondiale scende al quinto posto. Dati alla mano – sottolinea Gozzini – “l’Italia sembra essere un po’ al centro di questo cambiamento climatico” tanto che si registra una tropicalizzazione maggiore.

Le previsioni per il 2024
Le previsioni per il futuro sono alquanto fosche. Secondo la Nasa, il 2024 sarà ancora più caldo di quest’anno. Colpa dell’effetto prodotto da El Nino, il fenomeno periodico legato all’incremento delle temperature nell’Oceano Pacifico, ha spiegato Gavin Schmidt, climatologo e direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa. A suo avviso, “fin quando immettiamo gas serra nell’atmosfera le temperature continueranno a salire”.

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