Il risultato di politiche che mancano di progettualità, di autonomia, di amore per il proprio paese
ROMA – Il tasso d’inflazione annuo ad agosto è salito al 2,8% dal 2,7% di luglio. Si tratta del livello più alto raggiunto dall’ottobre del 2008. Lo rileva l’Istat, confermando le stime provvisorie, che indicano un aumento dei prezzi su base mensile dello 0,3%. Ad agosto la dinamica dei prezzi ha risentito dei costi dei beni energetici non regolamentati (carburanti), ma anche dal rialzo congiunturale dei prezzi servizi legati ai trasporti.
Corrono benzina e alimenti. Ad agosto la benzina è aumentata del 16,1% (dal 13,5% di luglio) su base annua e dell’1,2% su base mensile. L’Istat aggiunge che il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto è salito del 20,3% in termini tendenziali (dal 17,4% di luglio). Si tratta del rialzo più alto dall’agosto del 2008, ovvero da tre anni. Su base congiunturale il gasolio ha segnato un aumento dell’1,4%. Anche il carrello della spesa ha registrato un aumento di prezzi superiore alla media. Per il raggruppamento dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti) la crescita è stata del 3,6% su base annua (il valore più alto dall’ottobre del 2008) contro un tasso di inflazione al 2,8%. Rispetto al mese precedente, l’indice dei prezzi della lista dei beni che rientrano nella spesa quotidiana ha messo così a segno un’accelerazione (era +3,4% a luglio).
L’allarme di Confindustria – Il Centro studi di Confindustria, intanto, ha rivisto in peggio le stime sulla crescita: nel 2011 il Pil italiano si attesterà allo 0,7%, per poi crollare al +0,2% nel 2012. Sull’anno prossimo, infatti, “incidono gli effetti di tre manovre per complessivi 38,4 miliardi”. A giugno il Csc aveva previsto una crescita dello 0,9% quest’anno e dell’1,1% nel 2012. Ma “il cambiamento del quadro internazionale e di quello interno hanno portato il Csc – spiega il direttore Luca Paolazzi – a rivedere in peggio le previsioni”.
L’Italia soffre, ormai da qualche decennio, “il mal di lenta crescita”. E “questo male va aggredito con una terapia d’urto, uno short sharp shock”. Confindustria torna dunque a sollecitare il governo sul fronte delle riforme: “Agendo contemporaneamente su un insieme di fronti, il Pil – afferma il Csc – può aumentare di decine di punti percentuali in un arco di tempo ragionevole”. Per il Csc “la cura drastica, di cui il risanamento dei conti è parte necessaria, ma non sufficiente, verrà condivisa e diventerà pienamente efficace se chi ha l’onore di rappresentare il popolo italiano saprà per primo rinunciare a posizioni di rendita e privilegi”. Inoltre, solo se il governo varerà un piano d’interventi a favore dello sviluppo, il Pil nel 2012 potrebbe salire all’1,5% e di un ulteriore punto percentuale nel 2013.
In sostanza, secondo Confindustria, ciò che manca oggi sono le politiche di stimolo alla ripresa, e il governo si assume una “responsabilità gravissima”, come ha ripetuto oggi la presidente Emma Marcegaglia, se non procede con riforme e “decisioni chiare”. Anche perché, rimarcano gli industriali, la manovra ”è fatta prevalentemente di entrate” tanto che la pressione fiscale ”raggiungerà quest’anno il 42,8% e l’anno prossimo salirà al 44,1%, oltre il massimo storico del 43,7% toccato nel 1997 per l’entrata nell’euro”.
Anche il benessere degli italiani è in declino e secondo gli analisti di Confindustria è tornato ai livelli del 1999: “In termini assoluti il Pil procapite sarà l’anno prossimo del 6,9% inferiore a quanto era nel 2007 e ai livelli del 1999”, scrivono; e dunque “ai dieci anni perduti se ne sono aggiunti altri tre. In termini relativi, rispetto alla media europea, il reddito degli italiani passa dal 107% nel 1996 al 93% nel 2012”.
Anche la Ue taglia le stime del Pil. Una conferma alle previsioni di Confindustria arriva dalla Ue, che a sua volta ha ridotto le stime sulla crescita del Pil italiano di quest’anno a +0,7% dall’1% indicato nelle previsioni di primavera. La dinamica del ciclo del nostro Paese, secondo Bruxelles, dovrebbe rimanere a zero sia nel terzo che nel quarto trimestre di quest’anno a fronte di una media europea di +0,2% per entrambi i trimestri. Secondo l’analisi il rallentamento della domanda mondiale condizionerà in negativo “le esportazioni che finora hanno guidato la ripresa”.
Ma tra i problemi dell’Italia, secondo la Commissione, c’è “la persistente debolezza del mercato del lavoro e le pressioni inflattive” destinate a pesare sul reddito disponibile e sui consumi. La crisi sui mercati finanziari, inoltre, comporterà un aumento dei costi di finanziamento delle imprese, problema che frenerà i loro programmi di investimento. Per contrasto, osserva la Commissione, “gli aumenti dei salari restano moderati, soprattutto grazie alla riforma della contrattazione che ha come base di riferimento l’inflazione prevista esclusi i prezzi dell’energia”.