Sarebbe ora di prendere atto delal drammatica realtà
Scontri sociorazziali.
Se la Francia brucia, in Italia (almeno del nord-est e dell’est) s’inizia a intravedere qualche tizzone.
Ma la situazione è complicata. Per varie ragioni: la denatalità di un paese ricco in cui ormai una mamma di trent’anni è giovane, mentre una generazione fa lo era prima dei venti; una politica di maleducazione post-sessantottina per la quale si viziano i figli e i nipoti dei migranti – come i propri – e si rendono impuniti e aggressivi; il riflusso geopolitico rispetto alla colonizzazione che comporta afflussi notevoli perché la natura ha orrore del vuoto.
A tutto questo si aggiungono una ideologia globalista, alcune manovre di ricatto politico ed economico (turche, libiche, russe, americane, saudite) e la voragine delle associazioni di accoglienza che, in Italia, ottengono tanti e tali proventi da aver fatto esclamare a quel Buzzi dello scandalo definito Mafia Capitale “si guadagna di più con i migranti che con la droga”.
Come si vede non esiste una sola causa del problema
né è possibile una soluzione che non sia complessa, articolata e lunga. Men che meno sono praticabili le pretese di certe destre residuali che pretendono: “rimpatriamoli tutti”. Quasi ovunque essi sono di terza generazione e non hanno altre patrie, senza contare tutti i “dettagli” logistici che rendono comunque questa pretesa una barzelletta. Le soluzioni ovviamente ci sono, ma devono essere perseguite tutte assieme. Tagli drastici ai fondi per le associazioni; cambio radicale d’impostazione sul concetto di nazionalità; distinzione tra nazionalità e cittadinanza; politica demografica; alleanze di sviluppo con paesi mediterranei ed africani, selezione degli ingressi tenendo particolarmente conto delle affinità, e, soprattutto, sviluppo della robotica che ridurrà la necessità della forza-lavoro.
Il Centro Studi Polaris ha delineato questa proposta in un documento, intitolato Si può fare che contiene proposte di varia natura e in varie materie. Chi lo volesse può trovarlo sul sito o richiederlo per mail in pdf.
Decrescita infelice
Il punto più dolente per chi continua a chiedere ai governi di chiudere i porti è che il fenomeno non è liquidabile nelle strategie d’invasione, che ci sono ma non spiegano tutto.
L’intero mondo sviluppato è entrato nell’inverno demografico o, come la Cina, ha appena intrapreso il percorso declinante. Non riguarda solo la Ue (in cui l’Italia è quella che sta peggio di tutti), ma gli Usa, il Giappone, la Russia.
In molte di queste nazioni si è da poco entrati in un vero e proprio dimezzamanento delle fasce biologicamente giovani e in età di forza-lavoro.
Governi e industrie a caccia di migranti
Quando il ministro Lollobrigida ha affermato che servono 500mila migranti legali nel 2023 non ha fatto che riportare la richiesta di Confindustria. L’omologa tedesca è stata più contenuta perché ne chiede 400mila. Peggio sta l’Ungheria che si oppone, sì, alle politiche migratorie, ma al tempo stesso ha deciso che deve incoraggiarle. Mentre affermava “Non vogliamo diventare un paese d’immigrazione”, Orban presentava un progetto di legge sull’assunzione dei lavoratori ospiti e, solo quattro mesi fa, annunciava: “di qui a un anno o due, l’Ungheria avrà bisogno di 500mila nuovi lavoratori”. Va ricordato che l’Ungheria ha un sesto della nostra popolazione e meno di un ottavo di quella tedesca. Putin ha recentemente esortato ad andare in Russia offrendo la nazionalità perché si rende conto del declino, d’altronde nel 2022 la popolazione lì è calata di 566mila unità.
Perfino il Giappone, con una legge del 2019, rilanciata nel novembre 2021 ha deciso di aprire alla mano d’opera straniera. Di sicuro lo farà con uno spirito e dei criteri che dovremo osservare bene in Europa, cercando di mutuarli.
La situazione italiana
Per quanto ci riguarda l’Italia è in tasso negativo dal 1993; l’attuale rapporto figli/donne è 1,28, molto lontano dal cosiddetto valore di rimpiazzo che è di 2,10.
Nell’ultimo decennio la nostra popolazione è calata di 1,3 milioni di persone. Tra dieci anni si prevede un calo di altri 1,2.
L’inverno demografico colpisce soprattutto la popolazione giovane.
Secondo Confindustria, nel 2030 avremo 1,9 milioni di potenziali lavoratori in meno.
Questo si traduce in una bomba sociale.
Ora si deve scegliere
Se si deve ululare alla luna, tirare i sassi in piccionaia, strillare al complotto e sentirsi fichi o mettere i neuroni al servizio della volontà e questa al servizio di un’identità storica, metastorica e caratteriale che si tende troppo spesso a dimenticare.
La situazione è preoccupante ma non disperata. Però chi perde tempo a starnazzare e si fodera gli occhi di prosciutto aiuta soltanto a renderla disperata.
Invece, se si vuole, si può.