lunedì 4 Dicembre 2023

Dal Capitol si vede Matrix

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Ora si tratta di guarire i sovranisti dal sovranismo

L’armageddon di borgata con cui si è chiuso il braccio di ferro tra trumpisti e bideniani continua a tener banco. Non per le 4 persone uccise per il presidente e neppure per l’ignominia di quest’ultimo che le ha sconfessate. Tiene banco perché nell’immaginario collettivo rappresenta lo scontro tra due poli irriducibili, tra il sogno (o l’incubo) di alcuni e il sollievo (e l’utopia) di altri.
In realtà esprime soltanto l’alienazione rispetto al reale, la trasmutazione fasulla dell’ideale e il destino obbligato a finire in un binario morto.

Tutto sbagliato, fin dalle fondamenta.
In ambo i campi e, soprattutto, in quello di chi pretenderebbe di cambiare la cose ma non ha la minima idea del reale, del valoriale e neppure delle dinamiche, delle meccaniche e della metafisica.
Fine ciclo di un occidente terminale.
Eppure i desperados, ubriachi di illusioni che sembrano gli effetti di acidi da discoteca, si aggrappano a questo modello astratto, irreale, inconcludente di scontro finale.
Un misto tra guerra civile, guerra razziale, guerra sessuale, intervento celeste, arresto dei tempi.
Se non si parte dalle fondamenta non si costruiscono edifici ma solo castelli di carta che ogni venticello spazza via irrispettoso. E questo è il destino di tutto quello che finora ha prodotto il cosiddetto sovranismo, inquinando e neutralizzando ogni potenziale populista.

Che cosa c’è di vero in questo bipolarismo? Non quello che si dice da ambo le parti, bensì qualcosa di concreto. Vale a dire che, in un momento di crisi di passaggio, i sovranisti cercano di rappresentare le forze del passato, che poi sono i ceti perdenti della nuova fase capitalista, mentre i progressisti cercano di salvare le forze del presente – anch’esse destinate a naufragare nel cambiamento – che sono i residuati delle vecchie caste più i nuovi entrati nel gotha ologarchico, figli della rivoluzione tecnologica e candidati a scalzare molto presto i più vecchi.
Insomma, quasi tutti i protagonisti di questa psicoverbale guerra civile mondiale tra due poli sono destinati a fallire e a sparire presto.

Cosa manca tra queste irriducibili Tesi e Antitesi che si definiscono in modo improprio, inesatto, fanatico e contorto?
Manca la Sintesi che è la sola che può garantire stabilità o rivoluzione. O, come durante il fascismo, entrambe le cose.
Così, mentre i progressisti tessono le lodi della Globalizzazione illudendosi, a torto, che essa ne manterrà i privilegi e il livello di vita, i reazionari delirano letteralmente disegnandosi scenari in cui di colpo il tempo fa marcia indietro, lo spazio cessa di avere un ruolo, la tecnologia moderna si astrae da sé stessa, le relazioni umane e politiche diventano regolate artificialmente da non si sa quali fantomatici poteri assoluti (ovviamente invocati in nome della libertà).
Il tutto si realizza sempre in maniera miracolosa, con un misto di trionfo elettorale, insurrezione, golpe e soprattutto con l’identificazione in un uomo della Provvidenza.
Come se questi uomini non fossero stati essi stessi frutto della loro epoca e di una cultura, come se quindi gli attuali saltimbanchi narcisisti e bulli che si atteggiano a piccoli Napoleone non fossero dei mediocri, senza spina dorsale, pronti sempre a rinnegare coloro che si sono bruciati perché hanno creduto che i loro proclami non fossero, come sempre sono, dei bluff e delle buffonate.

Stabilità e/o rivoluzione sono nella Sintesi degli opposti.
Esse appartengono a chi si appropria del presente perché ha saputo traslare il passato nel futuro e intendere la nuova era fino a imprimerle il suo marchio.
Non appartengono  di certo alla nevrastenia, all’isteria, al vittimismo, al narcisismo.
Non possono quindi avanzare nell’immaginario del sovranismo di oggi. Non possono condividerne le premesse e le critiche, di cui solo alcune sono fondate, ma regolarmente travisate fino a trasformarle nella base di un teorema suicida che spesso sfocia addirittura nel tradimento. Non possono condividerne le risposte che, fatto salvo il richiamo al buon senso di base, si perdono in formulette imbarazzanti e in moralismi vacui.
Non possono incoraggiare le illusioni all’impossibile ritorno allo statu quo del capitalismo e della democrazia, esaltati per com’erano quando, allora, gli uomini degni di questo nome li combattevano e ne pagavano il costo.

Alla Sintesi si deve tendere, che è lo scopo di ogni avanguardia.
Per far questo bisogna abbattere ogni idolo che ci si è immaginati, che sia un capo di stato straniero,  un leader politico, una miracolosa formula precostituita che si fonda su deliranti teorie emiplegiche della finanza, dell’economia, della sovranità e perfino della nazione, di cui oggi si è completamente persa la valenza rivoluzionaria e la vocazione universale.
Si deve partire dalla centralità, dalla conoscenza, dalla cultura, dagli studi, dall’esperienza.
Insomma da quel reale che ai giorni d’oggi viene sostituito dal virtuale volgare e buffonesco.
Chi non lo fa, continuerà a strillare inutilmente e pietosamente per le ingiustizie subite, a perdersi in allarmismi e in un dilagante e vergognoso vittimismo. Insisterà nel perdonare vergognosamente coloro che lo trascinano nell’abisso, e solo perché si rifiuterà di aprire gli occhi, in quanto non sa vivere senza le illusioni.
Il sovranismo oggi è una forma di Matrix che fa da stampella al cambiamento indolore del sistema mondiale.
Lo è per le carenze che abbiamo elencato; e non sarebbe grave, se questa Matrix non neutralizzasse il populismo facendo attrito a una rigenerazione indispensabile.
Se almeno l’armageddon di borgata con le sue conseguenze apportasse, nello scoramento, una spinta a rientrare in sé!

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