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Dalmine ha risposto

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Quel 20 marzo prima di Piazza San Sepolcro

Il 20 marzo 1919 Mussolini, allora direttore de “il Popolo  d’Italia”, pronunciò un discorso importante per il tempo e il luogo in cui fu tenuto.
Era il marzo del diciannove (il 23 verranno fondati a Milano i Fasci  italiani di combattimento) ed era a Dalmine importante cittadina industriale del bergamasco. L’Occasione fu l’occupazione degli stabilimenti siderurgici da parte di maestranze non inquadrate nei sindacati rossi, ma rifacentesi al sindacalismo rivoluzionario.
E fu proprio a queste maestranze che Mussolini si rivolse, esaltandone il senso patriottico e l’idea di un’azione in linea con lo spirito combattentistico e di unità della Nazione usciti rafforzati dalla guerra appena conclusa.
“E’ il lavoro che nelle trincee ha consacrato il suo diritto a non essere  più fatica, disperazione perché deve diventare orgoglio, creazione, conquista degli uomini liberi nella patria libera e
grande entro i confini” disse Mussolini
“Dopo quattro anni di guerra, terribile e vittoriosa, nella quale sono state impegnate le nostre carni ed il nostro spirito, mi sono spesso domandato se le masse sarebbero tornate a  camminare sui vecchi binari o avrebbero avuto il coraggio di cambiare. Dalmine ha risposto. Voi vi siete messi sul terreno della classe ma non avete dimenticato la Nazione”.
La frase “Dalmine ha risposto” diventerà lo slogan che sormonterà gli edifici pubblici in occasione del ventennale del discorso.
La figura del futuro capo del Fascismo peserà non poco, da allora, nella memoria della comunità dalminese e Dalmine resterà, durante il ventennio, tra i luoghi simbolici, il luogo in cui le idee della Rivoluzione si manifestarono già alla vigilia della fondazione dei Fasci, e che troveranno terreno sperimentale per tutto il ventennio.
Dalmine,infatti,sarà laboratorio delle strategie sociali del  Fascismo, nella realizzazzione compiuta della sintesi tra capitale e lavoro soprattutto negl’anni trenta,quando la fabbrica verrà nazionalizzata.
Dalmine finì per diventare una sorta di prototipo di un nuovo sistema  sociale,un modello in cui impresa e Stato realizzarono sinergie atte a far crescere la produzione industriale ma non a scapito
della comunità dei lavoratori, che vedeva crescere nel proprio territorio strutture per attività ricreative e culturali e addirittura vedeva non abbadonate ma favorite attività di tipo rurale, che avevano mantenuto radici dall’epoca preindustriale.
Un filo initerrotto, dunque, che partì da quel 20 marzo 19 e attraversò  tutto il ventennio e oltre, fino all’aprile del 45,quando negl’ultimi giorni tragici della Rsi a Dalmine giunse  Nicola Bombacci che, in uno dei suoi molti comizi, sostenne la causa della socializzazione nazionale.
Pochi giorni prima di essere fucilato a Dongo.

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