martedì 30 Aprile 2024

È semplice

La complichiamo solo noi

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Tiriamo un bel respiro e torniamo sulla terra.

Quali che siano i nostri sentimenti, per chiunque noi si faccia il tifo, contro chiunque noi si faccia il tifo, qualunque cosa noi auspichiamo, solo su due fattori possiamo intervenire: su noi stessi e contribuendo a imprimere alla realtà che muta dei cambiamenti che ci garbano.

Tutto il resto è illusione o, peggio, psicosi da frustrazione.

Agire su di noi è la cosa più importante, non solo dal punto di vista della formazione e dell’informazione, ma della disciplina, della forma fisica, del cameratismo e della crescita.

Di lì il resto, il cosa fare e soprattutto il come farlo. Bisogna assolutamente capire che non è di petto che possiamo approcciare la realtà che cambia per intervenirvi positivamente: va fatto con naturalezza.
Memori della saggezza di Nietzsche: “non è intorno a chi fa grande strepito ma a chi crea nuovi valori che silenziosamente gira il mondo”.

È così che dobbiamo relazionarci, serenamente. Scacciando angosce, lamenti, disfattismo, acidità, cioè qualsiasi cosa che ci tolga leggerezza e positività.

In questa crisi di passaggio – che alcuni si ostinano a immaginare che sia crisi di sistema ma non lo è – affiorano alcuni promettenti elementi nuovi e inaggirabili, in quanto dettati dalle necessità delle cose, necessità che s’impongono alle stesse oligarchie.

Ne riepilogo alcuni.

Il recupero della drammaticità e della tragedia.

Per quanto ci sia un eccesso di sensazionalismo, un’esagerazione che va fino al timore della guerra nucleare, e – ribadisco – a prescindere da quale campo reale o immaginario si prediliga, dobbiamo registrare tre dati fondamentali.

  1. Il ritorno della guerra in Europa, con la scoperta che ancora esistono popoli in grado di combattere.

2. Il ritorno nell’immaginario quotidiano del concetto di guerra possibile, con tanto di dibattito sulla leva futura; questo comporta automaticamente una controtendenza rispetto alla svirilizzazione e cozza con l’offensiva woke che, già di suo, sta fallendo commercialmente.

3. Il ritorno all’idea di Europa armata.

Non basta, la realtà ha dimostrato che non è possibile affidarsi agli americani, e il dibattito in Europa, compresi gli ambienti Nato, è sempre più imperniato su questa premessa, al punto che i più accaniti atlantisti si sono improvvisamente trasformati nei principali critici degli Stati Uniti. Non perché si siano convertiti ma perché rispondono agli ordini di scuderia che si basano sulla regola per la quale il miglior modo per neutralizzare un’opposizione è quello di guidarla personalmente.

Dalla pandemia il procedere a sbalzi delle catene di approvvigionamento ha riproposto una revisione delle dipendenze globali e il recupero di alcune funzioni statali. Queste, liberate dalla retorica parolaia perché rimesse concretamente in gioco, da noi hanno dovuto trovare una declinazione europea; infine ogni genere di riforma sul piatto, in Italia come in Europa, va nel senso di una sintesi promettente. In quanto anche gli eurocrati hanno dovuto accettare il recupero delle valenze nazionali da accostare a quelle federali, in una convergenza significativa che forse è ancora lontana dalla necessaria logica imperiale con pertinenze confederali, ma per la prima volta ne esprime le premesse.

L’Italia stessa si è ritrovata, pressoché improvvisamente, ad assumere un ruolo internazionale autorevole, non solo in Europa, ma nel multilateralismo, in particolare nelle direzioni di Giappone, India e Africa.

Non solo: alcune delle rivalità accanite che sembravano insuperabili ora sono appianate. In particolare questo vale per il rapporto tra Italia e Francia.

La tensione intanto si è alzata al punto da rilanciare vecchi arnesi psicotici.


L’antifascismo ai limiti del demenziale, anche se fa poca presa sull’opinione pubblica, ha un suo potenziale repressivo di alto livello, ma questo non è un fattore necessariamente negativo, visto che produce selezione e induce a essere presenti a se stessi. Ben venga se è un risveglio!

Il tam tam sull’emergenza antisemitismo non sembra invece più in condizioni di mobilitare le masse. Diciamo che a Gaza i bonus sono stati esauriti e chissà che non sia ormai definitivamente.


Il pericolo jihadista
è tuttora oggetto di giochi intrecciati tra potenze, servizi, governi, ma finirà con l’assumere valenze nella stessa antropologia sociale prossimo ventura con relativi effetti collaterali.

Restano dei problemi che ci sembrano proibitivi da risolvere: in realtà sono solo quelli che riguardano la demografia e le sue conseguenze dirette e indirette. Ma la si dovrebbe smettere di angosciarsi per tutto e di pensare che si possa risolvere qualsiasi cosa in un batter d’occhio: bisogna riporre un po’ più di fede nel destino e nel nostro gene.

Il che comporta anche l’instaurare un nuovo rapporto con la tecnologia e con l’Intelligenza Artificiale (che, oltre a mille altre cose, può avere un ruolo importante sulla supplenza di carenze demografiche). Il che non può essere affidato a individui soltanto cerebrali, ma a uomini integrali.
Mens sana in corpore sano vale anche per l’uso delle tecnologie avanzate che saranno positive se nelle mani di filosofi-guerrieri.

A tutti questi crocevia – che sono a un passo da noi – dobbiamo giungere pronti, decondizionati, leggeri, sorridenti, non appesantiti, non angosciati e con lo spirito di comunità (non di comitive, parrocchie o ghetti).
Raramente abbiamo avuto avanti a noi tante opportunità così promettenti.
Il solo problema è tornare, noi, a essere all’altezza.
E a questo che dobbiamo dedicarci incondizionatamente e totalmente.

Cominciamo: tiriamo un bel respiro e torniamo sulla terra!

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