Agli Usa, con la Siria, sta riuscendo un’altra mossa strategica. Il fronte odierno della condanna di Assad corrisponde infatti al vecchio partito atlantista, mentre in sostegno della nazione araba che vanta relazioni privilegiate con la Russia, si sono schierate Cina e Brics che insieme a Mosca hanno impedito la condanna di Amman da parte dell’Onu.
Questo muro contro muro respinge pericolosamente la Russia verso la Cina disegnando il quadro apparente di un confronto teso tra Nato e Sco.
Ciò non preoccupa gli americani che si sentono tranquilli verso la Cina con cui trattano strategicamente a vasto raggio, ma, al contrario, garba loro perché allontana l’Europa dalle direttirci sulle quali potrebbe ancora determinare il proprio destino (est e sud; Russia, Mediterraneo e Vicino Oriente) e la rigetta nella sua nientificazione.
Così risulta particolarmente stridente la presa di posizione del nostro ministro degli esteri, Frattini, che anziché provare una linea di mediazione, gioca al duro e si mette la maschera del falco.
Tutto ciò sembra un vero non senso, a prescindere dal fatto palese che sostenere gli avversari di Assad, specie dopo i precedenti iracheni, è una scelta sciagurata. E senza entrare nello specifico del regime siriano che non si vede come persone dotate di buon senso, di conoscenza storica e di spirito critico non possano non sostenere.
Poniamo pure, ragionando per assurdo, che si possa preferire un cambio di regime in Siria: anche in tal caso gli interessi nazionali nel quadro globale impongono comunque che si prospetti una linea diplomatica e non quella dell’intransigenza cieca. Vieppiù se non si ha alcuna forza e ben poca credibilità subito dopo aver mostrato contorsioni, cedimenti, voltafaccia e spregiudicati quanto spudorati, controversi e contraddittori cambiamenti di linea e di umori sulla questione libica.
Giocare ora ai duri per assecondare Francia ed Inghilterra, ovvero le potenze che ci hanno appena estromessi dal cuore dei nostri interessi energetici, magari nell’intento disperato di mendicare qualche briciolo nelle nuove spartizioni, lascia perplessi tutti, a cominciare da quelle stesse potenze.
L’impressione però è che questa pessima idea sia balenata nella testa di Frattini più in prospettiva di carriera interna che non di politica estera. Il dopo-Berlusconi sembra davvero iniziato e l’impressione è che il ministro stia mandando segnali per dimostrare che può ottenere un ruolo, un qualsiasi ruolo, nel governissimo unitario di liquidazione nazionale che si profila all’orizzonte.
Lancia così messaggi che comprovano da parte sua con molta enfasi quella discontinuità invocata da Bersani, una discontinuità verso le mire nazionali dell’Eni.
Che differenza a soli tre anni dalla presa di posizione virile nella crisi georgiana!
I fuochi fatui, evidentemente, non hanna nulla in ccomune con la luce del sole.