venerdì 4 Ottobre 2024

Governo nella bufera, si è dimesso Tremonti

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Il ministro dell’Economia si è difeso per sei ore davanti agli attacchi di An sui conti pubblici “truccati”. Poi ha ceduto.
Berlusconi ha preso l’interim, annullato il Consiglio dei ministri di questa mattina. Poco tempo per salvare l’esecutivo

Dimissioni. Alla fine di una drammatica giornata vissuta dalla maggioranza sul filo della tensione, Giulio Tremonti lascia il ministero dell’Economia.

L’interim di Via XX Settembre verrà assunto da Silvio Berlusconi anche se il suo portavoce Paolo Bonaiuti ha ricordato ai cronisti che gli incarichi ministeriali (anche ad interim) li assegna Ciampi. Salta il Consiglio dei ministri che era stato convocato per oggi. Forse si svolgerà domenica pomeriggio. E la manovra correttiva, necessaria per evitare l’early warning dell’Ecofin all’Italia, torna ad essere un punto interrogativo.

Sei ore sono il tempo nel quale si è consumato il colpo di scena nella Cdl, quella “svolta” che questa mattina era stata chiesta con forza da Gianfranco Fini al termine dell’esecutivo di An. Ma soprattutto quella resa dei conti che il vicepremier ha perentoriamente cercato, andando dal presidente del Consiglio in serata con l’intera delegazione di An al governo, denunciando i conti “truccati” del ministro dell’Economia.

Era il prologo di un vertice che sarebbe stato drammatico, con Tremonti, a palazzo Grazioli, a spiegare ai leader del centrodestra che quella differenza di due miliardi di euro tra manovra annunciata (circa 6 miliardi) e riduzioni di spesa ottenute (poco meno di 4 miliardi) era dovuta a ragioni contabili, in particolare a problemi della Ragioneria generale dello Stato. Il ministro dell’Economia si sarebbe a lungo rifiutato di dare le dimissioni ma, alla fine, ha dovuto cedere.

D’altra parte, la posizione di An era ferma: o le dimissioni di Tremonti o la crisi di governo, con l’uscita di Fini e dei suoi ministri. L’Udc si è allineato, annunciando che avrebbe votato la manovra “solo per responsabilità istituzionale”.
Anche la Lega ha cercato di difendere Tremonti, ma lo stesso Berlusconi, che aveva chiamato al telefono il vicepremier per avere informazioni sul ‘buco’ trovato nei conti del Tesoro, questa volta non sarebbe stato disposto a difendere oltre il suo ministro dell’Economia.

Alla fine, la notizia delle dimissioni. Il primo a lasciare da palazzo Grazioli è stato Buttiglione. Poi, intorno all’1,30 è comparso lo stesso ministro dell’Economia che non ha rilasciato dichiarazioni. Nell’ufficio di Berlusconi si sono poi visti per un supplemento di riunione, Fini, il leader leghista Roberto Calderoli e il sottosegretario al’Economia, Mario Baldassarri (An). C’era anche Gianni Letta. Poco prima delle 2 sono usciti anche Fini e Baldassarri. L’ultimo a emergere dal portone è stato Calderoli che ha gettato acqua sul fuoco e ha escluso la crisi di governo. Poi, ha spiegato così quanto era accaduto: “Mi chiedete se Tremonti si è
dimesso? Non mi risulta. C’è stata una forza politica che ha messo come aut-aut o noi o Tremonti. E davanti alla necessità che il governo prosegua la sua strada, Berlusconi si è fatto interprete di questa richiesta. Dopodichè tutto il resto è solo fantasia politica”.

Ma lo stesso Calderoli ha aggiunto: “Non è stato un bel vertice. Noi avevamo l’obiettivo di portare a casa l’ok da parte degli alleati sul federalismo e sulle date che devono essere rispettate. Questo è arrivato ed è un segnale positivo. Per il resto, si apre una fase da affrontare con cautela da parte di tutti”.

Tremonti è la prima vittima della verifica che nella Cdl dura ormai da più di un anno. Ma i problemi non sono risolti dalla sua rinuncia al ministero del Via XX Settembre. Restano poco meno di 48 ore per rimettere in sesto i conti e presentare alla Commissione di Bruxelles una manovra sufficiente ad evitare il richiamo dell’Ecofin. E poi si dovrà trovare a tempo di record l’accordo sul Dpef e la “quadra” nel governo. L’interim a Berlusconi evita la necessità di un rimpasto immediato, con possibile crisi. Ma rende indispensabile a breve un nuovo patto nella maggioranza per consentire al governo di andare avanti.

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