martedì 8 Luglio 2025

Il grande fratello vi guata il portafoglio

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Fatevene una ragione rivoluzionari da tastiera

 

Quando si naviga su internet spesso si ha l’impressione che tutto sia gratuito. Che tutto venga offerto a costo zero: dalle ricerche su Google all’utilizzo di Facebook, dai giochi online alle notizie e l’oroscopo. Ma agli utenti più attenti sarà capitato di notare che le pubblicità – sulle pagine del social network o nella mail di Google – hanno qualcosa in comune con le ricerche fatte poco prima sui motori di ricerca. Se, per esempio, si cerca l’indirizzo di un negozio di scarpe su Google – con altissime probabilità – apparirà tra le pagine di Facebook la propaganda di una nota marca di scarpe.
Non è un segreto che la privacy online sia tutelata fino ad un certo punto dalle grandi aziende che offrono prodotti gratuitamente agli utenti di Internet. Quindi, la domande è: ma queste compagnie che offrono contenuti free, quanto e come ci guadagnano?
Un’applicazione – anch’essa gratuita, ma che promette di rispettare i dati sensibili – svela a chi naviga se e come si viene seguiti dai colossi della rete (per sapere appunto che pubblicità offrire) e quanto si vale per loro.
Privacyfix 1 dà la possibilità agli utenti di controllare facilmente – e gratuitamente – la propria privacy su Facebook, Google e gli altri siti che tengono traccia dei movimenti e delle ricerche fatte. Una volta installato il plugin, un software aggiuntivo per Firefox o Chrome, si possono visualizzare i siti che seguono gli spostamenti dell’utente tra le pagine web.
In questo momento – per esempio – ci sono ben 30 società pubblicitarie che raccolgono dati su chi vi scrive, come Invite Media, Accuen, adBrite, SpotXchange e così via. Tra i siti visitati, e che condivideranno queste informazioni personali con società affiliate, c’è la Cnn. Uno scambio di dati che apparentemente non farà il New York Times. Dalle ricerche e l’uso di Google fatte dall’inizio dell’articolo, il motore di ricerca – se si manterrà questo livello di attività – guadagnerà 8.93 dollari in pubblicità in un anno catturando dati dalle pagine da noi visitate.
Privacyfix sarà in grado di fare lo stesso calcolo per Facebook, ma anche proteggere meglio la navigazione se richiesto. Tra le opzioni dell’applicazioni è possibile scegliere di diminuire il livello di dati a cui siti come il social network di Zuckerberg, Google e tanti altri posso accedere facilmente, con o senso il nostro consenso. Privacyfix, da quanto specificano i creatori, è stato elaborato in modo tale da non acquisire e rivendere nessun dato dell’utente: dalla cronologia ai cookies fino all’impostazione della privacy che si è fatta usando l’applicazione.
L’unica cosa di cui verrà a conoscenza Privacyfix sarà l’indirizzo Ip (il numero che contraddistingue tutte le persone che navigano) che una volta trasmesso ai loro server sarà poi prontamente cancellato. L’unico dubbio dopo aver migliorato la propria privacy con questa app potrebbe essere: cosa ci guadagneranno quelli di Privacyfix? Apparentemente niente.
Ma negli ultimi anni sono diverse le applicazioni nate con la stessa missione. Come Ghostery 2, un’applicazione gratuita simile a Privacyfix 3, da installare sempre sui browser Firefox o Chrome. Il software è in grado di intercettare chi osserva il traffico dell’utente, neutralizzarlo e ottenere informazioni su chi sono le società che tracciano i suoi passaggi nel web.
Vale lo stesso per Collusion 4, il plugin realizzato da Mozilla che può tracciare, chiudere l’accesso ai propri dati personali alle aziende che cercano di prenderle senza consenso dell’interessato e capire quali sono le relazioni tra le varie compagnie e siti web che si occupano di catturare informazioni. Ed infine, Track me not 5, compatibile sia con Firefox che Chrome. Una app che invece di puntare sull’oscuramento dei dati o la loro omissione, fa l’esatto contrario: confondere i siti e le società che raccolgono informazioni inviandone di false in una dose così massiccia da far confondere le proprie tracce in mezzo con quelle degli altri utenti.
Fatevene una ragione rivoluzionari da tastiera. Non vogliono sapere che fate ma cosa volete comprare.
A schedarvi (generalmente come inoffensivi) ci hanno pensato da tempo, è come consumatori che interessate. Lo stesso ragionamento della “tessera del tifoso” che non è stata rigettata a suo tempo proprio per colpa della mitomania ultrà che è finita isolata e che non c’azzeccava per niente. Non fate paura, arricchite con i clic.

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