A breve entrerò nel mio cinquattottesimo anno di impegno politico, culturale ed esistenziale.
Per diverse ragioni, anche di forza maggiore, si è trattato di un impegno continuativo che si estende nello spazio (geografico e culturale) e nel tempo generazionale.
Per questo ho intessuto e continuo a tessere rapporti inter-nazionali (solo il nazionalismo è internazionale, il resto è antinazionale) e tra generazioni.
Lo scollamento sociale
ha disarticolato i rapporti e allontanato tra loro, spesso ghetizzandole, le generazioni, le quali, ormai, s’ignorano reciprocamente, nel senso che nessuna conosce l’esistenza delle altre.
Il dominio dei social ha completato l’opera. Chi si connette esclusivamente sui social dei boomers – come facebook – non ha più alcun contatto con le altre generazioni che usano altri social e altri linguaggi. E viceversa.
Così avviene che quando mi sposto
tendo a organizzare incontri diversi per fasce d’età e, rispettandone la specificità e senza forzarle, le apro impercettibilmente alla conoscenza l’una delle altre.
Ma mi credono senza credermi, un po’ come se le mie fossero le illusioni di un sognatore.
Eppure quando si riesce a far convergere alcuni tramite i diversi supporti pubblicitari, avvengono miracoli, come lo scorso febbraio a Clermont-Ferrand quando un veterano disilluso ha scoperto numerosi giovani vivaci, solidi e di qualità e mi ha letteralmente ringraziato per averlo restituito alla vita. Che c’è, ma non lo sapeva perché non vi era in contatto.
È da qualche anno che sostengo – per esperienza tangibile – che le giovani generazioni stanno crescendo meglio delle precedenti perché per formarsi si selezionano naturalmente. Un processo che, per chi sia in contatto con la realtà e non si limiti a fare astrazione dei suoi pregiudizi, è evidente da almeno sette od otto anni.
Sabato scorso una sorpresa.
A Montpellier parlai a una sessantina di persone, quasi tutti giovanissimi, con capi che non superano il 24 anni.
Quello che dissi fu condiviso con un certo entusiasmo. Poi scoprii una cosa: quasi nessuno sapeva chi fossi, né del mio passato, né di Terza Posizione, né di altre “vintageries”. Viceversa conoscevano già i Lanzichenecchi d’Europa.
Perché? Perchè sono nel presente.
In quanto al passato, esso funziona così
Giovanissimi hanno deciso di far qualcosa per la propria terra, come noi allora. Si sono emozionati per un simbolo, per un passato che definisco aoristico, quello del Mito.
Non hanno incontrato sulla loro strada dei fratelli maggiori che li hanno aggravati dei propri difetti, delle proprie frustrazioni, delle proprie deformazioni.
Scelto un campo, sono andati alla sorgente, così hanno letto qualcosa di autentico, sia pur romanzato. Si sono formati, come noi mezzo secolo fa, sui guerrieri del 1919-1945 e sul loro pensare ma soprattutto sul loro sentire.
E di lì, naturalmente si articola il sentire anche del presente, come è sempre stato
Compatisco coloro che vogliono fare il contrario e partendo da concetti isterici e astratti, sognando salvatori esotici e zotici, pretenderebbero che si fermasse il mondo sullo scenario bislacco che si è impadronito della loro mente che mente.
Parlando dei giovani in questione, non si tratta di fascioconsumatori o di filosofi da salotto. Vivono. A volte suonano, agiscono culturalmete e socialmente ma, soprattutto, hanno una forte identità comunitaria e sono disciplinati, autodisciplinati tramite fatica, sofferenza e dominio di sé.
In molti praticano le discipline marziali e lo fanno seriamente, non essendo mai aggressivi, perché non sono psicologicamente deboli.
Non hanno sulle ali il piombo
della sconfitta esistenziale, della dissociazione ideologica, del vecchiume intellettuale, della disperazione ogm di tanti boomers, perché ne ignorano l’esistenza.
E ne ignorano l’esistenza perché questi ultimi – chiusi in ghetti autoemarginati – e perduti nella loro costante ora d’aria di una prigione di cui hanno costruito essi stessi le sbarre, vagano tra buchi neri.
La cosa più potente della comunione dello scorso sabato sta nel fatto che si è manifestato un comune sentire, atemporale, aoristico, Che forse proprio la mia fortuna (post)repressiva mi ha consentito di mantenere anche attraverso lo spazio.
Parliamo la stessa lingua perché abbiamo lo stesso sentire.
Sarebbe bello che molti dei boomers
inaciditi, ogm, testacchioni, prigionieri di false concezioni, facessero un atto di sublimazione e tornassero all’Origine e, con essa, alla gioventù viva.
Sono cose che possono accadere, più che con le teorie, con i contatti diretti ma anche, con i gesti intergenerazionali, interpersonali, supertemporali come l’omaggio reso a Drieu La Rochelle per l’ottantesimo anniversario del suo suicidio.
Una comunione in 10 nazioni, in 14 città, tra persone di tutte le età e di tante diverse tribu.
Vi aspettiamo qui, nel tempo assoluto
nell’Aoristo che unisce il passato con il futuro in un’azione ininterrotta e che eterna un tipo d’uomo! Il quale si spegne quando si avvita in teorie che esulano dal centro.
Il centro è tale quando prevale sulla maschera di cui non si cura e quando, come l’altra sera, vi è comunanza assoluta anche se nessuno sa chi tu sia.
PS Ho parlato di queste due esperienze francesi, ma non è un fenomeno esclusivamente francese. Vale per la Spagna, l’Italia, la Grecia, la Polonia e proobabilmente un po’ ovunque in Europa. Che non dobbiamo creare, ma solo potenziare perchè l’Europa siamo noi. ma proprio noi.