Berlusconi vedrà mercoledì Bush a Washington e il giorno dopo parlerà di Iraq alla Camera, e alla vigilia di questi due appuntamenti la maggioranza di centrodestra si presenta sempre più divisa sull’atteggiamento da tenere e soprattutto sulla durata della missione dei militari italiani a Nassiriya.
Tanto che Follini si sente in dovere di lanciare un monito agli alleati: “Non è questo il momento per dividersi”.
E’ evidente, come si capiva anche dalle parole del vicepremier Fini, che “si sta delineando una strategia di uscita”, cioè che la voglia di tutti è quella di trovare davvero il modo di tirarsi fuori da una situazione che appare ogni giorno più critica. Certo non subito, come dice anche il ministro degli Esteri Frattini evocando il pericolo di una guerra civile tra iracheni di opposte fazioni se la coalizione se ne dovesse andare subito. Ma quel limite del 30 giugno, quando l’autorità dovrebbe passare a un governo iracheno, è visto da molti nel centrodestra come la data per poter ritirare i soldati senza dare l’impressione di una ritirata.
Questa è, per esempio, la posizione della Lega, che ieri è stata espressa dal vicepresidente del Senato Calderoli, piuttosto polemico con il presidente del consiglio, a cui ha presentato senza troppi giri di parole una richiesta precisa. “Sarebbe gradita – ha detto infatti Calderoli – una spiegazione da parte di Berlusconi circa la sua affermazione sul fatto che il nostro contingente resterà comunque anche dopo il 30 giugno, una linea nella quale non mi riconosco”. Meno drastico è il giudizio di un altro leghista, Fiorello Provera, presidente della commissione Esteri del Senato. “Noi siamo d’accordo con Brahimi e con la soluzione di un governo iracheno provvisorio. Poi sarà necessaria una nuova risoluzione delle Nazioni unite. Entro il 30 non si può abbandonare l’Iraq e venire via”.