Home Conflitti Il prossimo rapimento? Chiedere ai servizi Usa

Il prossimo rapimento? Chiedere ai servizi Usa

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E infatti i nomi delle due ragazze italiane erano su una lista dei servizi segreti Usa. Ecco chi gestisce a proprio piacimento i rapimenti. Non era difficile arrivarci, ma ora bisogna avere quella lista per evitare che i nostri “alleati” mettano in scena l’ennesimo rapimento ai nostri danni.

ROMA – Ricompare la lista. Si torna a parlare
di un elenco di nomi nel quale erano inseriti anche quelli di Simona Pari e Simona Torretta. Se ne era parlato subito dopo l’irruzione del commando di rapitori nella sede di “Un ponte per” a Bagdad, il 7 settembre, quando le volontarie furono rapite insieme ai due colleghi iracheni. L’esistenza di una lista è stata confermata questa sera, a Porta a porta, dal commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli: i nomi delle due volontarie erano in una lista che pare provenisse da uffici dei servizi segreti Usa, e che le individuavano, secondo gli iracheni, come elementi di spionaggio”. E Scelli aggiunge anche che “in qualche modo le due ragazze si collegavano a Baldoni e Ghareeb”, i cui nomi, però, non sarebbero stati tra quelli dell’elenco in mano ai sequestratori.

Condannate perché spie. Secondo Scelli, il presunto ruolo di spie delle due volontarie sarebbe il motivo per cui i sequestratori le avevano condannate a morte, tanto da annunciare la loro uccisione entro le 72 ore successive. Poi però sarebbero stati accertati identità e compiti delle ragazze. E un ruolo importante avrebbe avuto anche la mobilitazione per il loro rilascio.

La pistola. Fra l’altro, allo stesso collaboratore iracheno, ed interprete, di Scelli, Navar, è stato fatto giurare sul Corano che le due donne non erano spie: sarebbe accaduto nelle ore che Scelli e Navar hanno trascorso con gli emissari, e durante le quali il commissario della Cri ha ricevuto dai sequestratori la pistola che in origine sarebbe dovuta servire per uccidere le ragazze.
Un’arma, ha spiegato Scelli, che aveva “un valore simbolico”, ma sulla quale la procura di Roma ha disposto una consulenza tecnica. Inoltre, la convinzione iniziale dell’appartenenza a qualche servizio segreto, sarebbe stata anche oggetto di interrogatori fra i sequestratori e le ragazze.

Mussi annuncia interrogazione. Affermazioni che non potevano non suscitare una reazione immediata. Come quella di Fabio Mussi: “Il dottor Scelli ha detto in tv una cosa enorme – dice il vicepresidente della Camera – che i nomi di Simona Pari e Simona Torretta, oltre a quelli di Baldoni e del suo accompagnatore Ghareb, comparivano in una lista che ‘pare provenisse da uffici dei servizi segreti Usa’. E’ vero? Chi ha dato a chi quella lista? Chi è il responsabile di omicidi e rapimenti di persone note per il loro impegno umanitario e pacifista? Il governo deve rispondere subito. Domani – annuncia Mussi – sarà depositata un’interrogazione parlamentare a risposta urgente”.

“Nessun ricatto”. La trattativa per il rilascio delle donne è entrata nel vivo negli ultimi dieci-quindici giorni. Maurizio Scelli nega che ci sia stato un riscatto. “Non voglio sentirne parlare, mi mette in condizione di perdere la neutralità. E’ un attentato alla vita di 25 persone che stanno curando 300 persone al giorno – ha insistito Scelli – oltre che alla mia persona. La Cri è un ente pubblico ed è neutrale, non può permettersi di dare cento lire che non siano documentate”.

Ma se il pagamento fosse stato fatto da altri? “Scusate – ha risposto – e chi le ha portate a casa le ragazze?”. L’unico riscatto pagato, ha osservato ancora, è l’impegno della Cri a favore della popolazione irachena, “nonostante il rischio di rapimento per un occidentale, soprattutto italiano, e di un potenziamento della nostra attività”.

Liberate “per gratitudine”. Confermando i contatti avuti con gli esponenti degli Ulema e degli sciiti, Scelli ha sottolineato che “il canale attivato per la liberazione di Pari e Torretta è stato “quello delle altre volte, cioè quello del nostro lavoro. Le 25 persone della Croce Rossa, che sono rimaste a Bagdad mettendo a rischio la loro vita, hanno curato 80 mila persone, di cui 35 mila bambini, dando assistenza ogni giorno a 300 persone. E’ stata quindi l

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