domenica 6 Ottobre 2024

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Fini ci è riuscito, è diventato ministro degli Esteri. Certo è stata dura. Abiure e ripensamenti su Mussolini, sul Fascismo, sulla Rsi, sugli immigrati, viaggi in Usa e a Tel Aviv mentre il tempo passava; ora che l’obiettivo è stato centrato l’ex delfino di Almirante potrà servire al meglio Israele.

ROMA – Bolognese, 53 anni il prossimo 3 gennaio, sposato con una figlia, laureato in psicologia, giornalista professionista dal 1979, Fini inizia la sua carriera politica nel 1971 nelle file del Msi di Giorgio Almirante. Nel 1977 entra a far parte del Comitato centrale del partito e nello stesso anno il segretario gli affida la guida del Fronte della Gioventù, l’organizzazione dei giovani missini.

Passano altri sei anni e nelle elezioni politiche del 26 giugno del 1983 Fini viene eletto per la prima volta alla Camera, dove resterà ininterrottamente nei successivi 21 anni. Nel 1987 la prima svolta: il 6 settembre Almirante lo indica come suo ‘delfino’ e nel congresso del partito che si svolge a dicembre a Sorrento batte Pino Rauti e viene eletto segretario.

Ma due anni dopo la situazione si rovescia e alle assise di Rimini del gennaio 1990 è Rauti a prevalere. Una parentesi che dura poco, perchè il partito passa da una sconfitta elettorale all’altra e diciotto mesi dopo il Comitato centrale affida nuovamente a Fini la leadership del partito.

La seconda – e per molti versi decisiva – svolta arriva quando si candida, ancora da segretario dell’Msi, a sindaco di Roma. E’ l’autunno del 1993, Fini viene sconfitto, ma conquista molti voti. La sfida con Rutelli lo impone definitivamente alla ribalta della politica nazionale. Berlusconi dichiara: “Voterei per lui”. E’ l’inizio di un’alleanza politica: il Cavaliere entra in politica dopo pochi mesi.

Nel 1995, al congresso di Fiuggi, muore l’Msi e nasce Alleanza Nazionale. Rauti, il suo vecchio avversario, non accetta il passaggio dalla vecchia alla nuova formazione e decide di non entrare in An.

Nel frattempo, però, ci sono state le elezioni politiche del 27 marzo del 1994, la nascita e la crisi del primo governo Berlusconi, la formazione del governo Dini. Quando questi si dimette, sembra che si vada verso la formazione di un governo con Antonio Maccanico primo ministro, chiamato a realizzare le riforme istituzionali e anche quel presidenzialismo da sempre bandiera della destra.

Ma Fini si schiera tra gli avversari di questa operazione, spinge per andare alle elezioni anticipate, che segnano però la vittoria di Romano Prodi e dell’Ulivo. Per il centrodestra inizia la cosiddetta ‘traversata nel deserto’, durante la quale coalizione e singoli partiti cercano di riposizionarsi. In questa fase An e il suo leader conoscono il momento più difficile nella primavera del 1999, quando l’alleanza con Mario Segni sotto il simbolo dell’ ‘Elefantino’ porta alla sconfitta sia nei referendum per il maggioritario, sia nelle elezioni Europee.

Il centrodestra però sta per prendersi la rivincita. Vince le Regionali del 2000 e poi le politiche del 2001. Fini entra nel governo come vicepresidente del Consiglio, e da questa posizione inizia a muoversi sullo scenario internazionale. Partecipa ai lavori della Convenzione per l’elaborazione della Costituzione europea, e compie una serie di viaggi nei Paesi del’Est destinati ad entrare nell’Ue. E, dopo una lunga preparazione, riesce a recarsi in Israele.

In quella occasione definirà la Shoah e le leggi razziali del fascismo e del nazismo “male assoluto”. Parole che gli fruttano consensi, ma che suscitano anche polemiche nella destra, che sfociano nell’abbandono di An da parte di Alessandra Mussolini.

Ma ormai la strada è tracciata. Un viaggio negli Usa e poi, la settimana scorsa, un’altra visita in Israele da ministro degli Esteri ‘in pectore’. Fino alla nomina di oggi, ultima tappa dello ‘sdoganamento’ della destra e del suo leader.

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