intervista a Guelfo Bartalucci, responsabile romano del Blocco Studentesco
«Fascista io? Bèh, purtroppo sì. Se non lo fossi, avrei di certo meno problemi». Guelfo Bartolucci, 21 anni – «faccio politica da quando ne avevo 13» – è il coordinatore romano del Blocco studentesco. Già, proprio loro, quelli del Blocco, i cattivi ragazzi di CasaPound. Quelli che hanno un conto aperto con la storia, che si son presi il fardello della sconfitta e quello più duro, pesante delle nefandezze del Ventennio. Ma loro lo portano in spalla con orgoglio, spudoratezza. É un “fascista del terzo millennio” Guelfo: «Una definizione che ci piace, inventata da un giornalista alla fine degli anni ‘90. Siamo ancorati a quella tradizione lì, al primo fascismo, quello rivoluzionario e soreliano, per questo non capisco perché non dovremmo avere il diritto di scendere in piazza». In effetti è il fascista che non ti aspetti, Guelfo Bartolucci. Figlio di una famiglia della buona borghesia romana, si è ritrovato prestissimo a frequentare gli ambienti della destra romana: «Mio padre è bertinottiano e all’inizio del mio impegno era preoccupato per la mia scelta. Preoccupato come sono preoccupati i genitori di tutti i ragazzi che fanno politica. Il fatto di rientrare la sera tardi dopo aver attachinato col rischio di aggressioni che è sempre dietro l’angolo non è certo il massimo. E lo dico al di là dell’appartenenza politica. É un rischio che accomuna tutti. Sia i ragazzi di destra che quelli di sinistra». E se gli chiedi come diamine sia finito a CasaPound, lui non fa una piega: «Ho sempre fatto politica, perché nella politica vedo la possibilità di cambiare il mondo. A dire la verità all’inizio pensavo di essere di sinistra. Era una suggestione, una fascinazione per alcune figure, alcune icone: Che Guevara su tutti. Poi, piano piano, questa infatuazione si è consolidata ed è diventata coscienza politica». E adesso? «Adesso non saprei. Sono un fascista del terzo millennio, non mi sento né di destra né di sinistra, non capisco quest’ansia di riduzione, di categorizzazione. Mi sembra stupida, senz’altro è roba del secolo scorso. Ma una cosa l’ho capita: il mio impegno politico è totalizzante, è parte integrante del mio modo di vivere». E non importa se si sente odiato, disprezzato, se le sue idee sono vietate, Guelfo è lì, è giorno e notte a CasaPound. Sempre pronto a prenderle e sempre pronto a darle.
Insomma, vi piace menare le mani sì o no? A sinistra si è fatto un lungo e tortuoso percorso per ammettere il valore della non-violenza. E tu? che rapporto hai con la violenza?
Non credo che la violenza possa essere accettata o rifiutata tout-court. Certo, noi sappiamo usare le mani ma le usiamo sempre controvoglia. Quando ci aggrediscono 100 contro 15 noi non ci ritiriamo dallo scontro ma non è certo piacevole. E poi non credo che esista solo questo tipo di violenza. Quella che subisce un operaio che deve vivere con 900 euro al mese, magari strozzato da un mutuo, non è violenza? Quella che subiscono gli immigrati, costretti ad andar via dalla loro terra che le colonie hanno depredato, ecco, non è violenza quella?
Nion mi dirai che adesso difendi anche gli immigrati? Non ti sembra un po’ troppo per un fascista?
Io credo che l’immigrazione sia un problema molto serio. Credo che l’Italia sta diventando un paese multirazzista e non multirazziale come la retorica buonista di questi anni.
Perché fascista del terzo millennio? In cosa ti distingui dal fascismo del Ventennio?
Bèh, io sono figlio di questi tempi, le nostre idee affondano le radici in anni passati ma oggi molte cose sono cambiate e sarebbe stupido ripescare le vecchie idee in modo acritico. Di certo sarebbe antistorico.
Che rapporto hai con la democrazia? Si può essere fascisti e democratici? Se per democrazia si intende la partecipazione allora sì, sono di certo democratico. Se invece si intende l’attuale governo dei pochi, questa oligarchia politica, allora preferisco di gran lunga definirmi fascista. Perchè quello fascista è stato di certo un governo partecipato e popolare.
Per molti, moltissimi è stato il governo dei manganelli, del confino e anche della morte..
Non credo di dover rispondere degli errori di quel periodo. Ogni governo ha delle pagine buie, ma io non vado certo da un comunista a chiedere conto dei massacri staliniani, così come non vado da un cattolico a chiedere conto delle tante nefandezze della Chiesa.
Ma non ti senti liberato anche tu dalla guerra partigiana?
Ma no, per quel che mi riguarda c’era poco da liberare. Qui voglio essere chiaro: noi non ci sentiamo figli della resitenza, semmai mi sento figlio della repubblica sociale. Però vorrei che tutti uscissimo da questi schematismi, da questo eterno reiterarsi degli opposti estremismi. Non capisco questo accanimento contro di noi, non capisco perché invece di proibirci di scendere in piazza non vengono a parlare con noi a vedere quali sono le nostre attività.
E con tuo padre, il bertinottiano, come va? Lui è disposto a capire?
All’inizio era molto preoccupato. Pensava che la mia scelta fosse frutto di un fanatismo adolescenziale. Poi, col passare del tempo, ha capito che la mia era una scelta totalizzante. Sono andato via di casa a 18 anni, al tempo delle prime occupazioni e oggi abbiamo un rapporto di reciproco rispetto. Spesso mi dice che alcune nostre battaglie sono decisamente di sinistra. Probabilmente è vero. Quando Morucci venne a CasaPound chiarì bene l’errore dell’antifascismo militante e della logica dell’odio che lo sostiene. Io rispetto ogni scelta politica e non ho paura del confronto. Con nessuno. L’antifasciasmo è peggio del cannibalismo. Tra le popolazioni aborigene il vincitore mangiava il cuore o il cervello dello sconfitto per acquisirne la sua forza. Ecco, quello è un segno di rispetto nei confronti di chi ti sta davanti. A noi vogliono semplicemente cancellarci, vogliono proibirci di esistere.
Vi sentite odiati?
Abbiamo lottato, e continuiamo a farlo, per cancellare gli stereotipi che ci accompagnano. L’idea che il fascista è brutto, sporco e cattivo è ancora dominante. Ci accusano di essere deboli con i forti e forti con i deboli. Che odiamo le diversità: i gay, gli zingari e gli immigrati. E’ tutto falso.