lunedì 4 Novembre 2024

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altLa tenacia francese nella capitale tedesca


A metà dell’aprile 1945 i sovietici si slanciarono su Berlino con ventitre armate, forti di oltre un milione di uomini, dotate di formidabile artiglieria e di ben seimila carri armati.
Di fronte avevano tre esauste armate tedesche, cui si aggiunse la popolazione in armi nella Volksturm e nella Hitlerjugend.
La battaglia di Berlino divampò il 19 aprile, vigilia del compleanno del Cancelliere; Stalin aveva deciso di conquistarla entro il 1 maggio.
La metà dei carri sovietici, ben tremila, si riversò sulla città. La difesa tedesca fu epica e strenua oltre ogni immaginazione.
Spesso i difensori resistettero con mezzi di fortuna e combatterono persino all’arma bianca.
In varie zone della città si fecero annientare fino all’ultimo  pur di non cedere terreno. Gli episodi eroici furono innumerevoli; si possono citare a caso le difese disperate del Tiergarten, dell’Olympiastadion e della tomba di Horst Wessel dove la Hitlerjugend si fece sterminare per non abbandonare il simbolo e le spoglie del martire SA.
Sulla Bismarkstrasse, il 29 aprile, un gruppo misto di ragazzini e ragazzine contrattaccarono la colonna dei carri nemici e la costrinsero a ripiegare.
Tra gli ufficiali tedeschi si fece particolarmente onore il giovane generale Bärenfänger, trent’anni e generale dai ventinove, che fu sempre in prima linea e rifiutò ogni ripiegamento perché “quand’anche non avessimo più munizioni abbiamo una fede”. Sarebbe caduto eroicamente il 2 maggio.
Tra i difensori si trovavano anche dei volontari stranieri: scandinavi, lettoni, spagnoli.
A farsi particolarmente valere e a saldare per l’eternità il proprio nome con quello di Berlino, furono i francesi della Charlemagne. Costoro, che erano un pugno di uomini, ebbero al proprio attivo quasi il dieci per cento delle perdite dei carri sovietici. Ben ottocento di questi vennero distrutti dai difensori, 72 dei quali dai francesi che inchiodarono a più riprese gli attacchi nel proprio settore eseguiti da 108 carri nemici.
Già il 26 aprile la Charlemagne si era coperta di gloria perché un suo contrattacco guidato da un sottufficiale, Pierre Rostaing, lungo la Braunauerstrasse, oggi Sonnenallee, aveva costretto – caso unico nella battaglia – i sovietici a dover arretrare di alcuni chilometri l’intera linea del fronte.
Rostaing aveva combattuto tutta la guerra ad est e si era anche cimentato in operazioni di controguerriglia tra le line dei partigiani russi insieme ad altri volontari francesi e a dei russi bianchi. Sarebbe uscito incolume anche da Berlino!
I francesi collezionarono Croci di Ferro; le ricevettero Vaulot, eccezionale cacciatore di carri, Apollot, Weber e infine il principale graduato, il capitano Fénet.
La sorte o il Fato vollero che la loro ultima linea di difesa si trovasse accanto alla Cancelleria, lungo l’asse della Wilhelmstrasse.
Fu allora che Fénet e i suoi, dopo che il Cancelliere si era dato la morte, decisero da guasconi di “fare un dispetto a Ivan”, come nel loro gergo i legionari francesi chiamavano i russi: la Cancelleria non deve cadere il 1 maggio, verrà difesa fino al 2. Per nessun’altra ragione che l’orgoglio, il puntiglio, la tenacia.
E così fu. La Cancelleria tenne, grazie alla Charlemagne, fino al 2 maggio. Anche in altri luoghi della città, particolarmente nel Tiergarten, la battaglia infuriò oltre l’1. Qualcuno sparò ancora il 3 maggio.
Fu così che Berlino e la Charlemagne, con la sua ostinazione ed il suo panache,  divennero un binomio inscindibile per la storia e per l’epica.
 

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