giovedì 17 Luglio 2025

La mia degenerazione ha perso

Come i miei coetanei stanno sporcando tutto

Più letti

Global clowns

Note dalla Provenza

Colored

Giorgio Gaber che è stato il più geniale, brillante e profondo intellettuale tra quelli ancora vivi dopo il 1974, tra le sue perle ci ha lasciato “La mia generazione ha perso”.

Forse, dalla sua parte. E forse no, magari ha perso solo la componente romantica di quella generazione, visto che la trasformazione del mondo in una Open Society senza frontiere e senza punti fermi è proseguita, esattamente come nell’immaginario hippy e libertario.

Imagine all the people…. Ma la religione non è scomparsa, si è trasformata in ideologia fondamentalista, opprimente, deprimente, cieca e fastidiosa che si declina così sotto tutte le confessioni da parte dei repressi e dei frustrati. L’islamismo ha preso il posto del comunismo, così come prevedevamo alla caduta del Muro e come fu “predetto” dai servizi americani poco dopo.

Anche Lennon, quindi, in fondo ha perso.

Ma la mia generazione, quella della mia parte, ha vinto.

Ha tenuto botta pur avendo contro la Magistratura organizzata in Soviet, i servizi segreti che i poverelli continuano a definire nostri protettori, ma che in realtà ci hanno incriminato in decine e decine di delitti fabbricando dal nulla una serie di false piste, ci hanno anche assassinati qua e là, mentre li si scoprì talvolta lingua in bocca con i terroristi rossi.

Ha retto a leggi liberticide, all’assenza totale di qualsiasi copertura istituzionale, all’inesistenza del logistico, a un clima ideologico molto più che ostile, all’uccidere un fascista non è reato. Tanto che, nella sproporzione di forze di almeno quindici a uno, ha restituito colpo su colpo senza piegare la testa.

Ha affrontato la prigione a testa alta e con pochissimi tradimenti. Il giudice Caselli attribuì questa fermezza al “mito della sconfitta”, così intendeva la virilità tragica e l’assenza del motore della speranza. Non poteva capire.

Ha tenuto botta e intanto è crollato il sistema comunista, si è riunificata l’Europa con i suoi fratelli ad est. Si è riunita la Germania, è ripartito il Giappone.

Solo l’Italia, dove tra parentesi erano state spazzate via due generazioni di avanguardie nazionalrivoluzionarie, e dove, soprattutto, contavano i signori di Jalta più che altrove, stentò a prendere il largo e lo fece con la zavorra delle svendite degli asset e con il cambio appositamente sbagliato (ideologia comunista e interesse britannico dell’era Prodi) nell’Euro. Il quale, comunque, ci ha tenuti a galla quando la concorrenza asiatica si è scatenata e ci avrebbe colati a picco senza quell’ancora. Il quale, inoltre, ha rappresentato finora – e ancora adesso – la sola concorrenza seria al Dollaro. Tanto che ha provocato una serie di crisi e di guerre da parte americana un po’ ovunque.

In ogni modo tra il 1989 e il 1994 fu chiaro che avevamo vinto. Solo che non c’eravamo più.

Perché? Forse per tedio, forse per pigrizia, forse per viltà morale, forse per affezione al vittimismo e al solipsismo. Fatto sta che quando dovevamo entrare in gioco, quando – metaforicamente – dovevamo buttare la palla in rete, ci siamo rifiutati di assumere il nostro compito.

La scusa? “Non era questa l’Europa che volevamo”. E grazie al cavolo! Come se la storia funzionasse con improvvisi scenari perfetti ai quali aderire oppure rifugiarsi nella figura del Puffo Brontolone. E fin qua ci poteva anche stare: si trattava unicamente di non assumersi l’impegno – io direi l’imperativo – di operare in Europa per la sua grandezza e al contempo per la sua rigenerazione.

Purtroppo, però, toccava assumere un ruolo da antagonista per recitare le proprie esistenze marginali. E allora? Allora Puffo Brontolone ha fatto come i GUF del 1943: ha ascoltato il nemico ed è passato dalla parte sua.
Qualunque nemico, purché fosse contro l’Europa: russo, americano, inglese (ricordate le sbornie per la Brexit?), cinese, nordcoreano, venezuelano, iraniano.

Pur di mantenere un ruolo da falliti che non ammettono il fallimento, eccoli tessere puntualmente le lodi dei denazificatori, degli impiccatori, della Ceka, della Charia. Qualunque cosa contro la terra dei padri e la terra dei figli!

Sono arrivati perfino a rivalutare l’Unione Sovietica, ad accusare i loro coetanei di avere combattuto i comunisti (un crimine terribile a sentir loro) e a cercare ogni elemento marginale per inchiodare il proprio passato nell’immaginario criminalizzante che ne ha dipinto il PCI.

Ovvero d’intesa con il nemico, una pratica di cui però proprio quest’area è quella che ha espresso di gran lunga il minimo in assoluto.

Devono avere bisogno di giustificare davanti a se stessi il proprio tradimento non confessato. Un classico. Ricordo un superpentito che rivolgendosi a un ragazzo che aveva fatto arrestare gli disse: “sei un infame perché fai soffrire tua madre”.

Così sono giunti a deridere, accusare, sminuire, lotte di popolo contro l’invasore, esattamente come ora pretendono che nel 1949 Stalin fosse pacifico e che i russi a Vienna e Tito a Trieste fossero dei turisti.

Lo fanno con gli ucraìni che stanno dimostrando a tutti che è ancora possibile l’eroismo. Ma, in troppi sono passati dalla Runa del Guerriero, dalla Metafisica della Guerra, dalla Dottrina Aria di Lotta e Vittoria al pacifismo, al disarmo, all’invito alla resa di chi combatte e al “vadano a combattere gli altri”.
Si eccitano solo contro il gay pride.

E non solo contro gli ucraìni. Li ho sentiti accusare i karen e i tibetani di essere “nemici dell’Eurasia”…

La mia generazione aveva vinto.
Purtroppo ha perso poi, è diventata una degenerazione.

Per fortuna i ponti tra le generazioni sono crollati e sotto i sessant’anni sono ben pochi a sostenere Jalta contro l’Europa.

I giovani sono molto più lucidi, svegli, centrati, normali.

Ripartiranno loro dalla nostra vittoria, quella a cui noi abbiamo voltato le spalle.
Non più Puffi Brontoloni ma miseri servitori (inconsapevoli, ve lo concedo) di chi ci ha sempre combattuti, calunniati e assassinati.

Ultime

Una politica di estorsione

La giunta romana di sinistra ha come modello lo sceriffo di Nottingham

Potrebbe interessarti anche