martedì 20 Maggio 2025

Le bestie e Mel Brooks

Il 9 maggio dei bruti frustrati e degli esistenzialmente disturbati

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Oggi a Mosca sfilano per celebrare la vittoria di ottant’anni fa.
Lo fanno con pochissimi capi di stato o di governo stranieri, loro complici o soci d’affari. Ci sono i valvassini di quel poco che resta dell’influenza politica russa nel mondo, più quelli che la Russia se la sono mangiata completamente, i cinesi, e, poi i brasiliani in cerca di un ruolo tra Occidente e Cina.
Tutto qui.


C’è aria di disfatta, dietro la retorica

Siamo nel quarantesimo mese di una  “operazione speciale” che il Cremlino affermò di risolvere in tre giorni e che si è tramutata in una guerra abbondantemente persa da tempo. Questo al di là delle future divisioni territoriali (tutte da decidere), perché in questa follia la Russia non solo si è dissanguata ed è diventata serva di Pechino,  che del suo guerreggiare se ne infischia, ma ha perso politicamente, psicologicamente, economicamente e ha mostrato una tale inefficienza militare che può spaventare solo chi non ci capisce nulla. O chi ha bisogno, per opposte ragioni, di uno spaventapasseri.

Cosa festeggia questo carrozzone sgangherato di oggi? La grande vittoria di ieri


Insieme a tutti i capitalismi e a tutti gli imperialismi borghesi, con armi, carri e soldi americani, contro un nemico che combatteva su tre fronti e con un rapporto di forze da uno a dieci.

Festeggia soprattutto l’essersi rivelata una bestia immonda


Nella sola Germania quella “liberazione” comportò quindici milioni di sfollati per pulizia etnica, quattro milioni e mezzo di assassinati a guerra terminata, di cui oltre un milione di soldati nei campi, più di due milioni di donne stuprate, una nazione smembrata e a lungo occupata dai vincitori.

E dire che oggi c’è chi in Germania, dopo che lo aveva fatto la ex compagna Merkel, inneggia a questi “liberatori”.
Si tratta di AfD che la stampa spaccia per “neonazista”, ma che è espressione di nostalgici della DDR (quella che per contenere i suoi sudditi dovette erigere il Muro di Berlino), che è guidata da una funzionaria di Goldman Sachs residente in Svizzera e sposata con una lesbica immigrata dal terzo mondo.
Forse perché antislamici, questi li chiamano “neonazisti”, per il resto hanno tre punti fermi che idolatrano: Lgbt, Armata Rossa, Israele.

Oggi Mosca è una fogna

Ed è orgogliosa di tutto quello schifo di allora, che, anzi, promette nuovamente oggi. Così come rivaluta il gulag a cielo aperto in cui rinchiuse, complici i suoi padroni e padrini americani, ovvero gli altri gangsters nemici dei popoli, la metà dell’Europa per oltre quarant’anni, fino all’implosione per la sua manifesta incapacità.

Che a Mosca festeggino ci sta tutto. Se sono così fanno bene a farlo.  Orchi ed orchetti festeggiano questi comportamenti, sotto qualunque cielo.

Ci sta pure che veterocomunisti o nemici dell’uomo festeggino con loro.

Il bello – si fa per dire – è che festeggiano pure i filorussi che vengono dalla destra radicale.
Si tratta, come ebbi a dire, del kali yuga secondo Mel Brooks.

Ora chiariamoci. Qui non si tratta di essere filo russi o anti russi, ma di tutt’altra cosa

Perché è possibile fraintendere quello che accade ed essere quindi filorussi per antiamericanismo?
Non so come non si sia capito da subito che tra Washington e Mosca c’è complicità e non antagonismo, né come si possa mai pensare che, qualora si scontrassero, i russi sarebbero meglio degli americani, visto che sono forse i soli peggio di loro, ma evidentemente si può.

Si può anche sperare che tramite quei cialtroni abbaianti crolli il sistema occidentale. Si tratta a mio parere di un vero  e proprio infantilismo, ma, pur irridendolo, lo posso assolvere in parte.

Comprendo di più quelli che sostengono che questa guerra fa solo gli interessi americani, anche se non capisco come non chiudano il ragionamento con quanto pure è evidente: ovvero che tutto ciò lo hanno causato e continuano a causarlo i russi.

Non riesco proprio a comprendere e a non disprezzare chi non ammira un popolo che da oltre tre anni combatte l’invasore né chi non prova empatia e rispetto (per non dire vergogna nel paragone) con le migliaia di ragazzi  che affrontano, andando volontariamente incontro alla morte, l’oppressore che li vuole “denazificare”.

Ma, al di là di tutto questo, mi chiedo come sia possibile

a chi si è messo in testa che la fogna russa sia un paradiso o che il servo russo sia un nemico degli americani, di arrivare al punto di guardare con ammirazione, con gioia, con trasporto, alla sfilata della vittoria della bestia immonda sul proprio popolo, sul proprio campo  e sull’idea alla quale si dedicò in gioventù.

Forse il kali yuga secondo Mel Brooks è un vero e proprio gorgo che trascina giù e lo fa beffardamente.
Se non si è più presenti a sé ma si inseguono trip e utopie, ci si trasforma in caricature di se stessi.


Dal Mito dell’Europa all’antieuropeismo, da Né Mosca né Washington alla rivalutazione di Jalta, dalla Runa del Guerriero alle mobilitazioni pacifiste.

Senza rendersi neppure conto che si finisce per glorificare i boia, le bestie, i massacratori, cosa che non sarebbe affatto indispensabile per sostenere le posizioni filorusse. Ma, a furia di lasciarsi prendere dal gorgo,  si finisce così.

Perché – come noto – il fondo non ha fondo.

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