Lo studio di Claudio Mutti, Le penne dell’Arcangelo. Intellettuali e Guardia di Ferro, pubblicato nel 1994 dalla Società Editrice Barbarossa, è uscito in edizione romena.
Traduciamo qui di seguito la lunga recensione che il poeta e saggista Gabriel Stanescu ha dedicato al saggio di cui sopra.
I dibattiti degli ultimi decenni sui casi di Nietzsche e di Heidegger hanno coinciso con le accuse relative all’adesione al Movimento Legionario da parte di alcuni intellettuali di fama europea come Mircea Eliade ed Emil Cioran. Secondo una pratica seguita non soltanto dalle polizie segrete dei regimi totalitari, sono stati addirittura fabbricati dei documenti falsi per dimostrare la loro “colpevolezza”, mentre gli avvocati della difesa, da parte loro, hanno cercato di “delegionarizzarli”, invocando circostanze attenuanti o assolvendoli da ogni colpa.
Claudio Mutti, un importante ricercatore del fenomeno sociopolitico e culturale interbellico della Romania, autore di numerosi studi tra cui anche una breve monografia su Mircea Eliade (1984), editore, traduttore e pubblicista italiano, perfetto conoscitore della lingua romena, ha osato intraprendere – sulla base di una solida documentazione bibliografica – un’ampia indagine sine ira et studio circa i rapporti di Nae Ionescu, Mircea Eliade, Emil Cioran, Constantin Noica e Vasile Lovinescu col Movimento Legionario. Il suo libro, che reca il titolo suggestivo Le penne dell’Arcangelo, è stato inizialmente pubblicato in Francia e in Italia, poi, nel 1997, è apparso in una traduzione romena curata da Razvan Codrescu presso l’editrice Anastasia.
L’autore si propone in primo luogo di far luce nel fascicolo dei cinque intellettuali romeni, al di là delle accuse infami lanciate contro alcuni di loro e dello zelo dei loro apologeti e difensori. Infatti il volume comprende cinque brevi monografie (quella dedicata a Vasile Lovinescu risponde in minor misura allo scopo della ricerca, mentre le più documentate sono quelle dedicate a Nae Ionescu e a Mircea Eliade) e due appendici: L’Inquisizione contro Mircea Eliade e Il caso Eliade attraversa le Alpi.
Lo studio si avvale di un’interessantissima prefazione firmata da Philippe Baillet, un eccellente conoscitore del fenomeno romeno interbellico. Tra l’altro, Baillet parla di una certa specificità del Movimento Legionario nel quadro dei fascismi e concorda con l’idea di altri ricercatori, secondo cui il Movimento Legionario non è altro che un “falso fascismo”, dato il suo carattere religioso e data la dottrina del sacrificio che affonda le proprie radici nel cristianesimo romeno. In questo senso, l’appello fatto dal prefatore francese alla testimonianza di Mircea Eliade è rivelatore di per sé e non necessita di alcun commento. Lo storico delle religioni afferma, nel vol. II delle sue Memorie, che per Corneliu Codreanu “il Movimento Legionario non costituiva un fenomeno politico, ma era di essenza etica e religiosa. Aveva ripetuto tante volte che non gli interessa la conquista del potere, ma la creazione di un uomo nuovo. La necessità del sacrificio, leit motiv della dottrina legionaria, è spiegato da Baillet con la persistenza del tema arcaico giunto al cristianesimo per il tramite della poesia popolare (vedi la Ballata di Mastro Manole) della costruzione spirituale.
Il contributo di Claudio Mutti è tanto più necessario, in quanto la nostra storiografia, con poche eccezioni, è metodologicamente tributaria di quel modo di pensiero unilaterale e tendenzioso che si esprime nel gergo democratichese. I manuali di storia qualificano il Movimento Legionario come una filiale della Germania hitleriana e lo accusano, tra l’altro, di aver propagato una “ideologia mostruosa”. In molti studi romeni e non romeni, la Guardia di Ferro è per lo più etichettata, in maniera pura e semplice, come l’ala paramilitare del Movimento Legionario, mentre Guardia di Ferro è uno dei nomi che furono assunti dal Movimento Legionario. In realtà, il fenomeno è molto più complesso e variegato e la sua comprensione presuppone che il pensiero venga liberato da decine di pregiudizi relativi alla storia moderna e contemporanea della Romania.
Dato questo svantaggio, che consiste nel carattere lacunoso delle nostre conoscenze, non potremo mai offrire un’alt