Dopo i bombardamenti delle basi iraniane e i lanci di missili su Israele e su basi americane, comunque preavvertite per evitare risposte troppo violente, si corre davvero il rischio di una guerra mondiale?
La temono in molti, ma non sembrano esserci i presupposti.
Salvo necessità di totale reset economico globale (al momento non imminente) o questioni di sopravvivenza di una potenza atomica, tipo Israele, non si vede come ciò potrebbe accadere.
A meno di voler credere nel determinismo delle congiunzioni astrali che renderebbe tutti ciechi.
I blocchi contrapposti non esistono affatto. Gli interessi di ciascuno sono minacciati parzialmente da qualunque azione volta a modificare il quadro. Azioni che si producono tutte sulle arterie dei traffici energetici e sui punti di controllo delle rotte marine, perché, barzellette delle propagande a parte, solo di una ristrutturazione geoenergetica e geoeconomica si tratta.
Perché mai lo strappo americano contro l’Iran dovrebbe aprire a scenari da terza guerra mondiale?
La sola grande potenza in assoluto che viene intaccata dalle azioni in Medio Oriente successive al 7 ottobre 2023 è la Cina. Ma non al punto da impegnarsi in una guerra, che oltre tutto non sarebbe in condizioni logistiche di combattere nella regione, a differenza di come possono fare americani, israeliani e sunniti.
Al massimo, e se lo dovesse ritenere vantaggioso, potrà approfittarne per occupare Taiwan. La quale, però, gli americani hanno sempre detto che non sono disposti a difendere militarmente, quindi come casus belli mondiale appare deboluccio.
Tra Usa e Cina una guerra è possibile? Forse in futuro, anche se non è molto probabile. In ogni caso l’interrelazione tra le due economie e le due industrie renderebbe problematico lo scontro.
Chi allora dovrebbe difendere l’Iran? Il Pakistan che gli ha offerto il suo sostegno nucleare? Difficile che si tratti di altro che di chiacchiere, visto che contro l’India ha usufruito del sostegno diplomatico americano e che contro l’Iran si è di recente scambiato lanci di missili.
La Corea del Nord che, ammesso pure che il suo nucleare non sia un bluff completo, non saprebbe come farlo pervenire in Iran, né da dove farlo lanciare?
La Turchia che finge indignazione ma che è ben contenta dell’indebolimento di un suo rivale strategico?
La Russia che, al di là di tutte le connivenze del Cremlino con Tel Aviv, sa che la maggioranza degli israeliani è russa? E poi per combattere chi? Gli Usa ai quali è legatissima in tecnologia e nell’aerospaziale, con il rischio di farsi bombardare dalle atomiche americane armate di uranio venduto loro proprio da Mosca?
Credo che i pavidi possano dormire sogni tranquilli e che i frustrati che affidano la soluzione dei propri fallimenti esistenziali ad esotici cavalieri dell’Apocalisse irrompenti da Est e da Sud, debbano rassegnarsi.
Oggi assistiamo a una semplice redistribuzione di bottino e di lotti di terreno tra i soci del sistema gangsteristico che domina il mondo dal 1945.
Non ci sono per il momento forze alternative. Tra neocomunisti, neosovietici, ayatollah nemici della vita in tutte le sue espressioni, vecchi imperialisti nostalgici di passate grandezze, ceti vinti dalla globalizzazione, non c’è nessuna coesione reale. Sono solo invidiosi di quelli che il potere lo detengono da sempre e ne hanno definito lingua e cultura.
Tutti insieme, o meglio, tutti separatamente, essi sono i sindacati dell’impresa planetaria comune: servono a inquadrare meglio le basi e a renderle innocue.
Il sistema si rigenera sempre con i medesimi schemi.
Non è da loro che c’è da attendersi qualcosa che non sia patetico, ridicolo, ipocrita e grottesco.
Essi non differiscono dai più forti per qualità, ma solo per incapacità. Sono simili a loro ma inferiori e non è buna politica pensare di sostituire nulla con qualcosa di peggio. Serve produrre il meglio e che sia veramente alternativo, non alterbanditesco e alterliberticida.
Soltanto le necessità materiali dello scontro tra interessi dominanti può aprire spazi da riempire per chi faccia perno, non su psicopatie allucinate come tutti i presunti “alternativi”, Cina esclusa che ha un suo perché, ma è tutt’altra storia, bensì sul proprio gene, sulla propria terra e sulla nostra cultura olimpica, negata da ottant’anni. Anche da tutti gli “alternativi”, sovranisti compresi.