Siamo il popolo più spiato d’Europa (circa 400 mila utenze tenute sotto controllo ogni anno). Spiato da chi? Dallo Stato, ovviamente, che con la scusa della “lotta al terrorismo” o alla “criminalità” ci tiene discretamente d’occhio e ci scheda. E’ l’era del controllo totale
MILANO – La rivoluzione parte da Campobasso. Ed è un piccolo, divertente paradosso: perché Campobasso è – come raccontano ogni anno le statistiche sulla vivibilità delle città italiane – uno dei capoluoghi più pacifici del paese, con un tasso criminale appena sopra lo zero. Campobasso ha una procura con sei pubblici ministeri. Eppure è qui, in una piccola stanza di questa piccola procura, che oggi è in funzione l’Orecchio Elettronico più avanzato d’Italia (e d’Europa): un cervellone che in pochi metri quadrati di spazio spazza via mezzo secolo di storia delle intercettazioni. Il cervellone si chiama Enigma, lo ha prodotto Telecom vincendo la gara d’appalto indetta dalla procura. Manda in pensione gli operai che andavano a piazzare i “doppini” nelle centrali elettromeccaniche, libera gli sbirri che accucciati nel ventre dei furgoni ascoltavano da una radiolina il segnale rimbalzato da una microspia, spedisce in discarica i registratori a nastro su cui si accumulavano ore ed ore di chiacchiere da ascoltare e riascoltare fino allo stordimento.
Tutto questo appartiene al passato. Enigma intercetta tutto, dalle voci alle telefonate agli sms agli mms alle mail ai siti Internet, tutto digitalizzato, tutto caricato su un disco fisso con copia di backup a tutela dalle manipolazioni, tutto immediatamente riversabile a poliziotti e magistrati nei loro uffici a poche decine di metri o a centinaia di chilometri di distanza, flussi di dati criptati che viaggiano su linee dedicate con password d’accesso ai due lati. Tutto in grado di essere frugato con i motori di ricerca e messo in comune da un’inchiesta all’altra, scoprendo se il telefonino utilizzato da un sospettato di terrorismo islamico ricompare in una inchiesta per droga, riconoscendo un numero, un computer, una parola.
La rivoluzione di Campobasso è il punto più avanzato dell’onda che in tutte le procure d’Italia sta cambiando alla radice il modo in cui lo Stato italiano ascolta i suoi cittadini, in un’epoca in cui la tecnologia sposta su frontiere sempre più nuove la caccia tra guardie e ladri e la possibilità di intercettazioni sempre più sofisticate insegue la possibilità di comunicazioni sempre più sicure. Una partita in corso da sempre, ma che mai si è giocata su ritmi accelerati come in questi mesi.
A sostenere l’evoluzione c’è, su entrambi i fronti, un robusto movente economico. I cattivi devono difendere i loro affari, che – si tratti di importare un carico di cocaina o di rifilare alla Borsa un bond scoperto – sono affari da milioni di euro. Ma anche dall’altra parte, dalla parte dei buoni, c’è il business: perché quello delle intercettazioni in Italia è un mercato florido e che non conosce crisi, anzi si espande sempre di più. Il cliente è uno solo, lo Stato, l’unico che può (almeno ufficialmente) violare la riservatezza dei suoi abitanti.
E lo Stato esercita questo diritto con larghezza. I dati sono impressionanti. Per l’importo: ogni anno vengono spesi oltre 300 milioni di euro. E soprattutto per il numero di intercettazioni, che non è ufficialmente noto ma che si può desumere con buona approssimazione incrociando i bilanci dello Stato con quello degli operatori telefonici. Da questa analisi, si desume che la sola Telecom – che gestisce circa il 70 per cento dei telefoni fissi – intercetta ogni anno almeno centomila utenze: è come se una città di media grandezza venisse spiata per intero. Ancora più notevoli i dati sulle intercettazioni dei telefonini. La sola Tim (che controlla circa il 36 per cento della telefonia mobile) intercetta ogni anno almeno 140 mila linee, fornisce alla magistratura almeno 120 mila tabulati (cioè l’elenco completo delle chiamate fatte o ricevute da un telefonino) e addirittura