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LUPI D’AMERICA

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Un attacco preelettorale a Bush ed alla sua equipe ha fatto emergere in chiave scandalistica la verità sul comportamento delle truppe americane ed inglesi in Irak ed in Afghanistan. Una verità che è rimbalzata anche sui media d’occidente, vassalli del regime “politically correct”.

Per un momento è caduta la maschera dei liberators dell’Irak e dell’Afghanistan, al profumo di petrolio. Ed ovviamente si è scatenata anche in Italia la polemica in funzione elettorale. Tra difensori spudorati dell’America e nemici dichiarati di un’America che rapina sfrontatamente le ricchezze del mondo, ma di cui non si disdegnano aiuti cospicui a partiti e giornali, non mi pare di aver letto o ascoltato nessuno che abbia approfondito le indagini per ricordare analoghi trascorsi passati americani nei confronti dei prigionieri di guerra o delle popolazioni civili.


Anzi ci si straccia le vesti per buttarci in faccia un polverone di dichiarazioni di fedeltà agli ideali democratici, promesse di punire duramente i torturatori e affannose affermazioni che “si tratterebbe soltanto di casi sporadici”. Ovviamente quei partiti o i media che ricevono d’oltreoceano notevoli contributi finanziari, necessari all’integrazione delle loro enormi spese, non possono non essere allineati ai cori puritani d’oltreoceano in un parallelo coro di sdegno ipocrita.


Sdegno ipocrita perché non può non essere noto, a chi si occupa di politica, che nel dna americano la violenza è un elemento consistente e costante, e costante è pure l’abitudine di infierire contro coloro che si arrendono o non possono difendersi, com’è successo per le popolazioni civili; questa ferocia da lupi è un fatto basato sulla prassi, consuetudinario, di cui si va addirittura fieri , com’è accaduto ancora ieri a quei feroci, ma ingenui torturatori che credevano di potersi vantare delle torture “liberatorie e si sono lasciati vanagloriosamente fotografare e riprendere. Perché non è vero che si tratti di fatti sporadici, non è vero che i superiori non ne sapessero alcunché, non è vero che le democrazie rifuggirebbero da questi sistemi. e che, comunque, userebbero punire i torturatori.


Nessuno è stato punito, infatti, quando si seppe, tempo fa, dei prigionieri afghani, in mano americana, che erano rinchiusi in anguste gabbie singole di filo spinato, peggio dei polli, a Guantanamo, umiliati, affamati, esposti alle intemperie e costretti a rimanere inerti, ristretti senza mai potere uscire dalle gabbie. E adesso sono ancora ristretti (quelli vivi) nelle stesse gabbie; eppure nessuno degli attuali scandalizzatissimi predicatori di virtù se ne indignò allora, né se ne scandalizza oggi. Eppure tante voci si sono levate, e si levano giustamente a difendere i diritti delle bestie in gabbia nei giardini zoologici e nei circhi equestri.


Possiamo accertare proprio nell’habitus americano di ogni tempo, sistematiche persecuzioni nei riguardi dei prigionieri di guerra e delle popolazioni civili indifese.


Trascurando, per ragioni di spazio tanti crimini di guerra commessi dagli americani in Corea ed in Vietnam

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