I cinesi sfidano gli americani sulle rotte vitali
Esercitazioni congiunte, portaerei schierate per intimidire l’avversario, messaggi più o meno velati e controrepliche piccate. Che il Mar Cinese Meridionale fosse uno dei teatri più incandescenti del pianeta era noto. Tra la questione taiwanese ancora da risolvere, diverse isole contese, confini marittimi non rispettati da tutti i Paesi limitrofi e antiche rivalità annidiate nei meandri della storia, i potenziali punti di rottura sono infiniti. Ma che questa porzione di Asia meridionale diventasse anche una cartina al tornasole per l’ennesimo confronto tra la potenza cinese e quella americana, non era affatto scontato. E invece, il confronto del XXI secolo, quello tra Stati Uniti e Cina, riemerge dalle acque asiatiche.
Il focus sul quale vale la pena concentrare l’attenzione riguarda la quantità di mezzi marittimi a disposizione dei due attori citati. Già, perché Pechino è riuscita a superare Washington nelle dimensioni della flotta marina militare. Tutto merito dell’ingente sforzo effettuato dall’industria cinese, i cui cantieri, negli ultimi cinque anni, hanno sfornato navi da guerra a ripetizione. Come ha sottolineato il quotidiano Il Messaggero, il vantaggio che balza subito all’occhio è quello numerico. Il Dragone può adesso contare su 360 unità, a fronte delle 297 della marina statunitense, anche se la “stazza” dei mezzi – stando all’ultimo rilevamento datato 2019 del Center for International Maritime Security – premia ancora l’America, con 4,6 milioni di tonnellate per gli Stati Uniti e quasi 2 milioni per la Cina.
Pechino e il sorpasso su Washington
Quali sono, al momento, le differenze più sostanziali che contraddistinguono le flotte marittime delle due superpotenze? La US Navy riesce ancora ad avere un bel distacco nel possesso di sommergibili nucleari, portaerei, anfibi d’assalto e incrociatori. In generale, le navi più grandi dell’America hanno una potenza di fuoco raffrontabile a quella espressa da un Paese di media dimensione militare. Dunque, anche se le cifre avvicinano pericolosamente la Cina, agli Stati Uniti resta ancora un ampio margine di manovra. Un margine, tuttavia, che rischia presto di deteriorarsi a beneficio cinese.
Pechino, da sempre potenza di terra (fatto salvo l’epoca d’oro dell’ammiraglio Zheng He, nel XV secolo), ha intenzione di fare quel salto di qualità che le consentirebbe di raggiungere, in tutto e per tutto, l’America. Stiamo parlando del diventare una potenza marittima, un traguardo certamente raggiungibile grazie a una minuziosa programmazione. Quella, guarda caso, alla quale si sta dedicando il governo cinese. Il giorno in cui scatterà il sorpasso definitivo, quando cioè la Cina supererà gli Stati Uniti non solo nella quantità di navi a disposizione, ma anche nella qualità dei mezzi, allora il Dragone avrà completato il suo processo di crescita, diventando una potenza con la “P” maiuscola.
Il confronto
Tra i corridoi del Pentagono sono scattati molteplici campanelli d’allarme. Il mantenimento della supremazia marittima, per gli Stati Uniti, non è semplicemente una questione militare. Il tema è delicato, perché sottintende altre questioni di rilevanza nazionale, tra cui il controllo delle principali rotte marittime, del Pacifico e della regione Indo-Pacifica, nonché dei cavi di fibra ottica sottostanti le suddette rotte “blu”. Dalla Seconda Guerra mondiale in poi, il dominio di Washington non era mai stato scalfito. Adesso Pechino, agli occhi della Casa Bianca, rappresenta una minaccia concreta. Ma come ha fatto la marina cinese ad arrivare dove è adesso?
Per il momento, l’Esercito di Liberazione Popolare ha puntato sulla proliferazione di navi di piccola portata, cioè su fregate in grado di trasportare poco meno di mille soldati, oltre che su corvette dotate di armamenti leggeri. Considerando che i fondali dei mari asiatici – pensiamo proprio al Mar Cinese Meridionale – sono bassi, l’operatività dei mezzi di Pechino risulta già adesso molto più efficiente rispetto a quella dei pesanti cacciatorpedinieri americani. Insomma, il gigante asiatico, nel caso di un eventuale (difficile) scontro con le navi statunitensi nei pressi delle isole Spratly e Paracel, sarebbe in vantaggio.
Attenzione però, perché – come anticipato – la Cina controlla meno sottomarini nucleari e unità di lancio verticale ospitate sulle navi (1.000 a 9.000), anche se ha incrementato il numero dei marinai in carne e ossa (250mila contro i 330mila arruolati nella Navy). In ogni caso, tra il 2014 e il 2018, i cantieri del Dragone hanno sfornato più sottomarini, navi da guerra, anfibi e ausiliari vari, di quanti non ne abbiano realizzati Germania, India, Spagna e Uk messi insieme. Ultimo confronto: tra il 2016 e il 2017 la Cina ha costruito 30 navi militari. Gli Stati Uniti solo 13. Di questo passo, il sorpasso cinese ai danni degli Usa è solo questione di tempo.