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Maledetti toscani

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Firenze, agosto 44: entrano gli invasori angloamericani

Quella mattina d’agosto del 1944, quando gli inglesi, passato finalmente  l’Arno, entrarono per il Ponte Vecchio in Piazza della Signoria, mi pareva di assistere all’entrata di Carlottavo in  Firenze, com’è dipinta in quella tela degl’Uffizi: dove i fiorentini, assiepati lungo i muri proprio di fronte al palazzo della  Prefettura, che in quel tempo era il palazzo de’Medici, stanno a mirar l’ingresso di Re Carlo in Firenze per la via Cavour.
Carlo è in sella a un giannetto francese di gambe lunghe e magre, e  porta sulle spalle un gran mantello rosso, sulla testa biondiccia, di traverso sui riccioli di stoppa, una corona d’oro in bilico
sulla fronte, in mano un aureo scettro, e volta il cavallo verso il portone della Prefettura, seguito da un codazzo di signori francesi vestiti di seta, di damasco, di velluto di Lione arabescato di gigli d’oro. Ne ho veduti di visi da grullo, ma  come quello mai. Era non soltanto quel che si dice un
viso da grullo, ma quel che in Toscana meglio si dice, e lasciatemelo dire, un muso da bischero: con un nasino tutto delicato e gentile, una boccuccia da donnicciola, e un che di “mammamia”nei modi, nei gesti, in quel’atteggiar delle braccine, della manina che tien lo scettro d’oro, in quelle sue spallucce ammantate di rosso, avvolte nella porpora di Cesare, anzi di Cesarino in quelle sue gambette storte dove l’osso del ginocchio sembra un osso  di agnello,e in quei suoi occhi biondi di pelo, colmi fino all’orlo di sussiego, di boria e di una gran paura di cascar da cavallo.
Era insomma, un muso da bischero di quelli disegnati col gesso sulle  pareti di latta degli orinatoi pubblici, che sono il vero giornale murale degli italiani e la testimonianza più vera che la  libertà di stampa,in Italia,è della stessa famiglia della libertà di orinare.
Un muso di bischero come ce ne son tanti da noi, e  non si capisce per qual ragione abbian da venire di fuorvia, come se in casa nostra ne avessimo penuria.(E tutto il sugo  della storia d’Italia sta qui: che le nostre disgrazie vengono dal fatto, che i musi di bischero non son soltanto di casa, ma anche di fuorvia, e che quelli di fuorvia fan concorrenza a quelli di casa).(…) Quella mattina d’agosto 1944, quando passarono  l’Arno, da Ponte Vecchio entrando in Porta S.Maria e da Piazza della Signoria inboccarono la via de’ Calzaioli, ecco un omino con  un suo carretto a mano camminare in testa alla colonna corazzata inglese. A ogni incrocio, ritti in mezzo alla via de’  Calzaioli,i vigili urbani, colo giglio rosso di metallo sul bavero della giubba e i guanti di filo bianco, regolavano il traffico: e  per traffico s’ha da intendere l’entrata degli eserciti alleati in Firenze.(S’era d’estate, faceva caldo, e quei vigili fiorentini, impeccabili nella sobria uniforme, suscitavano l’ammirata meraviglia degli inglesi, che s’aspettavano gente arruffata e cenciosa in una città pallida e smunta per il lungo assedio). In testa alla colonna, proprio dietro il carretto di  quell’omino,  in quell’infernale strepito di ferraglia, procedeva un carro armato.
Dalla torretta aperta un carrista gridava all’omino”get away!go  away!”,facendogli grandi gesti con le braccia spalancate.E quello, spingendo il suo carretto colmo di fiaschi di vino, si voltava
indietro vociando: “la si calmi! la si calmi! la venga dietro a me col su trespolo, se l’ha furia!”.”Go away!go away!!” gridava il carrista.
“O che modi so codesti? Ho furia anch’io!(…).
Così gridando, e spingendo il suo carretto in testa alla colonna  corazzata, l’omino continuò per la sua strada senza scansarsi finché giunto in fondo alla via de’Calzaioli, sboccò in Piazza del
Duomo, si fermò accanto al chiosco del giornalaio che è all’angolo della Misericordia,e voltandosi verso la colonna che sfilava  in un orrendo strepito di catene, gridò “o che vi credete d’essere a casa vostra? C’e’tanto posto nel mondo per andare a  far la guerra, proprio qui vu’avete a venire? O buchi!”.
Una guardia comunale gli si avvicinò per fargli la contravvenzione. L’omino alzò il viso al campanile di Giotto, alla cupola del Brunelleschi, al suo bel S.Giovanni,e chiamandoli a testimoni: ‘e ricominciamo con le contravvenzioni!, gridò, siamo liberi!”
Passava in quel momento accanto alla Loggia del Bigallo un soldato  americano di quelli grassi,                dal gran sedere strozzato dentro i calzoni stretti, che camminava dondolandosi sui fianchi. La  guardia gli diede un’occhiata, poi si voltò all’omino e gli disse:”E t’hai ragione di chiamarli buchi!Se quello fa una correggia  in un sacco di farina, c’è nebbia per sei mesi, a Firenze”.

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