sabato 18 Ottobre 2025

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Può suonare strano, ma c’è una battaglia che ha unito Ilona Staller e Valeria Fedeli, Tina Anselmi e Nichi Vendola. Nel 1975 era il Partito comunista, a seguire Democrazia cristiana, poi socialisti e repubblicani, negli ultimi anni hanno tentato Lega Nord e Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Tutti d’accordo, tutto inutile. Anche se in oltre quarant’anni le iniziative per introdurre l’educazione sessuale nelle scuole sono state diverse, il nostro Paese resta in drammatico e poco giustificabile ritardo. In Austria i genitori partecipano alle lezioni con i figli, in Danimarca i sex workers sono invitati a parlare nelle classi come esperti, in Olanda si inizia con i bambini di quattro anni. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma per capirsi basta pensare che in Europa è materia obbligatoria quasi dappertutto. Fanno eccezione Lituania, Polonia, Romania, e, come abbiamo detto, Italia. 
Secondo l’ultima analisi pubblicata dal Parlamento europeo, «l’inserimento dell’educazione sessuale tra le materie scolastiche ha trovato l’opposizione della Chiesa cattolica e di alcuni gruppi politici», così «è lasciato ai singoli istituti il compito di decidere su tempi e programmi». Insomma se le scuole lo ritengono necessario e ne hanno la possibilità, libere di organizzarsi per i fatti loro. 
Se il web è maestro 
Ma se né a scuola né in famiglia si parla di sesso, che succede? Gli adolescenti non si scambiano più giornaletti e dicerie, perché basta una rapida, proficua e assolutamente fuorviante ricerca online. Secondo Telefono Azzurro 4 adolescenti su cinque navigano su siti pornografici, l’età media della prima volta online è dieci anni. 

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