venerdì 17 Ottobre 2025

Non è dannoso solo per l’Europa ma anche per noi

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La capiranno mai i trinariciuti euroscettici che lo sostengno?

Petrolio prima di tutto, ma non solo. Sono numerosi i settori dell’economia italiana che potrebbero sentire il peso delle nuove sanzioni americane contro l’Iran. Ad accendere i fari sull’argomento è La Stampa in articolo pubblicato oggi, in cui si ricorda che “l’interscambio tra Italia ed Iran vale 5 miliardi di euro, 2 miliardi di esportazioni e 3 di import (essenzialmente greggio)”.
In ballo tra accordi già sottoscritti e protocolli di intesa da finalizzare (che da soli valgono 4 miliardi di euro, alcuni dei quali coperti da riserbo, visto che interessano società quotate) c’è un potenziale di investimenti pari a 27 miliardi di euro che porta il totale complessivo degli affari a rischio-sanzioni oltre quota 30 miliardi. In ambito Ue, infatti, l’Italia è tra i principali partner commerciali dell’Iran: con una quota del 3% è infatti l’ottavo fornitore di Teheran, mentre è il suo sedicesimo cliente con una quota di mercato dello 0,8%. Dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, gli Usa avevano più volte chiesto all’Italia di rallentare la corsa a Teheran ma tali avvertimenti sono caduti nel vuoto.
A livello di singole aziende:
Oltre all’Eni, che da anni presidia il comparto economicamente più importante, quello del petrolio, un po’ tutti i nostri grandi gruppi sono presenti in Iran o stanno per sbarcarci con nuovi progetti. Tra le imprese più attive Fs, Ansaldo, Danieli, Fata, Maire Tecnimont e Immergas.
E sui rischi di corre l’Azienda Italia dopo le nuove sanzioni Usa a Teheran, qualche giorno fa il presidente di Confindustria,  Vincenzo Boccia, aveva dichiarato:
“È una situazione difficile e delicata. Essendo un Paese ad alta vocazione di export e con gli accordi che abbiamo fatto in Iran, questa situazione sicuramente non ci fa bene. Anzi può farci del male”.

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