Le stelle, la galassia. Guardiamo lassù in cerca di noi, e così ci sembra di riavvicinarci alle fonti.
Scoperto in tal modo un pianeta simile al nostro. Si trova nel sistema della stella «Mu Arae», a cinquanta anni luce da noi.
Quattordici volte più grande del nostro mondo, gira intorno al suo sole in 9 giorni e mezzo
Tra le stelle del cielo australe è stata scoperta una «Super-Terra». È il pianeta più simile al nostro finora scovato attorno a un altro astro al di fuori del sistema solare, anche se le similitudini sono confinate più alla sostanza che alla qualità. Ma è un passo importante nella corsa verso il ritrovamento di qualche autentico gemello cosmico nascosto nel buio. È solo una questione di mezzi, di strumenti, capaci di cogliere l’ambita presenza. Infatti è stata proprio la costruzione del nuovo spettroscopio Hars installato da alcuni mesi sul telescopio da 3,6 metri dell’Eso (European Southern Observatory) sulle vette di La Silla, in Cile, a permettere la scoperta. «La sua sensibilità è straordinaria – spiega Francesco Pepe, l’astronomo svizzero dell’ Observatoire Astronomique dell’Università di Ginevra, che ne ha diretto la costruzione ed è membro del gruppo di astronomi autori del risultato -. Grazie a essa si è potuto cogliere l’esistenza del più piccolo pianeta extrasolare mai rilevato e con le caratteristiche più vicine al nostro».
La massa è 14 volte quella della Terra. È veloce, e in soli nove giorni e mezzo compie un giro intorno alla stella «Mu Arae» distante da noi 50 anni luce. Si tratta di un astro analogo al Sole come taglia, e il corpo planetario quasi lo «sfiora» sulla sua orbita circolare da un’altezza di appena 15 milioni di chilometri (La Terra, per fare un confronto, dista dal Sole dieci volte di più).
Ma l’aspetto che lo rende simile al nostro pianeta sta nel fatto di essere costituito di roccia e di essere contornato da un’atmosfera. La sua temperatura esterna, tuttavia, è poco confortante, perché raggiunge i tremila gradi e quindi una vita comunemente intesa è impossibile. Il nome assegnato è un gruppo di lettere e cifre (HD160691c) anche se confidenzialmente gli astronomi l o chiamano «Super-Terra».
Naturalmente non ha ancora un volto, non c’è una fotografia, perché nessun telescopio terrestre o spaziale è tanto potente da poterla scattare. «Esistenza e caratteristiche – continua lo scienziato ginevrino – sono infatti ricavate studiando la variazione della velocità manifestata dalla stella-madre e provocata dagli oggetti circostanti. E proprio con la finezza di misura del nuovo spettroscopio, in grado di cogliere differenze di appena un metro al secondo determinate soltanto da un minuscolo corpo, si è identificato il nuovo oggetto. A questo livello non si era mai arrivati e ciò apre possibilità insperate promettendo altre sorprese». Sono circa 120 i pianeti extrasolari finora trovati in questo modo o calcolando la diminuzione della luminosità provocata dal loro passaggio davanti alla stella. Tutto è incominciato nel 1995 quando il gruppo di astronomi svizzeri guidato da Michel Mayor, di cui fa parte Francesco Pepe, incontrarono il primo attorno all’astro «51 Pegasi». Ma tutti sono dei giganti gassosi simili al nostro Giove e lo stesso neopianeta roccioso ha un fratello maggiore di questo tipo già noto.
«La sfida – spiega Pepe – è proprio quella di cercarne di sempre più piccoli per scoprirne qualcuno uguale al nostro, ma anche per capire la genesi e l’evoluzione di un sistema solare. Quelli individuati, con le loro insolite collocazioni, già ci costringono a rivedere le teorie alla base della nascita dei pianeti intorno al Sole. E siamo solo all’inizio. Intanto concentriamo le indagini scrutando un migliaio di astri simili al nostro e distanti sino a duecento anni luce. Ma continuiamo a studiare anche “Mu Arae” p