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Per sottrarre si addiziona

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E’ la matematica parlamentare. Serve una commissione con fondi e stipendi per ridurre il numero di deputati

 

Tra le promesse mancate o leggende parlamentari della Seconda Repubblica spicca la riduzione del numero dei deputati. In effetti l’impegno e l’intenzione c’è tuttora: nel percorso a ostacoli istituzionale che certi provvedimenti fanno è stato appena dato il via a un ddl per eleggere una commissione di riforma della Costituzione i cui membri godranno di stipendi da deputati, indennità incluse. Insomma pur se temporaneamente, per circa un anno, la prossima legislatura potrebbe iniziare con un numero di parlamentari in più eletti ad hoc per riformare la seconda parte della carta costituzionale relativamente al numero da tagliare.
Del resto tutte le diete dimagranti si sa richiedono sacrifici, peccati che questi ricadano su alcuni mentre i soliti noti continuano a prosperare: infatti “il trattamento economico dei membri della commissione Costituente è pari a quello dei membri della Camera dei deputati”. Sono le anomalie dei costi della politica per ridurre i medesimi, un meccanismo kafkiano che imprigiona e imbriglia certe decisioni nel rispetto delle regole della democrazia ed è noto che nella nostra è la Costituzione a determinarle. Si fa presto a dire stop bisogna che poi vengano rispettati i tempi necessari e le modalità per determinare l’effetto anche in momenti di crisi e di urgenza, oltre che di opportunità, come l’attuale.
L’altra leggenda stavolta da consiglio regionale: quello dei vitalizi, un tormentone che circola da tempo che nel sistema delle porte girevoli potrebbero ritornare sotto mentite spoglie nonostante le indicazioni per decreto del Governo.
Promessa bis, non mantenuta fino in fondo, di cui si sente parlare da quando si è deciso di ridurre costi e privilegi della politica. Duro a sparire è quello dei vitalizi regionali, nonostante la norma del decreto Monti cosiddetta anti-Batman, varata dopo la vicenda del consigliere del Lazio Franco Fiorito. Potrebbe fallire il tentativo di metter fine alla possibilità di poter andare in pensione prima dei 66 anni e senza avere fatto dieci anni di mandato. Di fatto aboliti i vitalizi con buona pace per tutti e in particolare delle resistenze delle Regioni, nell’iter parlamentare hanno ricevuto una nuova chance.
È come la classifica di una corsa ciclistica a tappe dove classifica generale continua a cambiare, anche perché c’è il gioco di squadra. Così la squadra del Partito delle Regioni è riuscita a contrastare efficacemente l’azione del Governo con un’alleanza trasversale in commissione bicamerale per gli affari regionali attraverso il pressing degli emendamenti che hanno creato un vulnus nel cuore della norma. Un logorio ai fianchi per determinare che “le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle Regioni che abbiano abolito i vitalizi. Poiché in linea di massima ad eccezione dell’Emilia Romagna che li ha “cancellati “gran parte delle Regioni li ha solo “aboliti” ecco perché la norma anti-Batman potrebbe risultare inapplicabile e che ai vitalizi potrebbe sostituirsi il privilegio, previsto dalla legge, delle pensioni contributive senza limiti di età e mandato. Insomma è come recita il detto che non si sente dire più ma funziona sempre “se non è zuppa è pan bagnato”.
Potremo verificarlo già con la Regione Lazio, che ha demandato a un futuro provvedimento, se ne occuperà il prossimo consiglio, il passaggio dal vitalizio alla pensione per i suoi consiglieri. Un percorso, quello laziale, che potrebbe essere seguito da altre Regioni che vogliano sostituire i vitalizi con pensioni contributive, che consente il diritto all’assegno pensionistico integrativo, senza più il vincolo dei vitalizi, dopo soli cinque anni di mandato e a sessanta anni. Come pure potrebbero seguire l’esempio dell’Emilia Romagna, visto che si era deciso che in materia di trattamento economico si fissava il riferimento alle Regioni virtuose. Insomma c’è ancora possibilità di scelta da parte del Partito delle Regioni di potere aggirare l’azione del Governo così raggirando i cittadini a cui avevano promesso la fine di certi privilegi. Sono solo due casi di promesse ancora da mantenere da parte del Partito dei privilegi.

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