lunedì 11 Novembre 2024

Pianifica il rilancio

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Dopo una congiuntura sfavorevole

La Cina accelera sulle politiche di rilancio dell’economia. Dopo l’annuncio a fine settembre di misure per stimolare la crescita, martedì 8 ottobre, il Governo ha comunicato alla stampa “un nuovo pacchetto di politiche incrementali per promuovere solidamente la crescita economica, l’ottimizzazione strutturale e lo slancio sostenuto dello sviluppo”.

Le misure annunciate
Ma facciamo un passo indietro. Dopo diversi mesi di attesa, lo scorso 24 settembre, le autorità cinesi hanno però messo in campo una serie di importanti misure, seppur inferiori per dimensione ai pacchetti del passato. Il Politburo ha discusso per la prima volta di come stabilizzare il mercato immobiliare, mentre la People’s Bank of China ha annunciato una corposa riduzione dei tassi d’interesse, una diminuzione delle riserve obbligatorie delle banche (per aumentare la liquidità in circolazione) e un allentamento dei parametri sui mutui, lasciando la porta aperta a ulteriori stimoli.
Nello specifico del settore immobiliare, i tassi ipotecari sulle case esistenti sono stati ridotti di mezzo punto percentuale e l’acconto minimo per gli acquirenti di seconde case è stato ridotto dal 25 al 15%, consentendo alle banche di finanziare una parte maggiore del valore degli immobili.
L’obiettivo della PBOC – come ha spiegato Alvaro Sanmartín, Chief Economist, Amchor IS – è stata quella di adottare un pacchetto di misure di stimolo per cercare di raggiungere l’obiettivo di crescita del 5% per quest’anno.
Nel dettaglio: è stato ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria di 50 punti base; i tassi di interesse sono stati abbassati di 20 punti base, gli acconti per i mutui sulla seconda casa sono stati ridotti e sono state stabilite misure di iniezione di liquidità per incoraggiare l’acquisto di azioni; è stato rafforzato il sostegno della PBOC all’acquisto di immobili da parte dei governi locali per ridurre lo stock di case vuote.

La svolta cinese
Ray Dalio, fondatore del più grande hedge fund del mondo Bridgewater Associates, ha affermato in un post sui social media la scorsa settimana che questo potrebbe essere il momento del “whatever it takes” della Cina, se i suoi leader finiranno per fare “molto di più” di quanto già annunciato.
Gli economisti discutono molto su cosa debba fare esattamente Pechino. Ma una cosa è chiara: dopo anni di ritardi, la leadership sembra muoversi con decisione. Secondo gli economisti di Nikko, questa conclusione deriva dall’ottica con cui si è svolta la “rara” conferenza stampa congiunta tra il governatore della People’s Bank of China Pan Gongsheng, il ministro della National Financial Regulatory Administration Li Yunze e il presidente della China Securities Regulatory Commission Wu Qing, lo scorso 24 settembre.
“In un sistema opaco in cui ogni minima azione è sottoposta a un intenso controllo, la prima cosa che abbiamo notato è stato il modo in cui è stato fatto l’annuncio ufficiale. Sono finiti i giorni in cui si cercava di decifrare le dichiarazioni formulate in modo sommario, che lasciavano molto spazio all’interpretazione”, hanno scritto.
I tre direttori finanziari si sono rivolti direttamente ai giornalisti locali e internazionali durante l’evento organizzato in fretta e furia, il che indica l’intenzione di essere trasparenti su un cambiamento di politica così importante”, hanno aggiunto.

Mercato azionario
Parlando del mercato azionario, come ricorda Ramenghi (UBS WM in Italia) la Cina da sola genera oltre un quinto del prodotto interno lordo (PIL) globale, è indubbiamente una potenza geopolitica e, in molte aree, si colloca tra i leader tecnologici mondiali. Tuttavia, il suo peso sui mercati finanziari è molto inferiore alla rilevanza economica: in particolare, in campo azionario la Cina rappresenta solo il 3% dell’indice MSCI ACWI per via del minor ricorso alla borsa, della maggior presenza di società controllate dallo Stato e anche delle valutazioni particolarmente basse, nonostante gli indici che la rappresentano siano fortemente esposti alla tecnologia, che tipicamente presenta multipli più elevati.
Se pensiamo agli ultimi decenni – ha spiegato Raminghi – la crescita è stata notevole, anche grazie alla crescente apertura agli investitori stranieri, ma nel 2021 sono cominciate le difficoltà in seguito a un inasprimento della regolamentazione in alcuni settori chiave: internet, istruzione privata e immobiliare, per citarne alcuni. In seguito, gli investitori sono stati delusi da una ripresa più anemica del previsto dopo la rimozione delle politiche zero Covid e, da ultimo, la Cina sta faticando a digerire un periodo di elevati investimenti nel settore immobiliare, che rimane in seria difficoltà. Proprio il settore immobiliare sembra essere il principale freno quest’anno.
Di positivo c’è che l’indice cinese CSI 300, indice del mercato azionario ponderato in base alla capitalizzazione progettato per replicare la performance dei 300 principali titoli negoziati alla Borsa di Shanghai e alla Borsa di Shenzhen, dai minimi del 13 settembre (3160 punti), è salito fino a sfondare i 4 mila punti (lo scorso 30 settembre).

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