martedì 8 Ottobre 2024

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“Per aggredire quelli del Blocco dobbiamo essere almeno cinque contro uno”

Ore 13. Alla facoltà di Lettere di Tor Vergata c’è assemblea. Niente aule. la manifestazione non è autorizzata. Si fa in cortile. Nel piazzale gli striscioni: “Stop alle aggressioni”, “Giovedì assemblea”, “Nuova aggressione fascista verso gli studenti di Tor Vergata”. Il messaggio è chiaro. La riunione organizzata dai collettivi dell’università vuole essere un processo. Contro CasaPound e Blocco Studentesco. Contro la polizia. E contro Il Tempo. All’una e dieci si inizia. Il ragazzo seduto al banco degli oratori con i capelli lunghi, gli occhiali da sole e la maglietta rossa da militante doc comincia. Ci sono duecento studenti al massimo. Un’ondina. “Siamo riuniti per protestare contro le aggressioni ricevute nei giorni scorsi da organizzazioni come Blocco Studentesco, composte da persone che fanno intimidazioni per ottenere consenso”.
E via con la versione dei fatti dipinta di rosso: lunedì e martedì scorso i due gruppi sarebbero venuti a contatto a causa delle provocazioni degli studenti di destra. “Noi non volevamo lo scontro fisico ma le teste rasate (?) sì”. La versione ufficiale, in realtà, dice il contrario. La polizia dice il contrario. Ma nel cortile di Lettere poco importa. Gli universitari seduti in circolo battono le mani. Anzi, rilanciano. Si scagliano contro le forze dell’ordine: “In quelle occasioni la Digos era lì e sapeva che ci avrebbero attaccato, non hanno detto nulla. Perché? Mi vengono dei dubbi – dice un militante -, probabilmente hanno voluto loro lo scontro. Mentre menavano i poliziotti guardavano. Chi tutelano? La polizia usa i fascisti, gli servono per fare la manovalanza”.
Gli interventi dei giovani si susseguono. C’è una lista. Basta segnarsi e poi si parla. Un’altra ragazza dell’organizzazione passa tra gli zaini per chiedere di firmare una petizione contro il rettore Renato Lauro, reo di aver concesso un’aula di Giurisprudenza a un movimento studentesco di destra per organizzare una conferenza sui tibetani. Qualcuno firma. Qualcuno no. Qualcuno viene scambiato per uno studente ma è un agente della Digos in borghese. Sì, ci sono anche loro. Devono presidiare la zona. Tenere gli occhi aperti e tutelare i giovani in caso di pericolo. Eppure si beccano gli insulti. Uno dei collettivi sa che sono nel cortile e non perde l’occasione per urlare: “Ci fanno picchiare dai fascisti e sono pure qui ad ascoltare! Non ci intimorite: vergogna!”. In pochi restano senza battere le mani. L’assemblea non autorizzata prosegue con la maratona oratoria.
Più voci e un unico coro contro “le iniziative violente di quelli di CasaPound e del Blocco Studentesco”,  contro “quei bacarozzi che continuano a fare azioni violente con l’avallo del Popolo della libertà”. E anche con il consenso “delle istituzioni accademiche perché sanno quali sono i metodi di CasaPound, il rettore si dovrebbe vergognare, se ne deve andare”. E’ il festival degli insulti. L’ondina rossa si scaglia anche contro i giornali e “le ricostruzioni degli atti di violenza date da Il Tempo, quotidiano servo del potere”. Eppure, proprio negli stessi istanti i compagni si stanno organizzando a gruppi di dieci fuori la facoltà di Lettere. Si p iazzano dietro le rotonde dello stradone che porta a Tor Vergata. Si annidano sotto i ponti.
In attesa che passi qualche ragazzo di destra. E giovedì prossimo saranno di nuovo nelle università per una grande protesta antifascista. Un’altra mobilitazione è prevista per il 25 aprile, mentre sono pronti a usare ogni mezzo per fermare quella di maggio del Blocco Studentesco: “Dobbiamo cacciarli dall’università – dicono quando inizia a far buio – Dobbiamo essere sempre cinque volte più di loro quando li incontriamo. Solo così potremo combatterli”. Democraticamente.

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